Sexting: una parola il cui significato sarà forse sconosciuto a molti, ma che descrive in realtà un fenomeno estremamente diffuso, soprattutto fra i giovanissimi, che fa leva sull’utilizzo dei social network o delle app di messaggistica istantanea considerati oggi come i principali mezzi di comunicazione.

Ne abbiamo già parlato in svariati articoli, ma ripetere di cosa stiamo parlando e della gravità delle conseguenze del sexting non fa mai male.

Nato dalla crasi tra le parole sex e texting, il sexting consiste nell’invio e nello scambio di messaggi dall’esplicito contenuto sessuale, con organi genitali o parti sessuali in bella vista ed è, come detto, una pratica estremamente comune in particolare tra gli adolescenti, spesso non consci dei pericoli che questo genere di comportamento possa causare.

Il più importante è, ovviamente, il revenge porn, attraverso cui, ad esempio dopo la fine di una relazione, l’ex partner diffonde questi messaggi “particolari” alla sua cerchia di amici e conoscenti via social, rendendoli in breve tempo virali.

Far capire concretamente quali sono i rischi a cui ci si espone praticando il sexting non è però cosa semplice, tanto che una ricerca di Pepita Onlus ha portato alla luce una realtà sconfortante, in cui i numeri dei ragazzi che almeno una volta nella vita lo hanno fatto sono davvero impressionanti.

Pepita Onlus è una cooperativa sociale composta da professionisti dell’educazione, focalizzati su attività di formazione ma anche sulla prevenzioni di fenomeni come il bullismo o, appunto, il sexting, che opera su tutto il territorio nazionale, con due sedi operative, a Milano e Bari, più una terza in allestimento a Perugia. Questi sono i dati che ha fornito dopo aver parlato con 1227 ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 19 anni.

Chi è perché fa sexting

Fonte: web

A praticare di più il sexting, per quanto riguarda il campione preso in esame, sono i nati dal 2005 al 2007: è infatti addirittura il 96% dei nati in questo biennio a dichiarare di aver condiviso foto o video a contenuto sessuale, mentre tra i nati nel periodo 1999-2004 la percentuale scende al 33%.

Il “luogo” virtuale su cui la condivisione avviene maggiormente è WhatsApp – 91% – seguito da Instagram, seppur molto distanziato – 42,5% – e infine Snapchat – 22%-

Per quanto riguarda i motivi per cui si fa sexting, le risposte principali sono “per essere popolare”, che vale per ambo i sessi, mentre si ha poi una distinzione fra i maschi – “per divertirmi” – e le femmine – “per avere ricompense materiali”, come ricariche, vestiti, o soldi -. Motivazione, quest’ultima, che invece è al terzo posto della classifica per i maschi.

Cosa si può fare per insegnare ai ragazzi i pericoli del sexting

Partendo dal presupposto che un figlio non possa essere controllato h24, è però naturale che la famiglia rappresenti il luogo dove, più di tutto, un ragazzo costruisce la propria identità, imparando educazione, affetti e valori che chiaramente influenzeranno la sua crescita, anche nei rapporti che costruirà all’esterno di essa.

La prima vera prevenzione al sexting è da ricercarsi dunque proprio in ambito familiare, in quella serie di valori – che vanno dal rispetto verso se stessi a quello dovuto agli altri – e di nozioni che sono indispensabili per ragionare sulle azioni che si stanno per compiere. Molti ragazzi, infatti, spesso agiscono senza riflettere davvero sulle conseguenze che l’invio o la richiesta di una foto a sfondo sessuale potrebbe avere.

Ma è in seconda battuta nella scuola che il ragazzo aggiunge altre basi educative, considerando che è il luogo in cui trascorre la gran parte del proprio tempo e dove interagisce giocoforza con altre persone, anche di età e con background diversi. Fornire ai ragazzi tutte le informazioni sui pericoli del mondo virtuale, magari proponendo anche dibattiti sui fatti di cronaca riguardanti il tema e, perché no, ripristinare l’insegnamento dell’educazione sessuale può aiutarli a contestualizzare meglio di cosa si sta parlando, facendo loro comprendere quanto violare l’intimità di una persona sia grave.

