Scarificazione, quel rituale tribale che scava il volto e la pelle

Scarificazione, quel rituale tribale che scava il volto e la pelle
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La pratica della scarificazione (scarification in inglese) è tra le più discusse e dolorose nel mondo dei tatuaggi. Non ha nulla a che fare col tattoo classico che si realizza inserendo inchiostro nell’epidermide attraverso degli aghi, per ottenere un disegno: è qualcosa di più estremo.

Si tratta, fondamentalmente, di ferire la pelle per creare delle cicatrici (scar, appunto) a scopo decorativo attraverso l’utilizzo di una macchina chirurgica elettrica che brucia e poi cauterizza la pelle. Quando sono ancora aperte, le ferite vengono bagnate con acqua ossigenata o con succo di limone per impedire che la cicatrice diventi “tridimensionale” e garantire l’effetto “pelle scavata”. Il tattoo può anche essere colorato in un secondo momento.

Il dolore è la parte più spirituale del processo, che non è visto solo in chiave estetica. Proprio il controllo su di esso e il suo superamento è fonte di appagamento. E non solo: l’apprezzamento, quasi l’adorazione per le proprie scarificazioni corporee, deriva proprio dal considerarli il risultato di un processo di dolore. Le cicatrici divengono una sorta di trofeo, di medaglia da portare con orgoglio.

Origine della scarificazione

scarificazione
Fonte: pianetagaia.it

L’origine della scarificazione è tribale: le popolazioni africane se ne servivano per segnare il passaggio dall’età infantile a quella adulta. Si eseguiva con pietre, rasoi, conchiglie, coltelli, mettendo il soggetto a rischio infezioni o a rischio recisione di qualche nervo. Serviva a dimostrare la forza e il coraggio dell’individuo, il quale doveva sopportare in silenzio. Presso gli indigeni dell’America e gli aborigeni dell’Oceania era un rito religioso di purificazione, in cui si offrivano pelle e sangue.

Tra i gruppi etnici che ancora oggi praticano la scarificazione (intesa sia come piccoli segni sul volto che come veri e propri disegni estesi sul corpo) ci sono i Mursi dell’Etiopia, i Dinka, gli Yoruba, i Sokoro, i Mongo, i Bobo, i Mossi, gli Yakoma, i Sanga e i Baulè. Tra i Shilluk del Sudan la pelle liscia è vista in modo negativo ed è adatta solo ai bambini. Per i Boscimani la scarificazione è un sistema di rafforzamento delle capacità di caccia.

Come si realizza una scarificazione?

Esistono 4 tecniche principali di scarificazione, eseguite con strumenti appositi e non con la canonica macchinetta ad aghi:

  • branding (marchio a fuoco)
  • ice kiss (marchio a freddo);
  • cutting (incisione);
  • peeling (rimozione).

Il rispetto delle norme igienico-sanitarie stabilite dalla legge è fondamentale per la salute di chi si sottopone alla scarificazione. Essenziale è affidarsi a mani esperte e non procedere in modo amatoriale, valutando attentamente rischi e conseguenze della procedura (infezioni, postumi traumatici, formazione di cheloidi). Non tutti i tatuatori e body artist, infatti, eseguono la scarificazione.