Il desiderio di essere accettate, la convinzione di essere più attraenti per gli uomini, la ricerca disperata del raggiungimento di un ideale estetico ritenuto perfetto. Sono tante e diverse le motivazioni che spingono le donne giamaicane a scegliere di sottoporsi a trattamenti per sbiancare il colore della propria pelle, ma alla fine tutti possono essere raggruppati sotto un’unica voce: razzismo. A questo tema così delicato e attuale Marie Claire ha dedicato un interessante reportage di cui vi vogliamo riportare alcuni passaggi.

Impossibile, infatti, non recuperare le radici di un fenomeno per nulla nuovo nel paese caraibico, ma senza dubbio alquanto sconcertante, in un problema atavico, intimamente connesso alla storia della nazione, fatta di dominazione coloniale, di schiavitù, di discriminazione. Se la tua pelle è più chiara piacerai di più agli uomini, sarai più bella, ecco perché le ragazze spendono centinaia di dollari in creme e lozioni sbiancanti per diventare “browning”. Che sono nient’altro che le persone con un colore di pelle leggermente più chiaro, quelle che, storicamente, nascevano dalle unioni delle schiave con i ricchi proprietari terrieri delle colonie o con i loro padroni, unioni che naturalmente erano per lo più illegittime, spesso persino forzate, ma che garantivano, ai nascituri, accessi agevolati a risorse e terre proprio in virtù del loro 50% bianco. Ed è un retaggio che resiste ancora oggi in Giamaica, dove, a ben vedere, i giamaicani più ricchi e più potenti generalmente sono proprio i “browning”, mentre i poveri sono per lo più neri. In questo contesto, sembra persino scontato che le ragazze ambiscano a sbiancare la propria pelle, come spiega il professor Christopher Charles.

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Una credenza che si tramanda nel tempo

Fonte: marieclaire

Come dicevamo, lo skin bleaching, lo sbiancamento della pelle, è un fenomeno profondamente radicato in una storia di schiavitù e di colonialismo. Ne è convinto Christopher Charles, professore di psicologia politica dell’Università delle Indie Occidentali, che ha condotto una vasta ricerca su questo argomento.

Si tratta di seguire standard che sono dettati dall’eurocentrismo – spiega a Marie Claire – È una risposta a centocinquant’anni di indottrinamento coloniale, che è passato attraverso la socializzazione fin dall’indipendenza.

Gli fa eco la dottoressa Donna Braham, dermatologa che si occupa di pazienti a Kingston e nella città turistica costiera di Ocho Rios.

Se consideriamo la maggior parte delle nostre pubblicità, in cui compaiono cose a cui le persone aspirano di più, vediamo raffigurate persone con una pelle più chiara. Questa è la realtà.

Nel 2011, alcuni giornali locali hanno riportato la notizia (naturalmente negata dagli interessati) che la prima agenzia di formazione giamacana, la Human Employment and Resource Training Trust, avrebbe ricevuto richieste, da parte dei clienti, di candidati “browning”, soprattutto per lavoro che richiedevano di occupare posizioni a contatto con il pubblico, o di front office.

È qualcosa che arriva dall’infanzia – sottolinea la dottoressa Braham a proposito della connessione implicita tra il tono della pelle e il successo – Ti fanno capire che, per diventare qualcuno nella vita, devi avere un certo tono di pelle.

Tanto che, per fare un esempio, la maggior parte delle vincitrici del titolo di Miss Jamaica sono proprio ragazze con un colore di pelle più chiaro, e loro vengono prese come esempio dalle coetanee e citate dappertutto, sui giornali, in televisione, mentre una diva del calibro di Grace Jones, giamaicana e scurissima, è praticamente sconosciuta.

In uno studio redatto dal Journal of Psychology dei Caraibi, il professor Charles elenca i tre motivi principali per cui le ragazze vogliono sottoporsi allo sbiancamento della pelle: vogliono una carnagione più leggera o più luminosa, sbarazzarsi delle imperfezioni facciali ed essere belle. Charles sottolinea che molte persone che sbiancano la pelle raggiungono l’obiettivo, e si sentono ricompensate.

La gente dice loro che sono bellissime: la gente le approva. Ci sono benefici sociali per la pelle più bianca, anche se è artificiale.

Fai che l’uomo ti veda -dice Kayalla Pierce, che vive nel quartiere di Kingston di Jones Town – Appari graziosa, come se fossi appena atterrata dall’estero.

In Giamaica, possedere i requisiti, anche fisici, per ottenere un visto e viaggiare come stranieri connota uno status privilegiato e decisamente più elevato.
Ma anche la cultura pop giamaicana ha permesso di perpetuare lo stereotipo che gli uomini trovino più attraenti le donne più pallide. La star di reggae Buju Banton, ad esempio, ha creato una controversia nei primi anni ’90 con la sua hit “Me Love Me Browning”.

