
Eglantyne Jebb, la rivoluzione della donna che si occupò anche dei figli del nemico
Save the Children, da oltre un secolo, aiuta i bambini affamati dalle guerre e dai conflitti degli adulti: merito della sua fondatrice Eglantyne Jebb.

Save the Children, da oltre un secolo, aiuta i bambini affamati dalle guerre e dai conflitti degli adulti: merito della sua fondatrice Eglantyne Jebb.

“Il solo linguaggio internazionale al mondo è il pianto di un bambino”. È una delle citazioni più celebri di Eglantyne Jebb, la donna che insegnò a tutte e tutti ad amare i figli dei “nemici”. Che, a pensarci bene, è un concetto un po’ assurdo quello di “nemico”, e il fatto che il concetto esista è una delle ragioni per cui esistono le guerre. Ma dai bambini della Palestina a quelli dell’Ucraina, da quelli del Sudan a quelli del Myanmar, i più piccoli sono sicuramente coloro che subiscono e patiscono di più quando c’è una guerra, che non conoscono e non capiscono.
Nel 2014 Save the Children lanciò uno spot emblematico. Vi si vedeva una bambina felice, circondata dai suoi cari, il giorno del proprio compleanno. Ma, giorno dopo giorno, la stessa bambina sperimentava la paura, le bombe, la fuga. Mano a mano che il tempo passava, in capo a un anno, la bimba si ritrovava in un campo profughi, perdendo tutto: affetti, serenità, gioia. Essere sensibilizzati sulla questione, avere l’opportunità di aiutare: tutto questo accade grazie a Save the Children. Accade grazie a Eglantyne Jebb.
Save the Children nacque grazie proprio a Eglantyne Jebb il 19 maggio 1919. Immaginate: è appena finita la Prima Guerra Mondiale, e i vincitori hanno imposto gravose sanzioni alle nazioni che la guerra l’avevano persa, in primis i Paesi dell’appena smantellato Impero Austro-Ungarico, di cui facevano parte Austria, Ungheria e Germania. (Una nota a margine: le dure sanzioni inflitte alla Germania portarono in breve alle condizioni socio-economiche che favorirono l’ascesa del nazismo e quindi a un’altra guerra mondiale).

Povertà e fame si erano abbattute quindi su queste nazioni. E a pagarne il prezzo più grande erano i bambini e le bambine: affamati, ammalati, costretti a lavorare in condizioni terribili, quando avrebbero dovuto andare a scuola. Così Eglantyne Jebb fondò l’organizzazione, dicendo a se stessa e al mondo:
Non c’è nessuna insita impossibilità nel salvare i bambini del mondo. È impossibile solo se noi ci rifiutiamo di farlo.
All’inaugurazione non andò tutto liscio. Come racconta il libro I figli dei nemici, che Raffaela Milano di Save the Children ha scritto sulla fondatrice, molte persone giunsero sul posto armate di mele marce contro quei “traditori che vogliono raccogliere fondi per i figli dei nemici”. Come troppe volte succede anche oggi, c’era chi pensava che i bambini poveri e affamati da aiutare fossero in primis quelli più vicini geograficamente. Se sempre meno persone la pensano così è merito anche e soprattutto di Jebb.
Nel 2025 è stata dedicata a lei una via di Roma, ma la storia di Eglantyne Jebb parte da lontano, dato che è vissuta nel Regno Unito tra il 1876 e il 1928. È cresciuta in una famiglia con una forte coscienza sociale, e senza limiti di genere, dato che una sua zia aveva edotto nipoti maschi e femmine ai mestieri d’artigianato che al tempo erano appannaggio degli uomini. Jebb voleva fare l’insegnante e studiò alla Lady Margaret Hall di Oxford. Per un po’ fu insegnante, ma si occupò anche di beneficenza e fu segretaria del Fight the Famine Council, finendo arrestata a Trafalgar Square perché distribuiva foto di bambini affamati in zone di guerra.

Una delle più grandi eredità di Eglantyne Jebb è sicuramente la scrittura, nel 1923, della Carta dei Diritti del Fanciullo, adottata dalla Società delle Nazioni l’anno dopo e nucleo fondamentale di quella che sarebbe stata la Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. La Carta dei Diritti del Fanciullo prevedeva queste regole:

Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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