"Spencer": se la bulimia di Diana strappa anche solo una risata

Quanto devono far paura le donne ribelli a certi uomini di una certa età che stigmatizzano un disturbo alimentare con una ingiustificata e sguaiata ilarità? Il film di Pablo Larraín arriva come un'occasione in più per riflettere sullo spazio che ancora non si è disposti a dare al genere femminile.

La bulimia di Diana Spencer, principessa del Galles dopo il matrimonio con Carlo d’Inghilterra, è nota da tempo. Fu lei stessa a confessarlo al biografo reale Andrew Morton, autore di Diana, la vera storia nelle sue parole del 1992.

Diana. La vera storia dalle sue parole

Diana. La vera storia dalle sue parole

Un'icona indimenticabile, che questo libro con nuovi capitoli inediti celebra in occasione dei vent’anni dalla morte della principessa Diana. Come sarebbe stato rivelato solo dopo la sua morte, questo libro è stato scritto con la piena collaborazione di Lady D. Andrew Morton, giornalista investigativo, racconta tutta la verità sulla famiglia reale in un ritratto onesto e scevro da pregiudizi di una delle figure femminili più amate, ammirate e influenti del nostro tempo.
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Niente di nuovo, quindi, nelle diverse scene di Spencer, film di Pablo Larraín con Kirsten Stewart, in cui Lady D è china sul water a vomitare, è ossessionata di non entrare negli abiti o si abbuffa in maniera scomposta nella notte. Si resta perciò di stucco a sentire la risata sguaiata di un collega agée, durante la proiezione per la stampa, a vedere la minuta principessa, scalza dentro alla dispensa della magione reale, divorare voracemente cosce di pollo e fette di torta al cioccolato.

Era divertitissimo, il giornalista anziano seduto qualche poltrona in fondo; solo lui, per fortuna. Eppure quella ilarità, se a primo acchito può far riflettere sull’analfabetismo emotivo di tanti uomini di una certa età, dall’altra risuona come un’accusa, come uno stigma a tutti gli effetti. Una donna, tanto più se è giovane e bella, si umilia anche così, si mette al suo posto, qualche passo dietro al fidanzato, uomo o compagno, anche con la derisione dei suoi problemi, delle sue ferite e delle sue sofferenze.

Un’euforia sgraziata che riecheggia una frase tristemente esplicativa di quel luminoso volumetto che è Lo spazio delle donne di Daniela Brogi (edito da Einaudi): il lavoro di silenziamento, oscuramento, inabissamento, estirpazione e perfino instupidimento delle donne praticato per secoli dalla cultura patriarcale in tanti casi, purtroppo, ha funzionato bene, e irreversibilmente“.

Diana, icona femminista che rinuncia alla corona per la sua libertà, che stringe le mani ai malati di Aids, che affronta i fotoreporter per difendere i figli e usa gli abiti come atto politico, può essere rispedita con una risata nel ruolo che le compete, la femmina ridicola che si rimpinza e vomita, perché non è capace a stare nel mondo dei grandi, dei forti, dei maschi.

Spencer
Kirsten Stewart in “Spencer” di Pablo Larraín (Courtesy Press Office)

Perché vedere Spencer

Dopo Jackie, con Natalie Portman nei panni (o meglio nel tailleur rosa griffato Chanel) di Jacqueline Bouvier, First Lady del Presidente Kennedy, Pablo Larraín si cimenta in un secondo biopic, ancora una volta costruito intorno a un guardaroba (sempre della Maison Chanel – di cui Kristen Stewart è testimonial – che ha lavorato a fianco alla pluripremiata costumista Jacqueline Durran).

Una ricostruzione minuziosa e dettagliata della residenza di campagna degli Windsor e un’interpretazione appassionata della “principessa triste” (che in proiezione stampa non si è potuta apprezzare come di dovere, visto l’improvvido doppiaggio dell’attrice statunitense, qui impegnata, come si evince dal trailer originale, in un perfetto accento british) non bastano a salvare il lavoro del regista cileno dall’agiografia un po’ sgangherata di un personaggio che non smette di affascinare il pubblico internazionale oltre che il popolo inglese.

Disturbato dalla colonna sonora strabordante e incessante di Jonny Greenwood, chitarrista dei Radiohead, tutta volta a coinvolgere lo spettatore nell’incubo vissuto da Diana a Sandringham House, il film procede a fatica non riuscendo mai a commuovere come vorrebbe (e dovrebbe…). Se non si conoscesse la storia di Lady D, sembrerebbe che, in fondo, le avessero permesso di scegliere da sola le mise da indossare, di tenere aperte le tende e ballare nei corridoi, la vita per lei sarebbe stata una fiaba principesca.

Il tentativo, poi, di suggerire una vicinanza tra la principessa del Galles e Anna Bolena, condannata al patibolo per presunte infedeltà coniugali, a tratti rasenta il ridicolo. E sì che il materiale ci sarebbe stato, come dimostrano le riuscite sequenze sui suoi disturbi alimentari. Eppure sottolineare di continuo il concetto di prigione, di vincolo, di soffocamento, con le tende chiuse, la collana che stringe, il filo spinato, non fa che disturbare per l’eccesso di didascalismo.

Un film da vedere soprattutto (e solo, verrebbe da aggiungere) se si è appassionate e appassionati di moda vintage e gettare un occhio tra gli splendidi capi che Chanel ha riprodotto per il lungometraggio.

Spencer
Una scena di “Spencer” diretto da Pablo Larraín (Courtesy Press Office)

Scheda del film con Kristen Stewart

Spencer, diretto da Pablo Larraín e sceneggiato da Steven Knight, è una “ricostruzione immaginaria” della decisione di Lady Diana, interpretata da Kristen Stewart (candidata agli Oscar come migliore attrice), di divorziare dal Principe Carlo (la separazione tra i due sarà annunciata il 9 dicembre 1992. Il divorzio, invece, sarà ufficializzato il 28 agosto 1996, un anno prima della morte di Lady D).

In occasione delle feste di Natale del 1991, come da tradizione la famiglia reale inglese si incontra a Sandringham House, nella contea del Norfolk, poco distante dalla residenza in cui Diana Spencer è nata. Il suo matrimonio con il principe Carlo è da tempo in crisi, ma per tre giorni viene decretato una tregua. La pace, però, non sarà così scontata.

Non avevamo intenzione di fare un docu-drama: volevamo creare qualcosa prendendo degli elementi dalla realtà e ricorrendo poi all’immaginazione per raccontare la vita di una donna con gli strumenti del cinema», ha scritto nelle note di regia Larraín. Come avverte, d’altronde, già prima dei titoli, si tratta di “Una favola basata su una tragedia vera“.

Nel cast, accanto a Kristen Stewart, unica attrice statunitense in un cast di attori e attrici britannici e scozzesi, Jack Farthing, nel ruolo di Carlo, principe di Galles, Sean Harris, nei panni dello chef Darren, e Timothy Spall, il Maggiore Alistar Gregory. Sally Hawkins, diventata celebre per Blue Jasmine di Woody Allen (ruolo che le è valso una candidatura agli Oscar come migliore attrice non protagonista ) e La forma dell’acqua – The Shape of Water di Guillermo del Toro (grazie a cui ha ricevuto la seconda candidatura al Premio Oscar come miglior attrice protagonista) è Maggie.

Il film, presentato in concorso alla 78esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, esce nei cinema in Italia il 24 marzo, distribuito da 01Distribution.

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