All’inizio di Unorthodox c’è una scena che forse non tutti avranno compreso appieno. Vi si vede la protagonista Etsy organizzare la sua fuga dalla comunità di ebrei ortodossi in cui vive, ma è impossibilitata a farlo, perché, come le riferiscono le altre donne, l’eruv si è rotto per un colpo di vento.

Ma che cos’è l’eruv (al plurale eruvin)? Si tratta di un filo visibile che delimita un centro urbano in cui vivono folte comunità ebraiche ortodosse. Ce n’è uno a Williamsburg (Brooklyn), come testimonia appunto Unorthodox, ma ce ne sono altri presenti in molte città (senza andare troppo lontani, in altre nazioni, ne è presente uno anche a Venezia per esempio). L’eruv più celebre è probabilmente quello che circonda Manhattan, sempre a New York.

Per comprendere come funziona e a cosa serva, è necessario fare riferimento alla scena di Unorthodox. A differenza dei cattolici, per cui il riposo è previsto la domenica (anche se tanti non lo osservano), per gli ebrei e in particolare per gli ebrei ortodossi, il giorno di riposo è il sabato, e viene chiamato Shabbat. Inizia la sera del venerdì e per 24 ore gli ebrei ortodossi hanno il divieto di compiere 39 azioni dette melachot.

Tra queste c’è il divieto di portare fuori dalla propria abitazioni oggetti (perfino i passeggini), fare la spesa o acquistare dei medicinali. L’eruv è una sorta di recinzione rituale che amplifica gli spazi della propria casa, come se essa si espandesse all’intero spazio nel perimetro dell’eruv. Per questa ragione, nella miniserie Netflix, Etsy, se vuole uscire con l’eruv rotto, deve salire in casa a lasciare la propria borsa.

Per capire meglio come questo filo non sia assolutamente qualcosa di improvvisato, ma decisamente impegnativo, dobbiamo partire da lontano. Il termine è un’abbreviazione da «eruv chatzerot», che significa «mescolanza di domini». Come riporta il Corriere della Sera, deve rispondere a determinate caratteristiche, che sono kosher (cioè inerenti a determinate leggi religiose): il filo deve essere spesso al massimo 5 millimetri, essere posto sulla sommità di pali a un’altezza di 4,5 metri da terra, il filo deve inoltre essere teso, in linea retta, mai interrotto e approvato dalle autorità locali. Per quest’ultimo motivo ad esempio, l’eruv di Manhattan, che si estende per una lunghezza di 33 chilometri non è presente nell’area a giurisdizione Onu. Ogni giovedì, il rabbino Moshe Tauber si occupa di controllarne lo stato.

Si tratta di un giro molto lungo che può durare anche tre o quattro ore – ha detto al Corriere – Per evitare il traffico mi sveglio all’alba e mi metto in macchina il prima possibile. Se vedo qualche interruzione lungo l’Eruv chiamo una squadra di tecnici, che vengono immediatamente ad aggiustare le sezioni in modo che sia tutto in regola per il giorno dopo.

L’eruv di Manhattan è nato nel 1999, ma all’inizio era esteso solo all’Upper West Side. Diversi fedeli, in altri quartieri, hanno fatto richiesta e pian piano il perimetro si è ampliato. A volte il filo sembra non essere presente, perché alcune strutture architettoniche della città lo sostituiscono, come recinzioni di muretti o facciate degli edifici, purché rispettino i caratteristici 4,5 metri di altezza. Nonostante Manhhattan sia una città immensa con cantieri e sempre in cambiamento, l’eruv non si è quasi mai interrotto per lo Shabbat, neppure durante l’uragano Sandy del 2012. In ogni casi c’è un sito internet che ne certifica lo stato in tempo reale.

Ogni volta siamo riusciti ad aggiustare le sezioni danneggiate in tempo – aggiunge Teuber – Solo una volta non ci siamo riusciti. Era una decina di anni fa, ci fu una violenta nevicata, che appesantì i cavi e li fece cedere in diversi punti. Non riuscimmo ad aggiustare tutte le falle in tempo. Ma solo perché era venerdì pomeriggio.

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