Starbucks Aprirà (finalmente) anche in Italia?

Quante volte abbiamo letto la notizia dello sbarco in Italia di Starbucks? Troppe, tanto che a ogni nuovo annuncio cambiamo pagina convinte che si tratti dell'ennesima bufala. Alla quale potrebbe aggiungersi quella di questi ultimissimi giorni: abbiamo raccolto notizie pro e contro per cercare di fare un quadro della situazione. Lo berremo prima o poi 'sto benedetto Frappuccino?

Non è la prima, né la seconda e probabilmente nemmeno la terza. Diciamo che le voci di una prossima apertura di Starbucks in Italia si stanno rincorrendo su web e social per l’ennesima volta. E mentre alcuni sono pronti a giurare persino sulla data di apertura, altri parlano di una bufala bella e buona.

Procediamo con ordine, partendo dagli integrati, ossia da quelli che danno per certo l’arrivo della catena statunitense, fondata da Howard Schulz, nel Bel Paese. Il Corriere della Sera ha lanciato (di nuovo) per primo, la notizia, affermando che la trattativa sarebbe in corso, e che l’accordo dovrebbe essere firmato entro Natale, per aprire effettivamente nel corso del 2016.

Sempre secondo il quotidiano diretto da Luciano Fontana, i manager di Seattle starebbero lavorando da un anno a una trattativa con Antonio Percassi – 62 anni, natali a Clusone in provincia di Bergamo, ex calciatore del Cesena e dell’Atalanta di Bergamo, di cui ora è proprietario – una sorta di guru dei centri commerciali che ha spianato la strada all’affermazione in Italia di molti brand internazionali e che, nel caso in cui l’accordo venisse effettivamente raggiunto, dovrebbe fungere da franchising partner per l’Italia. Da via Solferino garantiscono che la negoziazione è in fase avanzata, per quanto sui dettagli sia mantenuto, come d’abitudine, il massimo riserbo. Il Giorno riprende l’annuncio del Corriere, e precisa che se nei giorni scorsi si era parlato di un’apertura a Roma, ora invece la città eletta sembra essere Milano. Anche Dissapore – testata di riferimento dedicata a locali e arte culinaria – darebbe per certa la notizia, puntando tutto sulla fondamentale intermediazione di Percassi.

La notizia continua comunque a suscitare dubbi non tanto – ci mancherebbe – per l’autorevolezza o meno delle testate che la rilanciano, quanto perché l’agognata possibilità di gustarsi un Frappuccino in Italia ha alle spalle una lunga storia di bufale, soprattutto sotto forma di eventi su Facebook. L’ultimo gridava all’apertura di Starbucks nel famoso centro commerciale Porta di Roma il 12 dicembre, con tanto di vendita biglietti per l’inaugurazione; manco a dirlo, la pagina è stata poi trasformata in petizione da arrampicatori di specchi: gli autori dell’evento avrebbero spiegato che la loro voleva essere un’indagine di mercato, e hanno rimodulato in loro evento in petizione per  far capire ai manager di Seattle quanto gli italiani siano a favore dell’arrivo di Starbucks in Italia.

Howard Schulz, dal canto suo, non ha mai negato un interesse verso l’Italia, il Paese che anzi circa trent’anni fa gli ha fornito l’ispirazione per creare il suo impero. Interesse che tuttavia non si sarebbe ancora trasformato in azione vera e propria – e da qui si diramano tutte le recriminazioni degli scettici –  a causa dei costi (una tazza qui da noi finirebbe per costare il triplo rispetto agli States) e per una tradizione nella caffetteria rischierebbe di far naufragare l’impresa; a Seattle mettono inoltre in conto le abitudini degli italiani, e sono convinti che continuerebbero a preferire una tazzina di caffè espresso sorseggiata al volo al banco rispetto ai classici bicchieri in carta di Starbucks. Senza contare quali potrebbero essere le reazioni dei bar e delle caffetterie di casa nostra.

A oggi, comunque, nella sezione Carriere Internazionali sul sito di Starbucks non c’è traccia di assunzioni in Italia. Vorrà dire qualcosa? Chissà. Non ci resta che chiudere con un adagio popolare: Chi vivrà vedrà.

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