Misoginia, perché l'odio per le donne è anche paura

Il termine misoginia deriva dalla crasi delle parole greche "misèō" ("odiare") e "gynḕ" ("donna"), e indica una serie di comportamenti e atteggiamenti - propri di alcuni uomini, ma anche di molte donne - che manifestano un sentimento di odio o di intensa repulsione nei confronti delle donne intese come categoria. Vediamone i dettagli.

Stupri di gruppo, femminicidi, abusi nei confronti di minori, violenza economica, verbale ed emotiva. La cronaca è ricolma di esempi di tali crimini umani, i quali, se osservati con la lente del patriarcato, presentano tutti una base comune: una latente – o più o meno manifesta – misoginia.

L’avversione nei confronti delle donne è, infatti, insita in modo così pervasivo e tellurico nel contesto socio-culturale attuale da invadere tutti gli ambiti della nostra vita e spargersi, molto spesso, anche tra le donne stesse, le quali interiorizzano la repulsione di certi uomini e ne assumono, facendole proprie, prospettive e discriminazioni.

Ma che cos’è esattamente la misoginia e come si esplica? Vediamolo insieme.

Che cosa significa misoginia?

Il termine misoginia deriva dalla crasi delle parole greche “misèō” (“odiare”) e “gynḕ” (“donna”), e indica, come accennato, una serie di comportamenti e atteggiamenti – propri di alcuni uomini, ma anche di molte donne – che manifestano un sentimento di odio o di intensa repulsione nei confronti delle donne intese come categoria (e non alla stregua di individui singoli, per i quali, invece, è possibile provare amore e affetto: si pensi, per esempio, alla madre, alla nonna o alla sorella).

Ad accompagnare la misoginia vi è, nella stragrande maggioranza di casi, l’idea che per le donne sia legittima un solo destino: quello di mogli e madri, “angeli del focolare” sottomesse agli uomini e da questi dipendenti. Ogni vagito di emancipazione è, così, soffocato e allontanato, al pari dell’eventuale successo lavorativo (oggetto di sospetto e derisione) e personale: tutto deve essere sottoposto al dominio del maschio.

Le cause della misoginia

Ma come e perché si sviluppa un sentimento d’odio nei confronti delle donne? Le cause possono essere molteplici, e possono derivare sia dal contesto familiare in cui si è cresciuti (fortemente impregnato di quello culturale), sia da esperienze specifiche che hanno causato avversione e aggressivo diniego.

Come si legge su Pazienti.it, i motivi alla base della misoginia potrebbero essere i seguenti:

  • Eventi traumatici;
  • Questioni socio-culturali;
  • Conflitti relazionali in ambito familiare e/o sociale;
  • Altre cause psicologiche o psichiatriche.

Ma a plasmare la misoginia vi è, tra gli altri aspetti, anche la paura degli uomini: il timore di vedersi minacciati sul luogo di lavoro – soprattutto per quanto concerne le posizioni apicali; la paura di perdere i propri privilegi – privati, familiari, economici, sociali, politici; il terrore di perdere il controllo e di essere intaccati nella propria mascolinità tossica, senza vie d’uscita.

Come ricorda la psicoanalista Marina Valcarenghi nel documentario Il popolo delle donne di Yuri Ancarani – presentato al Festival del Cinema di Venezia:

La misoginia è paura. Questo serve molto a noi donne, se ci pensiamo. Perché quando un uomo ha questo atteggiamento strafottente, arrogante, superiore, tollerante, indulgente nei confronti di queste donne che fanno strada nella vita, non si sa neanche bene come mai (quando si è giovani, ti fanno capire che pensano che hai trovato delle scorciatoie). Ecco, ci aiuta moltissimo per mantenere la mente fredda e lucida sapere che sta avendo paura di te, anche se non lo sa. Noi possiamo saperlo.

Le società costruite sulla misoginia

La misoginia può interessare tutti gli uomini, e può colpire in maniera trasversale tutte le società. Con una predilezione, però, verso quelle fondate sulle tre grandi religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo e islamismo.

