In un mondo in cui ancora troppo spesso siamo costretti a raccontare di violenza di genere, di società ancora improntate al patriarcato e in cui vige un maschilismo opprimente per le donne, Lugu Lake rappresenta una straordinaria eccezione, un’oasi dove il tempo sembra essersi fermato o, perlomeno, scorrere in una dimensione del tutto parallela a quella del resto dell’umanità.
Questo angolo di mondo nascosto tra le montagne al confine tra la provincia cinese del Sichuan e quella dello Yunnan è la patria storica dei Mosuo, una minoranza etnica con una popolazione di circa 40 mila persone, nonché una delle ultime società matrilineari rimaste sulla Terra. Qui la discendenza avviene in linea materna, e le donne sono le vere “padrone” del luogo.

Nella tradizione Mosuo soltanto le femmine diventano eredi – spiega a Vanity Fair La Cier, maggiore di sei fratelli, capofamiglia da quando è morta la madre – Le donne sono più affidabili degli uomini. Partoriamo i figli, li cresciamo, e noi sorelle serviamo la famiglia. Non c’è bisogno di chiedere aiuto agli uomini“.

Sono proprio le sorelle a contribuire al mantenimento della famiglia, lavorando nelle città, mentre i membri maschili, fratelli e nipoti, vivono a casa. Un vero e proprio rovesciamento della società di stampo patriarcale che vuole la donna come “angelo del focolare”, insomma.

Ma il ruolo di estrema emancipazione e di potere delle donne di Lugu Lake non si esaurisce qui: oltre a essere capofamiglia, infatti, le donne Mosuo hanno una libertà sessuale piuttosto insolita. Nella loro comunità infatti non esiste l’unione monogama, ma viene praticato il cosiddetto walking marriage, il “matrimonio in cammino” – o matrimonio di una sera -, che, spiegato brevemente, significa che un uomo fa visita alla camera da letto della donna di notte, per tornare poi alla casa della madre il mattino seguente. I figli nati da queste unioni, che possono essere casuali o durare per sempre, entrano a far parte del clan della donna.
Ad esempio, cinque tra fratelli e sorelle di La hanno tre padri diversi, sintomo che, nonostante le diffidenze e i dubbi che potremmo nutrire su questa tipologia di unione, il matrimonio in cammino funziona senza contrasti o problematiche particolari. Almeno nel Regno delle Donne.

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Naturalmente la situazione esistente a Lugu Lake ha portato il governo cinese, nel corso della storia, a darne rappresentazioni volutamente ingannevoli, tacciando gli abitanti di ignoranza, arretratezza culturale ed etichettandoli più di una volta come “selvaggi”.
Ovvio che il wlaking marriage sia l’elemento a cui i detrattori del modus vivendi dei Mosuo si aggrappano, tanto che a Luoshui, il principale villaggio turistico della zona, esiste un quartiere a luci rosse in cui le prostitute, provenienti prevalentemente del Sudest asiatico, si vestono in costume Mosuo e soddisfano le fantasie dei turisti, proprio per associare l’idea delle unioni della popolazione di Lugu Lake a qualcosa di sordido, proibito, trasgressivo.

Fonte: Patrick AVENTURIER/Gamma-Rapho via Getty Images

Eppure, sono proprio gli studiosi occidentali a rimarcare i lati positivi del modo di vivere, anche il sesso, che regna in questa comunità matriarcale: Eileen Walsh, antropologa alla University of Sydney, che ha esplorato la regione fin dagli anni ’90, assicura che quello dei Mosuo sia “un sistema in cui donne e bambini non vengono mai abbandonati, non esiste il divorzio, non hai figli illegittimi che soffrono per tutta la vita e non ci sono vedove“. Inoltre, è del tutto sconosciuto il classico meccanismo per cui una donna sessualmente attiva e libera venga additata o riconosciuta come poco seria. “Da una prospettiva femminista, la verginità non è un marchio di eccellenza, quindi a nessuno qui viene in mente di additare, incolpare o evitare una donna perché ha fatto sesso“. Infine, Eileen Walsh invita a non catalogare i Mosuo come una società matriarcale, dato che nella nobiltà della comunità sono comunque gli uomini a detenere il potere politico; è più corretto, pertanto, precisa la studiosa, parlare di società matrilineare e matrilocale.

A lungo nascosta per la posizione geografica che la colloca su un percorso piuttosto impervio, protetta dalla curiosità degli esterni e dall’accesso alla tecnologia, a Lugu Lake per decenni c’è stata solo una strada accidentata, mentre la corrente elettrica, attiva solo di giorno, è arrivata appena quindici anni fa. Eppure, forse la particolarità del luogo, o l’interesse suscitato dalla conoscenza del Regno delle Donne, hanno portato sempre più turisti a chiedere di visitare i Mosuo: nel 2012, anno in cui sembra essersi scatenato il fenomeno turistico nella zona, un milione e mezzo di turisti ha visitato la regione, quasi il triplo dell’anno precedente. È stata aperta una seconda strada e completato l’aeroporto, che, con i suoi 3.293 metri sul livello del mare, è il più alto dello Yunnan, situazioni che, agevolando l’ingresso dei forestieri, permette l’arrivo di quasi 500 mila visitatori in più. Non sono solo le vette verdeggianti che circondano un lago cristallino ad attirare i visitatori, anche le donne a capo della comunità, nelle loro lunghe gonne di cotone e i loro copricapo rossi, sono un’attrazione. Ma, nonostante il turismo abbia senza dubbio apportato benefici notevoli nelle casse di Lugu Lake, questi cambiamenti radicali della struttura sociale sono fonte di preoccupazione per i leader Mosuo. “I capovillaggio sono consapevoli che certe cose si stanno perdendo – dice ancora Eileen Walsh – Ma per chi viene mantenuta questa società pittoresca ma povera? Per la gente di città, che così può sentirsi in pace con se stessa sapendo che esistono ancora aree del genere“.

Riuscire a preservare l’integrità e le peculiarità del luogo, quindi, è davvero importante. Chissà se le donne del Regno accetteranno questa ennesima battaglia.

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