È chiaro che dev’essere fatto anche un lavoro sull’autostima personale, evidente proprio dal fatto che la risposta alla domanda “Perché fai sexting?” sia in primis “Per essere popolare”. Far capire a un adolescente che il suo valore come persona non si dimostra esclusivamente dal suo aspetto esteriore, e che non deve guadagnarsi la stima dei coetanei solo accettando di mostrarsi è complesso, ma allo stesso tempo indispensabile.

Le sanzioni per chi fa sexting

Fonte: web

Nella scuola, l’indicazione generale è che, nel caso in cui un insegnante venga a conoscenza di un episodio di sexting che coinvolga gli studenti del proprio istituto, questi sia tenuto a notificare l’atto al referente del cyberbullismo e al dirigente scolastico, procedendo in seconda battuta alla segnalazione all’autorità giudiziaria.

Nell’ambito della lotta al cyberbullismo questo genere di comportamento può essere sanzionato, a discrezionalità del regolamento interno d’istituto, anche con la sospensione dalle attività scolastiche, mentre è, ovviamente, obbligatoria la rimozione del contenuto incriminato.

Più difficile, invece, che un giudice reputi le condotte in questione integranti i reati di produzione e diffusione di materiale pedopornografico, o di detenzione del medesimo materiale, come si evince anche da una sentenza della Corte di Cassazione che ha escluso la sussistenza del reato di pedopornografia, ritenendo che l’elemento costitutivo del reato stesso sia “l’utilizzo strumentale dei minori ad opera di terzi” e che la norma non sanzioni il materiale pornografico minorile in via generica “quale ne sia la fonte, anche autonoma, ma soltanto materiale alla cui origine vi sia stato l’utilizzo di un infradiciottenne, necessariamente da parte di un terzo, con il pericolo concreto di diffusione del prodotto medesimo” (Cass. pen. n. 11675/2016).

Per questo, se a inviare le foto sono gli stessi minorenni, non sussiste il reato di pornografia minorile, cosa peraltro ribadita dalla questione del consenso del minorenne, così come previsto dal legislatore circa gli atti sessuali che lo riguardano (il minore che ha compiuto quattordici anni può infatti dare un valido consenso agli atti sessuali, mentre resta penalmente responsabile chi compie atti sessuali con minori tra i quattordici ed i sedici anni e ricopre una qualifica come insegnante o genitore, indipendentemente dal consenso).

Tuttavia la Cassazione afferma anche che

… dal momento che l’orientamento in esame potrebbe essere mutato dalla stessa Corte di cassazione e, soprattutto, dato che tale condotta risulta oggettivamente negativa e censurabile, quantomeno per gli effetti pregiudizievoli sui minori coinvolti, è assolutamente auspicabile astenersi dal realizzarla.

Del resto, si tratta di un fenomeno sociale in cui la risposta penale dell’ordinamento è solo l’extrema ratio, risultando prima di tutto necessario che siano l’educazione e l’informazione a mettere opportunamente in guardia i giovani in merito ai rischi di Internet e alle potenzialità offensive dei nuovi mezzi di comunicazione.

Peraltro, non sono comunque mancate delle sentenze che hanno invece condannato sia minori che maggiorenni per aver condiviso tali immagini, secondo l’art. 600-ter del Codice Penale, che punisce:

  • con reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque, utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico.
  • con reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 2.582 euro a 51.645 euro, chi con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto.
  • con reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164 chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico.
  • con reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore ad euro 1.549, chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 600-ter, consapevolmente si procuri o detenga materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto (secondo quanto riportato dall’art. 600-quater del Codice Penale)

Le iniziative di Pepita Onlus

Fra le tante iniziative della cooperativa c’è anche la pubblicazione del libro #Soloperte, una guida per adulti e ragazzi scritta proprio basandosi sulle esperienze e i racconti dei ragazzi stessi, acquistabile a questo link.

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