Conoscete la storia del vaso rotto su cui i giapponesi versano oro, che va a riempire le crepe rimaste una volta incollati nuovamente i pezzi? Quella è la prova di quanto il popolo orientale ami mettere in risalto l’imperfezione delle cose.
Beh, questa filosofia ha un vero e proprio nome: wabi-sabi.

La filosofia del wabi-sabi

wabi-sabi
Fonte: web

Il wabi-sabi costituisce una visione del mondo giapponese, o estetica, fondata sull’accoglimento della transitorietà delle cose. Una traduzione molto semplice di wabi-sabi potrebbe essere bellezza triste, ma la parola in realtà non ha una traduzione vera e propria, semmai è l’associazione di due termini, wabi e sabi, che indicano, rispettivamente, il vivere in sintonia con la natura sfruttando al meglio quel poco che si ha, e il freddo, la povertà o l’essere “appassito”. Verso il XIV secolo questi significati iniziarono a mutare, assumendo connotazioni più positive, fino a che wabi non ha cominciato a identificare la semplicità rustica, la freschezza o il silenzio, da applicare sia a oggetti naturali che artificiali, oppure anche l’eleganza non ostentata. Il termine, inoltre, può anche riferirsi a stranezze o difetti generatisi nel processo di costruzione, che aggiungono unicità ed eleganza all’oggetto. Sabi è invece ormai connotato come la bellezza o la serenità che accompagna l’avanzare dell’età, l’accettazione dello scorrere lento e inesorabile del tempo, il momento in cui la vita degli oggetti e la sua impermanenza sono evidenziati dalla patina e dall’usura o da eventuali riparazioni visibili.

Wabi e sabi possono suggerire sentimenti di desolazione e solitudine, ma, nella visione dell’universo del Buddhismo Mahayana, questi elementi hanno in realtà caratteristiche positive, che rappresentano la liberazione dal mondo materiale e la trascendenza verso una vita più semplice.

Oggi il concetto di bellezza imperfetta viene applicato, ad esempio, anche al design della casa, dove il caos, almeno apparente, ha preso il posto di ambienti perfettamente puliti e ordinati.

Il wabi-sabi nel design

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Fonte: web

Per applicare al meglio il concetto del wabi-sabi alla casa si possono scegliere spazi raccolti ma che fanno stare bene, pezzi autentici perché imperfetti. L’imperfezione wabi-sabi, non è quella “artificiale” dello shabby chic: qui ogni graffio e bruciatura è davvero il segno dell’inesorabile scorrere del tempo, non della mano umana.

La casa diventa autentica, vissuta pienamente, non ci si vergogna più di non rifare il letto appena ci si alza oppure di ordinare libri e giornali. I tavoli e i taglieri diventano oggetti vissuti, con marchi e venature, le ceramiche non rifinite, i tessuti grezzi e che non sempre siano passati sotto le cure del ferro da stiro; i migliori pezzi di arredamento sono fatti a mano e i mobili segnati dalle intemperie.
Chi ha sempre odiato usare per i propri ospiti bicchieri e piatti spaiati può liberarsi definitivamente del terrore del giudizio, e chi si affrettava a nascondere i panni sgualciti in camera può invece lasciarli in bella mostra sul divano. Vi sembra troppo? Cominciate gradualmente, preferendo tessuti grezzi alla seta ed erbe di campagna da mettere nei vasi al posto dei tulipani.

Nel wabi-sabi, che tiene in così alta considerazione lo scorrere del tempo, sono fondamentali mobili duraturi e materiali da esporre alle intemperie degli anni che passano, come il legno, la lana, l’argilla, il bambù, il lino, la pietra. Anche i colori richiamano la natura, come il grigio della pietra, il blu del mare, il verde delle sequoia.

In realtà lo stile wabi-sabi non è una ricerca assoluta della semplicità, ma un modo per coniugare questa alla bellezza, che non va sacrificata, ma solo interpretata diversamente. Non necessariamente come perfezione e ordine. La filosofia invita a ripensare il proprio concetto di “essenziale”, da applicare anche alla casa, che deve essere riempita non (solo) di oggetti belli, ma utili e che, sopra ogni altra cosa, vi facciano stare bene.

Siete pronte per vivere senza più l’ossessione dell’ordine, o preferite un approccio lento alla filosofia per non rimanere traumatizzate dal caos bellissimo dell wabi-sabi?

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