Una protesta silenziosa si è fatta strada all’interno di Zara, brand della multinazionale Inditex: nelle tasche di alcuni indumenti firmati proprio con questo marchio e acquistati presso i negozi monomarca situati a Istanbul, sono stati trovati alcuni singolari biglietti con una diretta e chiara richiesta d’aiuto.

Ho realizzato io questo capo d’abbigliamento che ora stai comprando ma non sono stato pagato per farlo. Per favore, dite a Zara di pagarci.

Ecco come recita uno di questi messaggi, postato su Twitter da un utente del social il 30 ottobre 2017. Alcune parole scritte da chi quei capi li ha realizzati ma senza una benché minima retribuzione. A prendere in esame questa situazione è stata l’agenzia di stampa Associated Press: secondo quanto riportato dal sito internet, gli autori di questo disperato gesto sono i lavoratori della fabbrica turca Bravo Tekstil (una fra le numerose aziende incaricate proprio da Zara per produrre alcuni dei suoi abiti), i quali non stanno ricevendo i loro stipendi da oltre tre mesi. La causa? L’improvvisa chiusura della fabbrica Bravo stessa nel luglio 2016.

Nel settembre 2017, per far fronte a questa traversia e ingiustizia, 140 dipendenti hanno infatti aperto una petizione online sul sito internet Change.org invitando i grandi marchi Zara, Next e Mango a pagar loro i salari trattenuti da più di un anno. A seguito della questione dei messaggi nei capi, resa nota al pubblico dai social e dall’Associated Press, non sono mancate anche le dichiarazioni da parte del gruppo spagnolo Inditex (il quale detiene non solo il marchio Zara ma anche Bershka, Stradivarius, Pull and Bear e molti altri fino a un numero pari a oltre 100 aziende del settore moda).

Inditex ha soddisfatto tutti i suoi obblighi contrattuali verso la Bravo Textil e sta lavorando al momento con la IndustriALL affiliate, Mango e Next per creare un fondo pensato per i lavoratori danneggiati dalla Bravo. Questo fondo coprirà gli stipendi, le indennità, le ferie e altri pagamenti di cui i dipendenti non hanno usufruito a causa dell’improvvisa chiusura dell’agenzia nel luglio 2016. Siamo proiettati a trovare una soluzione per tutti quelli che hanno subito un danno.

Ha quindi dichiarato un portavoce sul sito ufficiale della società. Una protesta che sembra aver portato, quindi, a una possibile soluzione. C’è da dire però che il marchio Zara non è la prima volta che finisce sotto i riflettori dalla stampa per questioni di negligenza, plagio o sfruttamento: solo nella prima settimana di ottobre 2017, una dipendente proprio di Zara aveva denunciato in forma anonima a Francesco Iacovone, sindacalista dell’Usb, le gravi condizioni a cui devono far fronte ogni giorno i dipendenti del marchio. Ma non solo, nell’estate 2016 il colosso dell’abbigliamento era stato messo accusato di aver inserito impropriamente dei disegni di un’artista americana in alcune sue collezioni.

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