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Per alcune di loro è una scelta, per altre una necessità di cui hanno fatto virtù.
La frase che si sentono dire più spesso è “sei fortunata”, seconda solo a “ti invidio tanto”, ma la realtà è che queste ragazze la cui vita sembra, soprattutto sui social, una lunghissima vacanza, sono coraggiose, caparbie e si sono messe in gioco senza sconti e con tanti sacrifici.

Parliamo delle nomadi digitali: un esercito di donne, soprattutto freelance, che lavorano da remoto – grazie a una buona connessione wifi, WhatsApp, Skype, Slack e altre piattaforme o gruppi online di collaborazione aziendale – e lo fanno da vari posti del mondo.

Secondo il Censis solo in Italia, tra uomini e donne, sono 1,8 milioni i giovani senza ufficio fisso o obbligo di presenza in azienda, il cui posto di lavoro può essere indifferentemente una piazza di Lisbona, un coworking a Copenaghen o una spiaggia di Bali. E saranno molti di più negli anni a venire.

Detto così sembra un sogno, ma cosa significa davvero essere nomadi digitali? Ce lo hanno raccontato Lara, Silvia, Lucrezia e Andrea (che sì, in questo caso, è usato al femminile!).

Lara, 29 anni, customer care per un gruppo beauty – attualmente a Singapore

Non è che io il “posto fisso” non lo volessi. All’inizio, come molti, vi ambivo, mi dava sicurezza, ma non è mai arrivato.
Quando ti trovi a lavorare da casa, magari non per tua volontà e inseguendo più collaborazioni per mettere insieme a fine mese uno stipendio dignitoso, a un certo punto ti dici

Almeno proviamo a sfruttarla questa flessibilità, fatta di zero garanzie e certezze.
Si diventa nomadi digitali anche per questo: per trasformare in opportunità (di viaggiare e vedere il mondo) la precarietà e fluidità in continua evoluzione del lavoro nel mercato di oggi.

Quanto alla meta, c’è chi la cambia spesso e chi si radica in qualche città per un po’ di tempo, a volte anche anni.
Io oggi sono a Singapore, come tappa di un viaggio nei Paesi asiatici che mi hanno sempre tanto affascinata, e a breve mi sposterò a Kuala Lumpur.

I Paesi asiatici sono sicuramente quelli con il costo della vita più basso, ma mettici visti, voli, etc e, a meno che tu non voglia mai fare rientro in Italia, diciamo che hai già perso tutta la convenienza. Ma mi sono detta “ora o mai più”.

Silvia, 25 anni, graphic designer – attualmente a Budapest

Sono a Budapest da qualche mese. Sono arrivata qui con la scusa di ritrovare alcuni amici dell’università, ma la verità è che è una città bellissima e, soprattutto, economica per chi fa questo tipo di vita.

Quando scegli di essere una nomade digitale, non basta assicurarsi di avere una buona connessione e prendere un biglietto aereo, è fondamentale ragionare da imprenditrice di te stessa e definire bene tutta la parte economica, fatta di tariffe telefoniche, budget, assicurazioni sanitarie, fondamentali quando si esce dal territorio nazionale.

Può sembrare una banalità, ma viaggiare senza essere adeguatamente preparati e organizzati da questo punto di vista può costarci molto caro. Basti pensare alle commissioni extra che possono gravare sui bilanci ogni volta che è necessario prelevare del contante a un bancomat; o quanto può costarci la necessità di un medico senza servizio sanitario nazionale.

Un’ottima soluzione per me è stato N26 Business You, il conto premium progettato per freelance e liberi professionisti, che offre prelievi ATM gratuiti in tutto il mondo e zero commissioni sui pagamenti in negozi fisici e online, anche in valuta estera; oltre a un’assicurazione viaggi che include rimborso su ritardi aerei e bagagli, rimborso spese mediche all’estero, assicurazione furto di cellulare o contanti e una garanzia estesa sugli acquisti.

Lucrezia, 34 anni, copywriter – attualmente a Barcellona

A differenza della maggior parte delle nomadi digitali io ho lasciato un lavoro a tempo indeterminato per riconquistare la mia libertà di movimento, seguire la mia vocazione e, non ultimo, il mio amore.

Ma chiaramente non è stato un salto nel vuoto, né una scelta facile o non ponderata.

Credo che troppe persone abbiano un’idea un po’ “hippie” dei nomadi digitali: non siamo né degli alternativi sprovveduti, né dei viziati figli di papà.

Per fare questo tipo di vita con successo, anzi, serve tanta disciplina: il fatto di non avere orari richiede di imporseli autonomamente. In più, molto spesso, i nostri orari sono molto più lunghi e pervasivi del nostro tempo libero di quanto non lo sia un lavoro a tempo indeterminato, in cui magari si timbra un cartellino in ingresso e in uscita.

La libertà ha un suo prezzo!

Andrea, 42 anni, traduttrice – attualmente a Bruxelles

Per me viaggiare è parte del mio lavoro. Sono fortunata a fare quello che faccio, perché mi piace, perché mi permette di vedere il mondo e conoscere persone, culture, usanze diverse.

Ma non diteci, per favore, “come sei fortunata” o “ti invidio”.
Mi invidi davvero? Allora fallo. La verità è che la vita della nomade digitale non è facile, soprattutto se sei donna. Ci vuole grande determinazione, anche perché non è mai una scelta fatta a cuore leggero.

Per quanto sia sempre più facile e in parte economico volare (ma dipende in quale parte del mondo sei!) significa salutare gli affetti, perderne alcuni, non esserci per qualcuno di importante nei momenti difficili o cruciali.

Ci vuole coraggio, soprattutto quando non hai più 20 anni.
Ma non è corretto neppure questo: anche quando hai 20 anni per mettere vestiti, cuore e sogni in una valigia e partire per il mondo di coraggio ce ne vuole tanto!

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