Omosessualità e pregiudizio, dicotomia persistente che non smette di essere, fastidiosamente, attuale. Libertà di poter vivere quella che è la propria natura sessuale contro libertà di portare avanti il proprio credo, o la tradizione della famiglia eterosessuale. Desiderio di non doversi nascondere rispetto a ciò che è il proprio essere e giudizi di chi etichetta gli omosessuali come “errori perversi”.

Si potrebbe davvero andare avanti da qui all’infinito per descrivere quello che è contrapposto sui due piatti della bilancia, ma la verità è, molto semplicemente, che ancora oggi l’essere omosessuale è visto come qualcosa di peccaminoso, di sbagliato.

Ma se pensate che questo accada solamente in alcune zone del mondo, quelle che paiono culturalmente e socialmente più distanti da noi, ancora radicate fortemente a retaggi storici o religiosi di epoche che furono, quelli che sbagliano siete proprio voi.

Non serve andare in Cecenia, ad esempio, dove i gay vengono addirittura torturati o uccisi, per trovare chi ancora condanna l’omosessualità relegandola nei peggiori gironi infernali. In misura – per fortuna- decisamente inferiore, e restando comunque nel pieno rispetto dei diritti umani più basilari, anche nel nostro paese il partito degli anti – gay è ben nutrito, e pronto a scendere in campo per esprimere il proprio dissenso verso le manifestazioni esplicite di omosessualità.

A finire nell’occhio del ciclone, e non potrebbe essere altrimenti, è soprattutto il Gay Pride, la tradizionale parata dell’ “orgoglio omosessuale”, che il 3 giugno scorso ha toccato Reggio Emilia, portando migliaia di persone, “armate” di palloncini rossi, bandiere rainbow e collane floreali a riversarsi per le strade della città emiliana.

Nello stesso giorno, in mattinata, alcuni fedeli, appartenenti al comitato di cattolici ortodossi intitolato alla Beata reggiana Giovanna Scopelli, hanno deciso di esprimere il proprio disappunto verso l’organizzazione dell’evento “blasfemo” in maniera del tutto pacifica; anzi, si potrebbe dire che hanno letteralmente “pregato” per gli omosessuali, allestendo una vera e propria processione riparatrice che, percorrendo per un breve tragitto le vie del centro storico, da Piazza Duca d’Aosta lungo via Emilia Santo Stefano, ha raggiunto Piazza Prampolini, dove si affacciano Duomo e municipio. Il gruppetto, composto da circa 350 partecipanti e “guidato” da una decina di sacerdoti – su tutti don Luigi Moncalero, parroco trevigiano principale promotore dell-anti “Remilia Pride“- ha così sfilato in un corteo, esponendo icone religiose, pregando rigorosamente in latino.

La manifestazione è stata senz’altro un bel successo – ha detto don Moncalero- Il Gay pride è una manifestazione che esalta il peccato e a un peccato pubblico serve una riparazione pubblica: da 2000 anni è così nella Chiesa e anche noi nel nostro piccolo abbiamo cercato di fare qualcosa.

Come riporta il Corriere di Bologna don Moncalero ha poi proseguito, continuando a mantenere i toni pacati che hanno contraddistinto lo svolgimento della processione, dove per fortuna non si sono registrati disordini ma solo un piccolo fuoriprogramma (durante il tragitto è infatti comparsa una maglietta con la scritta: “Alcune persone sono gay, fatevene una ragione“) ma senza esimersi dal ribadire la sua dura condanna agli omosessuali.

Io sono un sacerdote e non parlo dal punto di vista psichiatrico o psicologico. Per me l’omosessualità è un disordine fortemente fustigato nelle Sacre scritture. Se uno legge l’Antico testamento ‘Maschio e femmina li creò’, non ci sono scappatoie. Esaltare il peccato è invertire l’ordine della natura, cosa che tra l’altro porta all’estinzione. Ciò detto noi preghiamo per tutti, anche per chi andrà al Gay pride. Il primo scopo di un sacerdote è convertire i peccatori, se no cosa ci sta a fare. Ma essendo contro natura, come ho detto, non si può parlare di diritti.

Non è certo la prima volta che sentiamo associate all’omosessualità parole come “peccato” o “contro natura”:  esiste ancora una (incredibilmente) nutrita schiera di professionisti, psicologi, psichiatri, terapeuti, che non solo ha etichettato l’omosessualità come una patologia, ma ha addirittura cercato di sperimentare terapie e vere e proprie cure per far guarire chi “ne è afflitto”.

C’è anche chi, come la dottoressa De Mari, porta avanti persino una visione negazionista, affermando che non solo l’omosessualità non  esiste, ma che il rapporto sessuale omosessuale sia usato nelle iniziazioni sataniche.

Per fortuna a Reggio Emilia non si sono toccati certi livelli, ma è stato ribadito chiaramente il concetto: la Chiesa non potrà mai accettare o accogliere un omosessuale, che compie peccato addirittura secondo le Sacre Scritture. La processione in latino, tuttavia, ha diviso persino il corpo ecclesiastico locale, segno che, evidentemente, all’interno della stessa Chiesa non tutti sono così rigidi e chiusi sull’argomento.

La diocesi non ci sta

Fonte: web

L’anti “Remilia pride” ha diviso anche le gerarchie ecclesiastiche: se gli esponenti più conservatori lo hanno infatti appoggiato, la Diocesi di Reggio e l’ordine dei Carmelitani (di cui la stessa Beata Scopelli faceva parte) hanno deciso di prendere fermamente le distanze. In effetti anche lo stesso Papa Francesco, recentemente, ha dimostrato e tenuto più di una volta a ribadire di essere pronto a una clamorosa e storica apertura verso gli omosessuali, con frasi come “Chi sono io per giudicare?“. È, certamente, quella del Santo Padre, una posizione controcorrente rispetto alla tradizione cattolica, ma proprio quando gli vengono riportate alla mente queste affermazioni, don Moncalero ci tiene a precisare:

Distinguiamo sempre quella che è la persona da quella che è la funzione. Il Papa ha una funzione importantissima, più alto di lui non c’è nessuno. E quindi tutti i segni di rispetto vanno non alla sua persona ma alla sua funzione.

Anche il portavoce ufficiale del comitato organizzatore della processione, Cristiano Lugli, risponde commentando in maniera molto secca le frasi del Papa

È una frase che ha creato molta ambiguità.

Sulla stessa linea anche alcuni fedeli, tra cui uno, giunto da Napoli Antonio I.:

Qui oggi è come se avessero fustigato Cristo una seconda volta. Papa Francesco è il mio Papa ma quella sua affermazione fa rabbrividire: l’omosessualità è uno dei quattro peccati che gridano vendetta, come insegna la storia di Sodoma e Gomorra.

Insomma il dibattito è destinato a non spegnersi, e pare che trovare un punto di equilibrio sarà davvero molto difficile.

Ma non sarebbe molto più semplice, e decisamente anche più cristiano, rispettare la vita altrui, qualunque essa sia?

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!