L’obsolescenza programmata è una politica industriale volta a definire il ciclo di vita di un prodotto in modo da limitarne la durata a un periodo prefissato. Il prodotto diventa così obsoleto in confronto ai nuovi modelli, assicurando il flusso commerciale ai produttori.

Esistono due tipi di obsolescenza programmata: reale e percepita. L’obsolescenza programmata è reale quando il prodotto smette di funzionare dopo un periodo di tempo prestabilito ed è quindi necessario cambiarlo.

Nel secondo caso, la percezione dell’obsolescenza avviene quando il consumatore si convince del bisogno di sostituire il proprio dispositivo con un modello più recente. Obiettivamente tale dispositivo obsoleto non presenta alcun danno e potrebbe continuare a svolgere il suo lavoro. I produttori in questo caso inducono il compratore a cambiarlo, facendogli credere che l’ultimo modello sia di gran lunga migliore, quando in realtà presenta delle caratteristiche molto simili.

Storia dell’obsolescenza programmata

Purtroppo l’obsolescenza programmata non è una tecnica meschina da imputare solo ai produttori di smartphone del nostro secolo, come ci viene facile pensare: anzi, è una tecnica tutt’altro che recente.

I primi ricorsi a questa strategia risalgono agli anni ’20 del secolo scorso. Gli artefici furono i produttori di lampadine a incandescenza, che si accordarono per diminuirne la loro durata. Si passò così dalle 2500 ore di durata alle 1000 ore. Per fare questo le lampadine furono ri-progettate e ri-costruite, così da diminuirne il ciclo di vita e aumentare il profitto dei produttori. Questo accordo è anche noto con il nome Cartello Phoebus, o complotto delle lampadine.

Questo episodio ha dato il via a una lunga serie di altri spiacevoli eventi: l’indebolimento della fibra del nylon, progettato dall’industria chimica DuPont, per far sì che le donne comprassero più calze; le stampanti progettate per stampare solo un determinato numero di pagine; o le lavatrici destinate ad arrugginirsi in breve tempo per la presenza di particolari alghe. Fino ad arrivare ai giorni nostri con le batterie degli smartphone programmate per durare a un numero massimo di ricariche o i vari aggiornamenti software che escludono i prodotti meno recenti.

Obsolescenza programmata: come difendersi

obsolescenza programmata riparazione
Fonte: Web

Contrastare l’obsolescenza programmata non è così facile e certamente il consumatore senza l’appoggio di un’istituzione non potrà migliorare di molto la situazione. Una cosa certa che può fare è quella di mettere in atto tutti questi escamotage per difendersi e non cadere nella trappola dell’obsolescenza programmata.

  • Riparare: evitate di buttare il vostro oggetto al primo danno, ma puntate sulla riparazione.
  • Evitare le novità: acquistate le ultime novità dopo qualche mese; il prodotto costerà meno e avrà una durata della vita più lunga.
  • Riadattare: riutilizzate un dispositivo non funzionate per altri scopi. Per esempio un vecchio smartphone può essere trasformato in una telecamera di sicurezza IP.
  • Utilizzare open source: installate sistemi operativi con codice sorgente libero che si adattano anche gli hardware più datati.

Leggi contro l’obsolescenza programmata

Per ora in Italia sono attive due proposte di legge, non ancora arrivate in Aula. Entrambe con un contenuto simile hanno lo scopo di bloccare la pratica dell’obsolescenza programmata e garantire più diritti al cittadino-consumatore.

La prima è stata proposta nel 2013 dal gruppo di Sinistra Ecologia e Libertà e prevede che i pezzi di ricambio siano disponibili per tutto il tempo in cui il bene è immesso in circolazione nel mercato e nei cinque anni successivi.

La seconda è stata avanzata dal MoVimento 5 stelle nel 2015 e prevede l’estensione della garanzia a 5 anni per i beni di consumo di piccole dimensioni e 10 anni per quelli di grandi dimensioni.

In Francia hanno già approvato una legge nel luglio 2015 contro l’obsolescenza programmata che prevede appunto l’estensione del periodo di garanzia da 2 a 5 anni e il divieto di progettare e produrre dispositivi destinati a rompersi dopo pochi anni d’utilizzo. Il rischio per chi non rispetta la legge è quello di ricevere sanzioni fino a 300 mila euro.

Anche l’Unione Europea si sta muovendo in questa direzione; per ora l’unico strumento a favore del consumatore è una direttiva che obbliga i produttori a dichiarare se un prodotto sia stato progettato per avere un ciclo di vita limitato.

Speriamo che presto qualcuno prenda decisioni importanti e solide, al fine di bloccare questa pratica del tutto sfavorevole al consumatore.

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