Tutto il mondo ha atteso con il fiato sospeso quella che si è rivelata la più grande inondazione dell’ultimo secolo a New York: 15 morti lungo la costa orientale americana, milioni di persone senza elettricità, la metropolitana allagata. E un ospedale costretto a evacuare i suoi pazienti più gravi a causa di un black out.

Alle 8 di sera, l’una di notte in Italia, la metropoli ha cominciato a sprofondare nell’acqua: intere zone di Lower Manhattan, di Brooklyn e di Staten Island sommerse per un metro o anche un metro e mezzo. L’acqua si è infilata nelle stazioni della metropolitana, ha allagato molti tunnel. Allagate anche le piste dell’aeroporto Kennedy e di quello di La Guardia, i più affollati della regione.  

L’oceano ha invaso interi quartieri, è salito fino all’Upper East Side, la zona più elegante della città, dove la FDR, l’autostrada costiera, chiusa da ore, è diventata una specie di barriera frangiflutti, spazzata e spesso coperta dalle onde che hanno coperto anche York Avenue e hanno invaso perfino la Prima Avenue, nel tratto a nord della 94esima strada. Poi sono cominciate le esplosioni e gli incendi: prima è saltato un trasformatore della centrale elettrica della Quattordicesima strada, nella parte sud di Manhattan, che ha lasciato senza energia 500 mila famiglie di quella zona. Poi sono arrivate, a raffica, le notizie degli incendi di case invase dall’acqua a New York, ma anche a Long Island e in New Jersey: probabilmente dei corti circuiti che hanno alimentato le fiamme.Passata la mezzanotte, tuttavia, la forza dei venti ha cominciato a calare e le acque hanno preso a ritirarsi mentre l’uragano, «declassato» a ciclone tropicale, ha continuato la sua corsa verso nord. Anche oggi, intanto, scuole, uffici e Borsa di Wall Street chiusi.

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