Charles, tuttavia, sostiene che la decisione di sbiancarsi non sia necessariamente un rifiuto della cultura nera, né il risultato di un’autostima piuttosto scarsa. Chi si sbianca spesso ha gli stessi, bassi livelli di fiducia in se stesso rispetto a chi non lo fa. Il vero problema è che, dando una connotazione patologica a chi si sbianca per essere più attraente o guadagnare posizioni nella società, si ignora il focus reale della questione, ovvero il razzismo dilagante che li spinge a farlo. Si sta effettivamente incolpando la vittima.

Un mercato redditizio

Fonte: marieclaire

In Giamaica, il posto in cui le ragazze vanno per comprare le creme sbiancanti è un tratto di Princess Street, nel centro di Kingston. I negozi all’ingrosso, molti gestiti da immigrati cinesi, mostrano i prodotti dietro le griglie di vetro o di metallo. Al di fuori, i fornitori con scatole di creme si allineano sulla strada.

Ma il mercato è incredibilmente mirato per questa comunità. È un fenomeno globale attorno a cui girano miliardi di dollari, in particolare in Asia. Nel 2016, il mercato dei prodotti legali di “sbiancamento della pelle” è stato di 5,6 miliardi di dollari nella sola Cina, secondo la società di ricerca globale del mercato Euromonitor International. Julia Wray, redattore della rivista del settore cosmetici Soap, Perfumery & Cosmetics, dice che recentemente anche i consumatori dell’Occidente hanno iniziato  a mostrare un certo interesse verso l’argomento. I prodotti “Brightening” e “Anti-dark” hanno cominciato a decollare negli Stati Uniti circa sei o sette anni fa, mentre l’anno scorso è stato stimato un giro d’affari di circa 600 milioni di dollari.
I prodotti di sbiancamento della pelle arrivano in Giamaica da tutto il mondo: ci sono tubi di gel con nomi che evocano farmaci da prescrizione, come Neoprosone e Haloderm, realizzati in Svizzera; creme come Idole, che provengono dalla Spagna, oppure Bio Claire e Caro White. C’è la Bamakoise, chiamata così per via della città malese di Bamako. Alcune, come la Deluxe Silken, sono fatte a Kingston, a pochi passi dai quartieri dove sono così popolari. Molte donne ne utilizzano anche una chiamata Nadinola prodotta localmente, venduta in grossi secchi ai venditori di strada, che la dividono poi in piccoli sacchetti venduta a 75 centesimi o un dollaro e 50.

Jody, Tyeisha e le altre alla ricerca  della pelle da “browning”

Fonte: marieclaire

Jody, 22 anni, non ricorda di aver fatto una scelta cosciente per schiarire la propria pelle. Crescendo, vedeva soltanto che tutti, intorno a lei, lo facevano, le sue compagne di scuola, sua madre, sua zia. Così ha iniziato anche lei. Per nove anni, ha strofinato creme sul viso e sul corpo, coprendosi con collant e maniche lunghe che credeva avrebbero fatto funzionare meglio i prodotti. Il suo obiettivo era quello di trasformarsi in ciò che i giamaicani chiamano “browning”: una persona nera più chiara.

È bello quando i ragazzi ti sorridono e si voltano a guardarti- dice – ti chiamano ” Browning! ” e tu sai che sei nata nera.

Payne Land – dove Jody è cresciuta e vive ancora oggi – è uno dei quartieri a basso reddito della città, una distesa di palazzi tutti uguali sul bordo meridionale di Kingston, circondata dal quartiere industriale e dal porto. Le icone culturali nere di Bob Marley e Marcus Garvey si fanno sentire, ma l’importanza di avere la pelle chiara è decisamente più forte. Jody ha rinunciato allo sbiancamento solo dopo essere diventata cattolica praticante, e adesso che la sua pelle è tornata nera, giura che non permetterà mai alla figlia di sottoporsi agli stessi trattamenti.
Tyeisha Bailey, 25 anni, afferma che la sua routine per lo sbiancamento completo comporta la spremitura di un tubo di gel Neoprosone in una bottiglia di lozione Idole. Fa questo mix, potenzialmente pericoloso, due volte al giorno da un anno. Come loro, sono moltissime le donne che cercano disperatamente di ottenere una pelle più chiara, alcune hanno persino versato della candeggina per uso domestico in una vasca da bagno, per cercare di ottenere risultati migliori.

Nessuna di loro sembra preoccuparsi, anche minimamente, delle conseguenze potenzialmente devastanti che la continua esposizione a prodotti chimici potrebbero avere sul loro corpo e sulla loro salute, perché per queste donne, incredibilmente, l’accettazione da parte degli altri sembra essere molto più importante, persino rispetto al proprio benessere.

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