I figli di Chernobyl che nessuno accoglie più: come ospitarne uno

I figli di Chernobyl che nessuno accoglie più: come ospitarne uno
Progetto Chernobyl Misinto
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Sono passati più di 30 anni dal disastro nucleare di Chernobyl, ma i suoi effetti perdureranno per millenni: la radioattività, nelle zone attorno l’ex centrale ucraina, ha contaminato il terreno e tutto ciò che vi viene coltivato, provocando importanti mutazioni genetiche negli abitanti. Le conseguenze del fallout radioattivo sulla salute di coloro che risiedono nei luoghi che ne sono stati maggiormente esposti, ovvero alcune zone dell’Ucraina e della Bielorussia, si manifestano ancora oggi, nei bambini che sono nati a distanza di anni dal drammatico evento.

Sono malattie di seconda generazione, quelle che colpiscono i bambini di Chernobyl, dovute agli elevati livelli sostanze radioattive presenti nei loro organismi. Il cesio-137, ad esempio, è un isotopo che provoca problemi cardiaci, disturbi alla vista e immunodeficienza. Lo iodio-131 è invece responsabile di molti casi di tumore alla tiroide, così come lo stronzio-90 causa l’insorgenza di leucemie e linfomi.

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Ecco perché i figli di Chernobyl, i bambini che sono nati da coloro che hanno vissuto in prima persona le devastanti conseguenze dell’incidente nucleare, sono ancora in pericolo. I progetti di accoglienza, che per molti anni sono stati attivi anche in Italia, a quanto pare stanno calando drasticamente. Non sono più in tanti a ospitare a casa propria, per un breve periodo, i ragazzini (prevalentemente bielorussi) che potrebbero invece trarre grande giovamento da un soggiorno terapeutico.

Diversi studi hanno infatti dimostrato che trascorrere anche poche settimane in zone non contaminate come il nostro Paese aiuta a ridurre notevolmente i livelli di sostanze radioattive nell’organismo di questi bambini. Un esempio? I livelli di cesio-157, in un periodo di appena 5 settimane, possono scendere di oltre il 40%, riducendo di gran lunga il rischio di sviluppare malattie e permettendo ai ragazzini di rafforzare il proprio sistema immunitario.

Quella che un tempo era considerata una vera emergenza – e che ha visto l’Italia mobilitarsi in aiuto dei più piccoli – è oggi soppiantata da altre tragedie che colpiscono quotidianamente nei più svariati angoli del mondo. Guerre, carestie, catastrofi naturali attirano in continuazione la nostra attenzione, e ci stiamo dimenticando dei bambini di Chernobyl, che hanno ancora bisogno di noi.

Sulla scia dell’improvviso ritorno d’interesse attorno a Chernobyl, grazie alla serie tv targata HBO che ci ha ricordato la storia del drammatico incidente nucleare del 1986, si sta riaccendendo l’attenzione anche sui progetti di accoglienza dei minori risiedenti nelle zone più colpite dal disastro. Ospitare un bambino di Chernobyl per un breve periodo – solitamente si parla di uno o due mesi – è certamente un grande impegno, ma anche una bellissima esperienza. E non è affatto così complicato come potrebbe sembrare.

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