"Nancy" e quel bisogno di approvazione e di trovare un posto nel mondo

Ciascuno porta con sé quel bisogno di amore, di legami e di sentirsi parte di un mondo che avverte come proprio anche se non è così e che è disposto a chiudere entrambi gli occhi sulla verità e sui fatti reali per provare quell’inebriante attimo di gioia e di felicità.

Viviamo in un’epoca davvero avara di sentimenti che se da un lato ci depaupera sempre di più l’anima, dall’altro ci rende avidi e famelici di emozioni e di stimoli vitali che suggiamo come vampiri da ogni situazione a noi propizia.

Girando spesso a piedi o sui mezzi pubblici armata di cuffiette e occhiali scuri, osservo di continuo le persone e cerco di indovinare le loro vite e i loro pensieri e spesso mi ritrovo a scrutarle di fianco attraverso quello che stanno guardando sullo schermo del loro telefono che, nella maggior parte dei casi sono messaggi, stati o storie sui social  di vita propria o altrui. Sempre più ho l’impressione che la priorità di tutti sia un bisogno crescente e quasi disperato di ricevere consensi e approvazione per ogni atto quotidiano.

Non mi sento esente da tale necessità che in alcuni momenti tradisce un istinto di sopravvivenza, un’urgenza di essere visti e di sentirsi riconoscibili come unici in mezzo a molti. Credo di non svelare niente di nuovo se confesso con massima onestà che quando pubblico un contenuto di qualsiasi natura e lo condivido sui social, controllo con una certa frequenza il numero dei like, delle condivisioni o la qualità dei commenti. E vedere che quel numero cresce o crea interazione, mi fa sentire gratificata e importante, è il piccolo momento di gloria quotidiano assolutamente personale che alimenta il mio ego.

Chiaramente sono abbastanza smaliziata per sapere già a priori cosa possa funzionare o meno in termini di popolarità e, soprattutto, come tutelare una parte di vita e di privacy che sono solo mie e della cerchia degli intimissimi. Che succede, però, quando a farla da padroni sono il senso di solitudine e il terrore di restare isolati e ignorati da tutti? Spesso, vero e artefatto si mischiano, si amalgamano fino a confondersi senza sapere più dove finisca l’uno e inizi l’altro; quello che ne viene fuori, nella maggior parte dei casi, è un’immagine eterea, ai confini della verità, tenuta in vita da emozioni vere e autentiche, quelle che facciamo difficoltà a tirare fuori in modo spontaneo e che ci mettono dinanzi a noi stessi e ai nostri limiti.

Nancy (Andrea Riseborough) è la stupenda, fragile, camaleontica e terribilmente vera creatura di Christina Choe che ne firma regia e sceneggiatura. Realizzato da un team produttivo composto all’80% da donne (contro una media di settore del 12% ), la pellicola sarà distribuita al cinema da Mariposa Cinematografica e da 30 Holding dal 12 dicembre e ha accantonato già numerosi premi al Sundance Film Festival, al Sitges Film Festival e al Festival Internazionale del Cinema di Porto.

Il film racchiude e narra tutto il mondo sommerso di emozioni attraverso una trama pazzesca, che incolla occhi, anima e pancia allo schermo e che non vi sveliamo per non adulterare la vostra esperienza di visione.

Nancy è una donna di 35 anni sola nell’animo, senza un lavoro stabile.  Vive con una madre burbera e molto malata (Ann Dowd) e tenta senza successo di sfondare come scrittrice. È la trama vera e reale di quel senso di insoddisfazione comune a molte persone che non riescono a trovare il proprio posto nel mondo, e sono costrette a mille deviazioni o a innumerevoli cambi di rotta pur di trovare quell’attimo di respiro e di pace.

Nancy non è diversa da loro o da noi se in questo ci riconosciamo e per lei è necessario che realtà e finzione convivano insieme per poter restare in vita, passando attraverso una miriade di sfumature interiori; anche se non sempre tutto ciò è sufficiente. Stesso sentimento coinvolge anche gli altri protagonisti del film interpretati da uno straordinario Steve Buscemi, un’intensa J. Smith-Cameron e un credibile John Leguizano.

Ciascuno porta con sé quel bisogno di amore, di legami e di sentirsi parte di un mondo che avverte come proprio anche se non è così e che è disposto a chiudere entrambi gli occhi sulla verità e sui fatti reali per provare quell’inebriante attimo di gioia e di felicità, sebbene fugace e fallace ma che in quel momento è un balsamo per le proprie indissolubili fragilità.

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