Quel "senso di Hitler" che affascina anche i giovani su TikTok: perché?

È possibile spezzare l'incantesimo che il nazismo ha lanciato sulle masse e che ha ripreso con virulenza a infettare l'Europa? Un documentario arriva a tentare una risposta e a mostrare una strada alle nuove generazioni.

Il 27 gennaio si celebra ogni anno il Giorno della Memoria: quel giorno di 77 anni fa, il 27 gennaio 1945, le truppe dell’Armata Rossa entrarono ad Auschwitz, liberandone i prigionieri e mostrando al mondo – se ce ne fosse stato bisogno – gli orrori commessi dai nazisti. Oggi, a meno di un secolo di distanza, non solo c’è chi nega l’Olocausto, ma cresce il numero di quanti inneggiano al nazismo. Come spiega con lucida freddezza il documentario Il senso di Hitler, di Petra Epperleine e Michael Tucker, la fascinazione per quel buio periodo della storia non fa che aumentare, alimentata dalla propaganda di estrema destra, dall’ignoranza e dalla diffusione incontrollata di fake news sui social network.

La tesi più interessante – e in fondo condivisibile – del libro da cui è tratto il film, “The Meaning of Hitler” di Sebastian Haffner, pubblicato nel 1978 – e dedicato a smantellare alcune idee create attorno a Hitler e alla sua ascesa al potere – è che a non essere mai stato scalfito è il potere seduttivo del führer, in qualche modo amplificato dai mezzi di comunicazione di massa, dall’utilizzo che ne è stato fatto nel cinema come nell’arte. Banalità del male, la chiamava la filosofa tedesca Hannah Arendt, nel suo celeberrimo saggio Eichmann a Gerusalemme: resoconto sulla banalità del male : “Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso” e, proprio per questo, ancora più terribili.

Cosa c’era e cosa continua a esserci di così ammaliante in un piccolo austriaco che sognava di fare l’artista senza averne le doti, psichicamente squilibrato e per nulla aggraziato? “Quando si cerca una spiegazione razionale a un sentimento irrazionale, si perde“, ammonisce Deborah Lipstadt, una delle storiche intervistate. Lipstadt è diventata famosa ai più grazie al bel film La verità negata, diretto da Mick Jackson (il ruolo della studiosa era lasciato a Rachel Weisz), che ha raccontato la disputa, nata sui libri e finita in tribunale, con David Irving, saggista britannico (presente anche nel documentario) che da anni nega la Shoah. Accusato di diffamare i morti, arrestato in Austria per aver glorificato ed essersi identificato con il Partito Nazionalsocialista dei Lavoratori Tedeschi, Irving per diversi anni ha guidato un “tour didattico”, a pagamento, in alcuni lager. Tour che, testimoniato dallo stesso Il senso di Hitler, gli è stato vietato dalle autorità polacche nel 2019.

Per chi è immune al fascino del male, non è facile non chiedersi come sia possibile che l’incantesimo lanciato da Hitler alle masse abbia fatto così presa. Il puro kitsch delle sfilate militari, l’esibizione eterna vagheggiata da Wagner, la capacità di stupire che hanno tutti i malfattori (compreso Trump), la riduzione della responsabilità che si promette alla folla di seguaci, sono solo alcune delle possibili cause che Petra Epperleine e Michael Tucker, sulla scia del libro di Haffner, analizzano con il supporto di interviste a storici, psichiatri, scrittori, biologi e sociologi. La ragione vacilla, però, quando una giovanissima influencer dal suo profilo tutto rosa e pieno di stelline, simile a un personaggio dei manga, posta le sue marce con le torce Tiki insieme ai neonazisti in Virginia, quando ragazzini “pressoché normali” – proprio come erano Adolf Eichmann, Reinhard Heydrich, Heinrich Himmler – spiegano che le radici di tutti i mali sono gli ebrei e organizzano balletti antisemiti su Tik Tok, quando per le strade di Dresda sfila Pegida, gli Europei patrioti contro l’islamizzazione dell’Occidente, al fianco, tra le diverse formazioni neofasciste, di Forza Nuova: il neo-nazismo cresce, in Europa come negli Stati Uniti, e oggi, alla luce della storia, fa paura come non mai. Se la memoria corre ad alcune delle pagine più crude e difficili da affrontare de Le benevole di Jonathan Littell sembra davvero impossibile che ci sia anche solo la pallida possibilità di una recrudescenza nazista in questa vecchia Europa.

Non ci sono istituzioni all’interno del paradigma democratico per contenere la rivoluzione dell’informazione a cui si assiste oggi e gestire il fatto che la gente possa comunicare con decine di persone istantaneamente senza alcun filtro“, dice lo storico e sociologo Jan T. Gross, sottolineando una volta di più quanto la diffusione incontrollata di contenuti dia pastura ai demagoghi di oggi.

E dagli studiosi arriva di nuovo un monito. Spiega Winfried Nerdinger, direttore del Centro di documentazione sulla storia del nazional-socialismo di Monaco (museo costruito simbolicamente nel luogo dove si trovava la Braunes Haus, il quartier generale della NSDAP, luogo chiave del regime per trasformare la città nella capitale del movimento durante l’ascesa e la presa del potere): “Non vogliamo creare empatia, non vogliamo fare della storia un evento. Vogliamo avere un approccio distante e razionale, in modo che si possa imparare dalla storia“.

Come spezzare l’incantesimo? Andando a Sobibór è il suggerimento dello storico israeliano Saul Friedländer (anche solo ascoltare le sue parole al Bundestag, per commemorare il giorno della Memoria nel 2019, vale tutta la visione del documentario). Il campo di sterminio in Polonia in cui furono eliminati più di 200mila ebrei, costruito nel 1942 e demolito in seguito a una rivolta nel 1943, fu occultato dalle SS piantando centinaia di alberi. Oggi è una foresta di alberi. Solo nel 2014 lo Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Gerusalemme, dopo otto anni di opere di scavo archeologico, ha individuato l’esatta collocazione delle camere a gas. Ebbene, solo vedere quel luogo, secondo Friedländer, metterebbe fine alla fascinazione di tanti, troppi nostalgici. Per tutti gli altri, la strada non resta che quella di continuare a studiare, a vedere film come questo bel documentario di Petra Epperleine e Michael Tucker, a leggere, leggere, leggere e non fidarsi di nulla che non sia riconosciuto come veritiero dagli studiosi. Perché la storia è maestra di vita, solo se non viene piegata alle esigenze di capipopolo e facinorosi.

Scheda del documentario

È al cinema dal 27 gennaio  Il senso di Hitler, documentario diretto da Petra Epperleine e Michael Tucker e dedicato a indagare l’influenza che Adolf Hitler continua a esercitare attraverso immagini d’archivio, documenti storici e l’analisi della fortuna del nazismo sui media e sui social network.

Girato in nove Paesi, il docu-film esplora i vari modi in cui la tossicità di Hitler ha continuato a diffondersi dopo la sua morte attraverso le pagine di storia, i social media, il cinema, l’arte e la politica contemporanea.

Il film è impreziosito da interviste e testimonianze tra cui quelle della scrittrice Deborah Lipstadt, dello storico britannico Sir Richard J. Evans, dell’autore di romanzi sull’Olocausto Martin Amis, dello storico israeliano Saul Friedländer, dello storico e studioso dell’Olocausto Yehuda Bauer e degli attivisti e “cacciatori nazisti” Beate e Serge Klarsfeld.

Distribuito da Wanted Cinema in alcune sale italiane in continuo aggiornamento, consultabili sul sito.

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