"Aline, la voce dell'amore": il film su Céline Dion che ci fa dire "che noia queste super donne"

Il biopic (non autorizzato) della superstar canadese porta sul grande schermo l'ennesima rappresentazione di una wonder woman, che sa superare ogni tipo di difficoltà con la medesima, incredibile, nonchalanche.

Uno dei meriti dei film mediocri, come Aline, la voce dell’amore, di Valérie Lemercier, è quello di permettere lunghe elucubrazioni senza troppi sensi di colpa nei confronti delle immagini che passano sul grande (o piccolo) schermo.

Così, il lungometraggio ispirato alla vita di Céline Dion (che a quanto risulta non ha mai autorizzato la sua realizzazione, ma neanche mai sconfessato) è stato occasione per una ulteriore riflessione sull’immagine della donna, sul suo posto nel mondo e sul suo ruolo come lavoratrice e come madre. Roba da non poco, insomma.

Lascia perplessi, infatti, come una regista abbia trattato un personaggio come la sua protagonista – solo accidentalmente costruito “al profumo”, come ha dichiarato Lemercier, della celeberrima cantante canadese (che secondo Forbes, nel 2021 è stata la 69esima nella classifica delle donne self-made, con un patrimonio stimato di 460 milioni) – scegliendo una strada tanto acritica e, in fondo, banale.

Quindicesima di 14 figli, Aline Dieu/Céline Dion viene instradata alla professione di cantante sin da giovanissima dalla madre, rassicurante donna di casa che sa suonare il violino, cucire abiti, cucinare per una famiglia gigantesca (arriverà ad avere 57 nipoti, tutti sfamati con la medesima gioia di accudire chi si ama), nonché manager in pectore della enfant prodige, una volta decollata la carriera.

E una “super-mamma” non può che generare una wonder woman, capace di scalare le classifiche grazie al suo talento, strepitoso quanto precoce, esibirsi fino a tre concerti al giorno e mettere al mondo figli di cui prendersi cura (con l’aiuto della sorella-tata, of course…) senza perdere nulla della sua freschezza giovanile. Mai una volta un tentennamento, se non qualche lamentela qua e là di stanchezza, presto spazzata via dall’incoraggiamento del marito-agente. Grazie alla rete solidale della famiglia (e che famiglia, visti i 14 tra fratelli e sorelle e rispettivi coniugi), tutto è possibile; anche superare impasse e lutti vari.

Non c’è un attimo in cui Valérie Lemercier, regista e interprete di Aline, la voce dell’amore, dia cenno di interrogarsi su quale esempio possa dare questa donna infaticabile, indistruttibile, ineguagliabile. Che infinita noia queste rappresentazioni di donne super-eroine che sanno ballare il tip tap all’indietro sui tacchi a spillo e affrontano con la medesima nonchalanche un’unghia spezzata, l’allattamento di due gemelli e un’esibizione al The Colosseum at Caesars Palace di Las Vegas.

Perché vedere Aline, la voce dell’amore

Fosse stato un film comico, Aline, la voce dell’amore avrebbe divertito senza posa, almeno nella prima parte del film, con le nascite dei 14 figli che si susseguono senza sosta, facendo correre la mente all’esilarante contrasto tra coppia cattolica e coppia protestante messa in scena da quei geni dei Monty Python ne Il senso della vita. E fa ancora sorridere, malgrado l’inquietudine che inizia a crescere nello spettatore, la scelta di Valérie Lemercier di interpretare Aline sin da bambina, prestando il suo volto a una controfigura grazie all’aiuto della CGI. Ci vorrà un po’ per liberarsi di quell’immagine paradossale (ai limiti col mostruoso) una volta stabilito che il registro non è quello del grottesco.

A poco a poco, infatti, il film si trasforma in un drammatico senza dramma, che sciorina in 128 minuti la vita di una popstar dove le difficoltà della vita sono solo dei piccoli incidenti di percorso, che si saltano con agilità, dai “denti da vampiro” all’amore contrastato per la differenza di età (Guy-Claude Kamar, che dovrebbe rappresentare il vero René Angélil, è alle soglie dei 40 anni quando conosce la dodicenne Aline), dalla difficoltà di avere figli, fino alla disperazione per la morte del compagno di una vita. A guidarla ogni volta? L’amore per la musica e la promessa di non privare il mondo del suo incredibile talento. Dal grottesco, insomma, siamo scivolati nel campo delle soap, senza soluzione di continuità.

Aline, la voce dell’amore è stato campione di incassi al botteghino in Francia, dove è uscito a novembre 2021, con oltre un milione di biglietti venduti. Sarebbe interessante conoscere anche le reazioni di quegli stessi spettatori, certo deliziati dalla colonna sonora se fan della star (che, ricordiamolo, tra i tanti successi, ha vinto un Oscar, un Golden Globe e quattro Grammy per My Heart Will Go On, tema principale di Titanic, di James Cameron, del 1977). Oltre la musica, però, c’è davvero poco.

Valérie Lemercier in una scena di “Aline, la voce dell’amore” (Courtesy Press Office)

Scheda del film con Valérie Lemercier su Céline Dion

Arriva in sala dal 20 gennaio Aline, la voce dell’amore, il film ispirato alla vita di Céline Dion e scritto, diretto e interpretato da Valérie Lemercier.

Presentato in anteprima, fuori concorso, al Festival di Cannes 2021 (e passato in chiusura al 39esimo Torino Film Festival), vede protagonista Aline, nata in una famiglia numerosa con il dono di una voce straordinaria. Grazie al produttore musicale Guy-Claude Kamar, la giovane si trasformerà in breve nella più grande cantante del mondo.

Accanto a Valérie Lemercier, nei panni tutti rouches e paillettes di Aline/Céline, ci sono Sylvain Marcel, che interpreta Guy-Claude/René, e Danielle Fichaud, la madre Sylvette. La voce di Aline è della cantante francese, di origini italiane, Victoria Sio.

Con location sparse in giro per il mondo, tra la Francia, il Quebec, la Spagna e Las Vegas, una sessantina di set (compresi quelli costruiti nei teatri di posa a Bry-sur-Marne, a pochi chilometri da Parigi, 150 costumi e la spesa per i diritti su 15 canzoni, Aline è stato il film francese più costoso del 2020, superando un budget di 23 milioni di euro.

Per realizzare il suo progetto, Valérie Lemercier si è affidata alla squadra che l’ha supportata anche in Marie-Francine, nel 2017: il direttore della fotografia Laurent Dailland, la scenografa Emmanuelle Duplay, la costumista Catherine Leterrier e la make-up artist Marie Lastennet.

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