Tutte e tre, infatti, hanno amplificato l’avversione nei confronti delle donne e hanno veicolato il messaggio secondo cui esistano solo due categorie, dove una (quella maschile) possiede supremazia e predominio nei confronti della seconda (quella femminile), che esiste solo in funzione della prima, ed è a essa sottomessa.

Se si leggono i testi delle religioni sopracitate, infatti, si nota che le affermazioni in esse contenute – come riportato dall’UAARnon siano poi così distanti dal maschilismo e dal patriarcato che ancora permeano la nostra società. Nella Genesi, per esempio, si imputa alla donna la colpa del peccato originale dell’intero genere umano, osservando con sospetto le figlie di Eva, le quali sarebbero contraddistinte, fin dalla nascita, da un marchio d’infamia. Infatti:

L’impurità della madre dura 7 giorni; 14 per una bambina. La sua purificazione esige 33 giorni per un maschio, ma per una femmina 70 (Lev. 12: 2-6).

La donna, poi, non possiede un’identità propria, bensì è proprietà del padre e del marito, dal quale è totalmente dominata. Nel Corano, ancora, Maometto afferma che:

Ho visto che la maggior parte di coloro che sono nel fuoco dell’inferno sono donne… [Poiché] esse sono ingrate verso i loro mariti e deficienti in intelligenza e religione. Esse sono pericolose e impure nei loro corpi e nei loro pensieri. Io non tocco la mano delle donne e bisogna impedire loro d’imparare a scrivere.

Senza dimenticare, infine, il Talmud ebraico, dal quale si evince l’assenza di considerazione riservata alla donna, per cui:

Tanto vale spezzare le Tavole della legge piuttosto che spiegargliele.

Le conseguenze e gli effetti

Ma quali sono le conseguenze di un odio così radicato a livello socio-culturale? Come riportato in apertura, e come si legge ormai quasi quotidianamente sui giornali, l’effetto precipuo è uno: la violenza, e tutte le sfumature che la caratterizzano, da quella verbale a quella economica, da quella fisica al femminicidio.

Un’avversione, quella nei confronti delle donne, che trova, poi, un’eco amplificata anche in rete, dove assume i contorni del revenge porn, quindi doxing, deep fake, stupri digitali, shit storm e affini. Senza distinzione: lo scopo primario, infatti, è quello di insultare, offendere, umiliare e ridicolizzare le donne, intese come una categoria scevra di merito e di rispetto, inferiore, nulla, al mero servizio degli uomini.

L’odio nei confronti delle donne, tuttavia, non è prerogativa maschile, bensì è stato così profondamente e pericolosamente introiettato da riguardare anche le donne stesse, le quali osservano le altre da un punto di vista maschile e maschilista, insultandole, discriminandole e rifiutandole. Di qui, ne derivano l’invidia, la gelosia e la repulsione, ossia i nemici della solidarietà e il terreno fertile per eccellenza di una misoginia sempre più pervasiva e invalidante.

Come superare la misoginia?

Per eradicare l’odio di genere e ripristinare una cultura del consenso e del rispetto, non c’è che un’alternativa: è necessario denunciare tutti i casi di misoginia e i crimini a essa correlati, non ridere alle battute sessiste (anche se “Non fanno male a nessuno”) e scendere in piazza, per contrastare gli episodi di avversione e combattere insieme una lotta che dovrebbe riguardare tutti, e non solo le donne.

Affinché ciò sia possibile, è, poi, opportuno intervenire in maniera educativa fin dalla prima infanzia, innestando in bambini e bambine i semi della parità e della tolleranza, della coesione e dell’inclusività.

Il cambiamento è ancora possibile, e tutti ne siamo parte: l’importante è smetterla di essere complici, riconoscere il potere delle nostre parole, delle nostre azioni e dei nostri discorsi e avviare una rivoluzione gentile che possa mutare dalle fondamenta una società basata su comportamenti che di umano e civile non posseggono proprio nulla.

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