"La figlia oscura": la verità di una "madre snaturata" nata dalla penna di Elena Ferrante

Cosa accade a una donna dopo che è diventata madre? La scrittrice si pone la questione in uno dei suoi romanzi: una domanda raccolta da un film con Olivia Colman e Dakota Johnson che ha più di un merito per essere visto.

I bambini sono una responsabilità schiacciante” dice Olivia Colman, la Leda dell’adattamento cinematografico de La figlia oscura a firma di Maggie Gyllenhaal. A metà del romanzo originario, Elena Ferrante scrive del rapporto madre-figlia: “il vincolo diventerà più ritorto, si irrobustirà nel rimorso, nell’umiliazione per essersi svelata in pubblico madre non affettuosa, non da chiesa né da rotocalco“.

Spogliata dell’iconografia conforme al prestabilito, la figura materna “non da chiesa né da rotocalco” di Gyllenhaal/Ferrante galleggia nel mare vacanziero come in quello dei suoi sensi di colpa, da prima lasciandosi cullare e poi sempre più vittima di sé stessa: giovane madre, divisa tra le aspirazioni accademiche e la famiglia, ha abbandonato le due bambine in cerca di una realizzazione come donna, per poi tornare dopo qualche anno e riprendere la sua vita di madre, ormai lacerata per sempre. “Per egoismo“, dice di nuovo Leda. Non riusciva a stare senza di loro.

Un tempo si sarebbe parlato di madri snaturate, lunga sequela di stereotipi femminili negativi che hanno in Medea una delle più celebri capofila. Oggi che il concetto di istinto materno è quasi naufragato e che a raccontare le storie sono finalmente anche le donne (lo hanno sempre fatto, certo, ma senza una “patente di autorevolezza” calata dall’alto per poterlo fare) si può provare a varcare quei paletti dettati dal conformismo e vedere cosa c’è al di sotto dell’immagine materna senza timore di essere tacciate di mostruosità.

La figlia oscura, però, è davvero oscura perché non esplora soltanto la lacerazione femminile tra famiglia e carriera: indaga piuttosto, con toni crudi e inquietanti, l’idea che la maternità sia una condizione che depreda il proprio sé in modi irreparabili.

La figlia Bianca, di 7 anni, che chiede insistentemente alla madre di fare serpentine con la buccia della frutta è una delle scene portanti del romanzo, che Gyllenhaal sceglie di inframezzare più volte durante lo scorrere del film: una richiesta di Bianca che congela Leda nella meticolosità del suo gesto, che la nobilita agli occhi della figlia ma la incasella per sempre in qualcosa che va al di là della propria volontà.

D’altronde, anche la poesia di Yeats Leda e il cigno, che fa da contrappunto qua e là al racconto, si chiedeva cosa ne fosse stato di Leda dopo che Zeus, trasformato in cigno, l’aveva stuprata: “Così dominata dal sangue bruto dell’aria/Assunse anche il sapere col potere di lui,/Prima che il becco indifferente la lasciasse cadere?“. Il poeta irlandese non dà risposte, come Ferrante non lascia vie d’uscita. Certo è che non condanna la sua protagonista, che già da sé si condanna abbastanza.

Quando ho letto il romanzo, mi è tornato in mente qualcosa di molto strano e doloroso, ma anche di innegabilmente vero. Alcune parti che tenevo segrete della mia esperienza di madre, di amante, di donna in questo mondo venivano pronunciate ad alta voce per la prima volta“, si legge nelle note di regia.

Chissà che Elena Ferrante non abbia mai svelato al mondo la propria identità anche per mantenere intatta la libertà di scavare negli aspetti più bui dell’animo umano senza essere tacciata di mostruosità, in questo mondo che sempre meno sa disgiungere la figura pubblica da quella privata, in questa realtà sempre più ipocrita e conformista.

La figlia oscura
Olivia Colman e Dakota Johnson ne “La figlia oscura” (YANNIS DRAKOULIDIS/NETFLIX © 2021)

Perché vedere La figlia oscura

Fedelissima nei fatti al romanzo, Maggie Gyllenhaal si cimenta per la prima volta alla regia e, pur senza particolari guizzi, consegna al pubblico un film che ben rende la confusione mentale di Leda, accademica di mezza età, colta e ancora di bella presenza, in preda ai suoi ricordi.

La regista, attrice di lungo corso, guida un cast magistrale, al servizio della costruzione di un mondo solo all’apparenza banale, in realtà popolato di fantasmi, di rimorsi e di rancori, di speranze mai del tutto naufragate. Con una storia potente e attrici e attori in parte, il gioco è fatto.

La figlia oscura
Olivia Colman e Paul Mescal ne “La figlia oscura (NETFLIX © 2021)

Scheda del film di Maggie Gyllenhaal

Presentato in concorso alla 78esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, La figlia oscura (The Lost Daughter) è il debutto alla regia di Maggie Gyllenhaal, autrice anche dell’adattamento dal romanzo omonimo di Elena Ferrante (edizioni E/O).

Leda è una professoressa di letteratura comparata a Cambridge. Durante una vacanza al mare, da sola, condivide la piccola spiaggia greca con una chiassosa famiglia statunitense, di cui fa parte la giovane Nina e sua figlia Elena. Leda, sopraffatta dal proprio passato e dal ricordo delle due figlie Bianca e Martha da piccole, compie un gesto insensato che la proietta nel suo mondo intimo ad affrontare le scelte giovanili.

Gyllenhaal, che ha vinto al Lido per la migliore sceneggiatura, e seppure non ha vinto nessuna statuetta è stata candidata agli Oscar (per la migliore sceneggiatura non originale). Con lei sono state candidate sia Olivia Colman (migliore attrice protagonista) che Jessie Buckley (migliore attrice non protagonista), entrambe impegnate nel ruolo di Leda, la prima la Leda quarantottenne, la seconda quella trentenne. Buckley è un volto celebre anche dalle nostre parti per essere stata la protagonista del film Netflix Sto pensando di finirla qui, scritto e diretto da Charlie Kaufman, e aver partecipato a due serie tv di successo come Chernobyl e Fargo.

Con loro, nel cast Dakota Johnson, celeberrima Anastasia Steele dell’adattamento di Cinquanta sfumature di grigio, Paul Mescal, pluripremiato per la serie Normal People, Ed Harris e Peter Sarsgaard (sposato con Maggie Gyllenhaal dal 2009, dopo 7 anni di relazione).

Il film, ambientato in un’isola greca anziché in una località della costa ionica calabrese come nel romanzo, è stato girato nell’isola ellenica di Spetses. A firmare la scenografia, Inbal Weinberg (a cui si deve anche la scenografia di Suspiria, diretto da Luca Guadagnino). Un cameo per l’italiana Alba Rohrwacher, voce narrante della seria tv tratta da L’amica geniale di Elena Ferrante e presto interprete della nuova stagione nel ruolo di Lenù da adulta. Una nota di colore: Rohrwacher è legata sentimentalmente con Saverio Costanzo, regista dei primi due capitoli della fiction Rai, che per primo aveva opzionato i diritti de La figlia oscura, poi ceduti dalla stessa scrittrice a Maggie Gyllenhaal.

Dopo una distribuzione limitata nelle sale cinematografiche statunitensi a partire dal 17 dicembre 2021, è stato reso disponibile su Netflix dal 31 dicembre seguente. In Italia, invece, esce in sala il 7 aprile 2022 con BiM Distribuzione.

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