Chi tra noi non si è emozionata leggendo Romeo e Giulietta di William Shakespeare o guardando una delle innumerevoli trasposizioni cinematografiche? Quella di Romeo e Giulietta è una storia senza tempo. Il suo fascino non è solo nella storyline amorosa – che poi è quella principale – ma anche in tutto il contesto. Il merito di Shakespeare è infatti quello di essere riuscito a creare dei drammi che possono essere letti in qualunque epoca e il lettore (o lo spettatore, dato che si tratta di teatro) riesce a trovare un’attinenza con il presente. A quanto pare però amore e morte tra Montecchi e Capuleti non si sono consumate davvero a Verona. In barba al verone – ossia il balcone al quale molti credono si sia affacciata davvero Giulietta durante il celebre monologo di Romeo.

Il precedente senese

Romeo e Giulietta
Fonte: Romeo e Giulietta

La questione è stata, qualche mese fa, oggetto di un interessante post sul blog di Antonio Socci, ripreso da moltissimi utenti e siti in Rete. Stando al post, l’opera scritta da Shakespeare alla fine del ‘500 avrebbe dei precedenti, anche se non tanto illustri (tranne uno). Partiamo proprio da quello illustre: il canto VI del Purgatorio di Dante, che è datato in occasione del Giubileo del 1300 – quello dell’invettiva all’Italia per intenderci – parla della guerra tra guelfi e ghibellini, e in questa guerra, Montecchi e Capuleti sono contrapposti. Non c’è però nessun Romeo e nessuna Giulietta nella Divina Commedia. Si parla invece di due tragici amanti nel Novellino di Masuccio Salernitano nella seconda metà del ‘400, che venne ripreso da Luigi da Porto in Istoria novellamente ritrovata di due nobili amanti, che racconta finalmente di un Romeo e una Giulietta a Verona nella prima metà del ‘500. Poco dopo però il tutto è stato ripreso nelle Novelle di Matteo Bandello che, come si direbbe oggi, è stato la fonte di Shakespeare.

Ma chi è stato, a monte, la fonte di Mauccio Salernitano? Non si sa, ma gli studiosi ritengono che la storia vera che ha ispirato l’opera del Novellino sia ambientata a Siena, anche per via di numerosi luoghi tuttora esistenti che vengono citati. E che i protagonisti reali si chiamino quindi Mariotto Mignarelli e Giannozza Saraceni. In pratica, Shakespeare ha ripreso la vicenda senese così com’è giunta in vari passaggi fino a lui, ma ricorrendo ai nomi poetici usati da Luigi da Porto (ovvero i “Montecchi” e “Capuleti” di Dante). E imbastendo una storia del tutto nuova che è diventata leggendaria. Gli studi del genere sono tanti e volti a trovare la giusta collocazione della tragedia shakespeariana. Tanto che anni fa si parlò anche di Napoli come ambientazione. La verità qual è? Non è a nostro avviso la domanda giusta, che è invece: a chi importa? Romeo e Giulietta è una tragedia piena di poesia, ci dobbiamo davvero affannare a cercare un tramite con la realtà? Certo è che forse, se tutto fosse esatto, la città di Verona che ci ha costruito un marketing territoriale sull’opera forse potrebbe perdere tutto.

Nella vicenda narrata da Masuccio a Siena, Mariotto e Giannozza sono parte di famiglie che si contrastano, perché l’una è guelfa e l’altra è ghibellina. Il loro amore è angelicato, proprio come negli stilemi del Dolce Stil Novo, ma i due decidono di sposarsi segretamente. Un giorno Giannozza viene molestata per strada e Mariotto uccide il molestatore, fuggendo poi in Egitto, dove viene condannato in contumacia. Intanto, Giannozza viene promessa sposa a un uomo politicamente connesso con la sua famiglia, ma un frate mette in atto il celebre trucco della pozione e tutti la credono morta. Anche Mariotto che non sa che Giannozza si è solo finta morta e sta correndo da lui in Egitto, perché la missiva della donna non riesce ad arrivare a destinazione. I due amati non si incrociano: Mariotto torna a Siena, dove intanto viene condannato a morte e impiccato per l’uccisione del molestatore, Giannozza va in Egitto, da dove ritorna scoprendo tutto e decidendo di farsi suora. Ma muore pochi giorni dopo in convento.

Il balcone di Verona

Fonte: Shakespeare in love

Secondo noi è bello però che identifichiamo tutti un luogo come il balcone di Giulietta. Anche se poi magari delle prove scientifiche e filologiche dovessero dare ragione alla teoria esposta da Socci, che è comunque rispettabilissima e affascinante. A partire da come potrebbe essere stata costruita l’associazione tra il balcone e Giulietta. A quanto pare, c’è tutto in un sito Internet, citato in un saggio di Francesca Fontanili: il balcone sarebbe stato montato nel 1926 per ricordare gli incontri tra Romeo e Giulietta. In altre parole, è un “fake” che non avrebbe mai voluto esserlo. La verità su quel balcone – prima del 1926 neppure lontanamente bellino – è alla portata di tutti, eppure ci ostiniamo a credere in qualcos’altro. Forse abbiamo paura di perdere un po’ del nostro romanticismo?

Si trattò in pratica di una trovata novecentesca, sulla quale Verona costruì il primo vero e proprio marketing territoriale. Ma perché fu scelto proprio quel palazzo? Il realtà fu il poeta Heinrich Heine che durante un viaggio a Verona nell’’800 identificò quel palazzo come la casa dei Capuleti  a causa di un cappello scolpito sulla porta – era in realtà una bettola con un’insegna che recava un cappello di latta, rosso e bucato. Dato che non c’erano Capuleti a Verona prima di Dante, si pensa che il nome sia derivato dalla famiglia “Del Cappello”. Insomma, le licenze letterarie si sprecano, a nostro uso e consumo.

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