Siete amanti dei tatuaggi e dei piercing? Benvenute, siete in buona compagnia. Io, infatti, ne ho diversi in varie parti del corpo e li adoro, tutti e indistintamente. Attenzione, allora, a quanto sto per dirvi sui possibili rischi di infezione causati da personale non esperto o da professionisti che operano con eccessiva leggerezza. Solite esagerazioni da web? Non crediate, dal momento che un recente studio italiano ha fatto emergere un quadro molto preoccupante del nostro Paese: tra i giovanissimi, ben 1 su 4 ha riscontrato infezioni a causa di tatuaggi. Vediamo nel dettaglio di cosa stiamo parlando.

Una ricerca condotta dall’Università di Tor Vergata ha analizzato un campione di 2500 studenti liceali, ai quali è stato somministrato un questionario anonimo relativo a piercing e tatuaggi. Il risultato emerso è preoccupante: il 24% degli intervistati ha dichiarato di aver avuto complicanze infettive e solo il 17% di aver firmato un consenso informato. Il dato che personalmente mi ha lasciata più perplessa, però, è quello relativo alla sterilità degli strumenti utilizzati: solo il 54% degli studenti è realmente sicuro di non aver corso nessun rischio in tal senso. Spiega la dottoressa Carla Di Stefano, autrice dell’indagine:

Se l’80% dei ragazzi ha affermato di essere a conoscenza dei rischi d’infezione, solo il 5% è informato correttamente sulle malattie che possono essere trasmesse. Eppure il 27% del campione ha dichiarato di avere almeno un piercing, il 20% sfoggia un tatuaggio e sono ancora di più gli aspiranti: il 20% degli intervistati ha dichiarato, infatti, l’intenzione di farsi un piercing e il 32% di ornare la pelle con un tatuaggio.

A queste parole si sommano quelle del  professor Vincenzo Bruzzese, Presidente Nazionale del Congresso della SIGR dove è presentata la ricerca:

Per quel che riguarda i tatuaggi e i piercing, non ci sono casistiche da procedure effettuate in studi professionali. Ma il rischio aumenta quando tali procedure vengono eseguite talora da principianti, in strutture con scarse condizioni igieniche e sterilità degli strumenti o con strumenti addirittura improvvisati: corde da chitarra, graffette o aghi da cucito. Ma anche nelle carceri o in situazioni non regolate come l’ambiente domestico.

Già a partire dalla fine degli anni ’90 le problematiche espresse dal professor Bruzzese sono state messe in evidenza attraverso i dati della Sorveglianza delle epatiti virali acute. E se pensate ancora che l’allarmismo legato alle infezioni di piercing e tatuaggi possa essere esagerato purtroppo vi sbagliate. Recentemente, infatti, la quota di casi di epatite C acuta attribuibile ai trattamenti estetici è risultata essere superiore addirittura al 10%. Un dato che fa (tristemente) riflettere.

E la stessa dottoressa Di Stefano ha rincarato ulteriormente la dose facendo presente che nel nostro Paese, esclusi i tossicodipendenti, le persone che si sottopongono ad un tatuaggio corrono un rischio di contrarre l’epatite C addirittura 3-4 volte maggiore rispetto a chi non ne se ne è mai fatto applicare nessuno. Analogamente, in caso di piercing, il rischio risulta essere superiore di 2,7 volte rispetto alle altre persone.

Dobbiamo, quindi, rinunciare a questa nostra passione, evitando futuri piercing e tatuaggi? Ovviamente (e per fortuna) no. La cosa importante, però, è pretendere lavori realizzati a regola d’arte, imponendo l’utilizzo di materiale monouso e una corretta sterilizzazione degli strumenti utilizzati.

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