Come sono morti davvero gli abitanti di Pompei ed Ercolano?

La drammatica fine degli antichi abitanti di Pompei ed Ercolano, così come di altre cittadine della zona del Vesuvio, è stata anche peggiore di quanto si sia sempre creduto. Da un’indagine condotta da un gruppo di ricerca dell’Università di Napoli Federico II emerge un quadro terrificante, che illustra una morte diversa da quella finora ipotizzata.

Era il 79 d.C. e il Vesuvio, vulcano esplosivo, eruttò con violenza e sterminò intere popolazioni che abitavano nel circondario. Ercolano, in primis, venne invasa da una coltre di lava incandescente. Pompei, più distante, venne invece ricoperta da una nube di cenere, facendoci presumere che i suoi abitanti morirono per asfissia.

Invece sembra non sia andata proprio così. Un nuovo studio, condotto dalla Federico II di Napoli e pubblicato sul New England Journal of Medicine, firmato dall’antropologo Pier Paolo Petrone del Laboratorio di Osteobiologia umana e Antropologia forense del Dipartimento di Scienze biomediche dimostrerebbe come le temperature siano state così alte in alcune zone da riuscire addirittura a vetrificare la materia grigia di un uomo.

Alla base di questa teorie vi è il cervello vitreo, trovato negli anni sessanta nel Collegium Augustalium, edificio relativo a un culto imperiale che adorava l’ex imperatore Augusto, che sarebbe appartenuto a un ragazzo di circa 25 anni, rinvenuto in una posizione che lo vedeva sdraiato a faccia in giù su un letto di legno sotto un mucchio di cenere vulcanica. Tale posizione suggerisce come il ragazzo venne colto di sorpresa dall’eruzione.

Secondo l’antropologo Petrone, come riporta il New York Times, si tratterebbe della prima volta in assoluto che in un contesto archeologico e di medicina legale, resti di materia cerebrale siano stati rinvenuti in tale condizione a causa di un’eruzione vulcanica:

Mi sono accorto che qualcosa brillava nella cenere tra i resti del cranio esploso. Erano frammenti vitrei di colore nero, come ossidiana, ma molto più friabili. Abbiamo perciò prelevato alcuni campioni per i quali l’analisi proteomica ha evidenziato che non poteva essere altro che cervello.

Piero Pucci, coautore dell’articolo e ricercatore presso il Centro di ricerca sulle biotecnologie avanzate Ceinge, ha analizzato il materiale vetroso all’interno del cranio, trovando tracce di acidi grassi, come i trigliceridi, insieme a componenti di capelli, provando che il materiale era molto probabilmente materia celebrale, in quanto nessuna di queste sostanze è stata rinvenuta nella cenere o nel carbone circostante all’interno del sito.

L’elevata temperatura, si stima 50o°C, provocò ad alcuni abitanti di Pompei ed Ercolano un’emorragia cerebrale, ipertensione endocranica e conseguente scoppio. Un monito, secondo gli studiosi, per i tre milioni che abitano a Napoli e nella zona attorno alle pendici del Vesuvio, un gigante che dorme e che può scatenare l’inferno in pochi istanti.

Nella gallery alcune curiosità sull’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei ed Ercolano.

Come sono morti davvero gli abitanti di Pompei ed Ercolano?
Fonte: napolike.it
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