Condannate a morte per adulterio: 9 storie di donne e dei loro assassini

Condannate a morte per adulterio: 9 storie di donne e dei loro assassini
Fonte: web
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Riguardo la pena di morte il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, siglato nel 1976 nell’ambito delle Nazioni Unite, recita, all’art. 6

Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita.

Aggiungendo subito dopo

Paesi in cui la pena di morte non è stata abolita, una sentenza capitale può essere pronunciata soltanto per i delitti più gravi […]. Tale pena può essere eseguita soltanto in virtù di una sentenza definitiva, resa da un Tribunale competente. […] Ogni condannato a morte ha il diritto di chiedere la grazia o la commutazione della pena. L’amnistia, la grazia o la commutazione della pena di morte possono essere accordate in tutti i casi. Una sentenza capitale non può essere pronunciata per delitti commessi dai minori di 18 anni e non può essere eseguita nei confronti di donne incinte.

Eppure, la pena di morte oggi è tutt’altro che scomparsa, nonostante i 173 Stati firmatari del Trattato delle Nazioni Unite, ed è riservata, in alcuni Stati, anche ai minori e alle donne in gravidanza, soprattutto se colpevoli di adulterio.

Tra i Paesi che non hanno a tutt’oggi ratificato la Convenzione ci sono l’Arabia Saudita, il Bhutan, la Malesia, il Myanmar, Singapore, e ciascuno di questi riserva pene particolari per le donne che commettono atti di adulterio, in misura senz’altro maggiore rispetto agli uomini. In Arabia Saudita, benché il reato di adulterio sia da dimostrare con il ricorso a quattro testimoni oculari dell’atto di penetrazione, la pena capitale è applicata in proporzioni sicuramente impari fra uomini e donne. L’ultima condanna a una donna per adulterio, poi commutata in tre anni di reclusione in appello, è del 20 novembre 2015. Mentre il Brunei ha introdotto la pena proprio nell’aprile del 2019, in attuazione di un nuovo codice penale basato sulla Sharia.

Ma ci sono anche alcune “eccezioni” negative anche tra i Paesi firmatari del Trattato del 1976. In Iran, per citarne uno, le donne condannate per adulterio sono lapidate, secondo quando disposto nel 2013 dal Consiglio dei Guardiani, che ha previsto il reinserimento della barbara pratica nella legislazione come pena.

Ai sensi dell’articolo 132, comma 3, del Codice Penale iraniano, un uomo o una donna possono essere lapidati a morte per relazioni extraconiugali reiterate (o condannati a 100 frustrate secondo il nuovo orientamento che segue il “libero convincimento del Giudice”) ma, se per l’accusa è sufficiente la dichiarazione da parte di un Giudice, una donna deve portare almeno due uomini a testimoniare affinché la sua dichiarazione venga ritenuta credibile.

In Afghanistan, nel 2013 è stato previsto un progetto di Codice Penale relativo ai crimini morali, secondo cui gli adulteri sposati sarebbero dovuti essere condannati alla lapidazione e quelli non sposati alle frustate, ma il progetto, per fortuna, non è mai entrato in vigore, e dal 2001, anni di caduta del regime dei talebani, nessuna condanna è stata emessa. Diversa è la situazione del Pakistan, dove l’adulterio non prevede la pena di morte, secondo il Codice penale in vigore, ma viene punito come crimine nel contesto delle “punizioni coraniche”del 1979 (anche se nel concreto sono state applicate solo la detenzione e le punizioni corporali).

Nel Paese asiatico le donne devono portare la testimonianza di quattro uomini affinché l’eventuale dichiarazione di violenza sessuale sia ritenuta attendibile; in caso contrario rischiano l’incriminazione per adulterio. In alcune comunità tribali, inoltre, permane tuttora la “regola” secondo cui le donne sospettate di avere relazioni extraconiugali possono essere uccise da un membro della famiglia per rivendicarne l’onore.

Per quanto riguarda le donne in stato di gravidanza, tutti i Paesi si sono a modo loro adeguati alla disposizione del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, ma in due modi differenti: alcuni si limitano a posticipare semplicemente la condanna dopo il parto – come il Bahrein, dove l’esecuzione è rimandata a 3 mesi dopo il parto, o la Thailandia, che rinvia fino a 3 anni – mente altri, come India, Laos, Malaysia, Singapore, Sri Lanka, tramutano la pena in detenzione a vita (o inferiore).

Al Patto siglato nell’ambito dell’ONU si aggiunge la Carta Araba sui Diritti dell’Uomo, che, all’articolo 12, afferma che non può essere giustiziata una donna incinta prima del parto, né la “madre fino ai due anni del figlio”. Gli Stati membri che hanno ratificato la Carta Araba, ovvero Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e lo Yemen, rispettano il divieto.

Ciononostante, negli anni sono state davvero tante le donne uccise o condannate per adulterio; alcune sono riuscite a salvarsi grazie all’intervento delle ONG o della comunità internazionale, ma altre non hanno avuto la stessa sorte. Abbiamo raccontato le storie di alcune di loro in gallery.