"Femicide. Nel nome delle donne": nessuna è colpevole della violenza maschile

Arriva su Sky e NOW un documentario che attraverso il racconto di quattro vittime prova a comprendere le ragioni più profonde del femminicidio, una piaga che negli ultimi anni si è mostrata in Italia in tutta la sua violenza più mostruosa.

Non è colpa nostra“. Non è stata colpa di Nunzia, di Lorena, di Alba Chiara, strangolate, pugnalate, freddate con un colpo di pistola. Non è stata colpa di Laura, ferita con 15 coltellate. Donne giovanissime, del nord e del sud del Paese, di diverse estrazioni sociali, diversi percorsi personali, accumunate solo dalla volontà di lasciare la persona che avevano accanto, vittime di femminicidio. Le loro storie, che sono le storie di tante altre (nel 2021 almeno cento donne in Italia sono state vittime di uomini), sono il cuore del documentario Sky Original Femicide. Nel nome delle donne.

Non è stata colpa loro e non è colpa nostra se ci innamoriamo di qualcuno, non è colpa nostra se quell’amore finisce, se quell’amore non riempie tutti gli spazi, se insieme a un compagno vogliamo anche delle amicizie, un lavoro, del divertimento; non è colpa nostra se vogliamo essere belle, non è colpa nostra se un altro uomo ci sorride, non è colpa nostra se vogliamo andarcene, non è colpa nostra se pensiamo che una carezza non possa trasformarsi in uno schiaffo, non è colpa nostra se non denunciamo lo schiaffo, non è colpa nostra se non confessiamo il pugno, non è colpa nostra se moriamo uccise da chi credevamo ci amasse.

Abituate come siamo state a considerare Desdemona, Carmen, Nastàs’ja Filìppovna, Séverine eroine di drammi della gelosia, cadute sotto i colpi di raptus di follia perché troppo amate, non è davvero colpa nostra se non ci ribelliamo ai titoli dei giornali e alle interviste dei giornalisti che ci vogliono sempre un po’ complici, in fondo causa, mai solo vittime.

Cresciute in società patriarcali mantenute in vita dalle sante madri – quelle che la gonna va sotto al ginocchio e il rossetto rosso mai, labbra pure soltanto fatte per baciare le teste della santissima prole – non è colpa nostra se ce la siamo cercata a voler essere libere, a volere le stesse cose dei maschi.

Non è colpa nostra se ci prestiamo a foto ricordo con la mano sul seno della statua di Giulietta, a Verona, cedendo a un gesto apotropaico che sempre il corpo di una di noi, seppur di bronzo, mette alla mercé del mondo.

Non è colpa nostra se stiamo ancora qui, a parlare di gambe importanti, lasciando che il corpo dell’ennesima di noi sia un pezzo di carne da giudicare, da imbrigliare, da sottomettere. Non è colpa nostra se è ancora così difficile un abbraccio tra noi, che ci permetta di essere più unite e più forti.

Non è colpa nostra se è sempre troppo tardi. Però, forse, chissà. Magari presto non sarà troppo tardi.

Femicide
La manifestazione a Roma “Non una di meno” (Courtesy Press Office)

Scheda di Femicide. Nel nome delle donne

Femicide. Nel nome delle donne, produzione italo-cipriota diretta da Nina Maria Paschalidou, è disponibile dal 14 febbraio, alle 21.15, su Sky Documentaries (anche on demand e in streaming su NOW) in occasione della nona edizione del One Billion Rising Day (una manifestazione di resistenza creativa organizzata da Eve Ensler, autrice de I monologhi della vagina, per opporsi alla violenza di genere e alla catastrofe climatica. La campagna, lanciata il giorno di San Valentino 2012, è iniziata come un invito all’azione basato sulla sconcertante statistica secondo cui 1 donna su 3 sul pianeta sarà picchiata o violentata durante la sua vita. Con una popolazione mondiale di 7 miliardi, ciò equivale a più di un miliardo di donne e di ragazze).

Il documentario prova a gettare una luce sull’ondata di femminicidi in Italia che negli ultimi anni hanno scosso particolarmente l’opinione pubblica, per comprenderne le ragioni più profonde. A partire dal termine femminicidio o femmicidio (attestato per la prima volta nel Devoto-Oli nel 2009 e nel 2010 nello Zingarelli): “omicidio di donne da parte di uomini, in particolare come conseguenza di mentalità e comportamenti di stampo sessista”, come riporta la Treccani.

Se una società genera forme mostruose di sopraffazione e di violenza, bisogna inventare un termine che esprima quella violenza e quella sopraffazione. E quindi è giusto usare «femminicidio», per denunziare la brutalità dell’atto e per indicare che si è contro la violenza e la sopraffazione. Bene ha fatto la lingua italiana a mettere in circolo la parola «femminicidio»; il generico «omicidio» risulterebbe troppo blando“, scriveva il linguista Rosario Coluccia sul Nuovo Quotidiano di Puglia l’11 maggio 2013 (come riportato dal sito dell’Accademia della Crusca).

Ebbene, come ricorda anche il documentario, quelle “forme mostruose di sopraffazione e di violenza” durante i mesi di lockdown sono aumentate del 5% (a fronte di una diminuzione del 20% degli omicidi) e si è registrato un incremento del 64% delle chiamate di emergenza ai centri antiviolenza o alle forze dell’ordine rispetto all’anno precedente.

La violenza contro le donne, fisica e simbolica, si configura così come una vera e propria cultura della violenza in costante ascesa, come mettono in evidenza in Femicide. Nel nome delle donne le interviste alle sociologhe Sveva Magaraggia e Graziella Priulla, ad Anna Conigliaro Michelini, direttrice di “Famiglia Materna” e a Lella Palladino, presidente della “Cooperativa anti-violenza E.V.A.”.

Alla senatrice Emma Bonino il compito di chiudere: “I diritti non sono per sempre. Se vuoi proteggere i tuoi diritti devi prendertene cura ogni singolo giorno. Il diritto che ottieni non è per sempre“. Vale per il diritto di non essere ammazzate, come per il diritto all’aborto, al divorzio e all’autodeterminazione.

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