Essere genitori è il mestiere più difficile del mondo. Personalmente lo posso solo immaginare dal momento che, come già scritto in altre occasioni, faccio parte della schiera delle child free.

Questo, però, non mi esime dall’osservare con tutta l’attenzione possibile ciò che accade intorno a me, sia nella schiera degli amici e dei colleghi più cari che in quella della variegata umanità che quotidianamente incontro sui mezzi pubblici e che, con le loro chiacchiere mattutine – vi assicuro, sono meglio di un caffè per svegliarsi – o con i loro coloriti e vispi messaggi vocali, mi donano sempre uno spaccato molto interessante della realtà; soprattutto mi mostrano, spesso inconsapevolmente, quella fitta e anche un po’ faticosa rete di complesse relazioni molto lontana dal mio vissuto, costituita dagli scambi quotidiani con i genitori degli altri bambini che frequentano la stessa scuola o praticano la medesima disciplina sportiva.

Chiaramente ancora più distanti da me sono le famigerate chat di gruppo della scuola, perlopiù presidiate dalle mamme, dove, a detta dei più, si possono toccare dei veri e propri picchi di follia dettati non solo dal numero strabordante di messaggi ed emoticon che si palesano nel giro di pochi minuti ma, soprattutto, dal contenuto dei medesimi.

Per non parlare, poi, dei gruppi segreti che nascono all’ombra di quelli ufficiali e usati fondamentalmente per sparlare o tramare contro altri genitori o maestre, tanto da invischiare dentro anche le mamme e i papà più sani ed equilibrati e, malgrado tutto, sottoporli a un costante senso di inadeguatezza dinnanzi allo sguardo attento e incombente degli altri. A quanto pare tutto ciò diventa ancora più stressante quando si organizza la festa di compleanno del pargolo, neanche fosse il debutto in società di Paris Hilton o del principino George.

Ed è a partire proprio da questo evento che prende corpo il film Genitori quasi perfetti diretto da Laura Chiossone e distribuito dalla Adler Entertainment che, grazie alla sceneggiatura scritta da Gabriele Scotti e Renata Ciaravino, porta sul grande schermo con raffinata ironia proprio le nevrosi e, se vogliamo, anche i limiti dei genitori di ultima generazione.

Simona, interpretata da una bravissima Anna Foglietta, è una mamma sola che accetta con stoicismo e autoconvincimento il proprio status da single e in quanto tale deve dar fronte a tutte le necessità quotidiane: spesa, lavoro, riunioni a scuola e le vare attività con il suo Filippo (Nicolò Costa), un bambino di otto anni dotato di una spiccata sensibilità e di idee molto chiare sulla propria identità, anche se non sempre “viste” e comprese attentamente dalla propria mamma.

In vista del suo compleanno Simona decide di organizzargli una festa a casa con tanto di ingaggio di Luisa (Marina Occhionero), una super animatrice di punta, buffet per i piccoli e per i genitori degli invitati, festoni, palloncini, ricchi premi e cotillon. Ovviamente cerca di fare del proprio meglio – come ciascuno, del resto – e di curare tutto alla perfezione affinché ogni dettaglio resti impresso nella memoria del suo piccolo e, soprattutto, non diventi oggetto di severo giudizio da parte degli adulti.

Tale evento, però, scandito temporalmente da una goccia di acqua che cade dal soffitto, foriera di un disastro imminente, sarà un momento di confronto assai vivace con gli altri adulti che, rintanati in cucina, iniziano ad annusarsi e a studiarsi tra di loro dando sfoggio delle proprie convinzioni, spesso veri e propri cliché, su come essere perfetti genitori.

Ed ecco che sfila la coppia eco-vegan, radical chic formata da Ilaria (Lucia Mascino) e Aldo (Paolo Calabresi) il cui vessillo è sempre e comunque il politically correct verso ogni situazione e l’accettazione di ogni persona, come Giorgia (Elena Radonicich) la mamma arcobaleno della classe, vista più come fenomeno da baraccone che con il reale rispetto dovuto, e come Sabrina (Marina Rocco), estetista, pragmatica, amante del sesso e della bella vita, quindi un po’ troppo frivola e low profile per benpensanti e fini intellettuali.

A chiudere il cerchio due papà molto diversi tra loro: il disoccupato Paolo (Francesco Turbanti) che si ritrovo a fare da madre e padre e il bel separato, uomo in carriera Alessandro (Paolo Mazzarelli) troppo preso da sé per fare anche il padre.

Insomma non manca proprio nessuno in questa carrellata di nuovi archetipi genitoriali accomunati quasi tutti dalla smania di mostrarsi “perfetti” gli uni nei confronti degli altri e di imporre i propri modelli educativi come i migliori in assoluto. E se certi atteggiamenti li vediamo ben rappresentati e interpretati non possono che farci sorridere perché tutti noi, consciamente o meno, siamo bravissimi a dispensare consigli e lezioni di vita anche quando non ce lo chiede nessuno e a mascherare dietro a un’esistenza quasi integerrima mancanze personali quali il buon caro vecchio sesso, l’amore, il lavoro e la voglia di sentirsi vivi a prescindere dalla famiglia.

Di certo lo siamo un po’ meno quando siamo più preoccupati a mantenere un certo tipo di apparenza e di forma e il confronto con gli altri mette a dura prova le nostre convinzioni, facendo emergere le isterie personali. Ancora di meno se a smontare tutto il castello delle perfezioni sono proprio loro, i bambini, che con la loro naturalezza e spontaneità vincono sempre e sanno dimostrare con i fatti che la meravigliosa imperfezione dei genitori e degli adulti in generale è inutile e, alla fine, è come Il Kobra ossia “un pensiero frequente che diventa indecente” .

Insomma, l’unica regola sacra per essere genitori (quasi perfetti) è sapere che non vi è alcuna regola. Ognuno è genitore a modo suo, inevitabilmente imperfetto, e va bene così. Ognuno di noi non può che procedere a tentoni, sperando (anche sotto le convinzioni più palesate) che i nostri insegnamenti siano i migliori che possiamo dare ai nostri figli, ma senza averne la certezza. E in fondo basta questo, l’impegno, per crescere dei bambini che un domani, sapranno impegnarsi a loro volta.

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