Michela Andreozzi è una abituata a dire spesso e volentieri quel che pensa, senza filtri. Si era già espressa sul tema “scottante” della maternità, uscendo persino con un libro per chiedere alle persone di smetterla con le domande sui figli e confessando candidamente di non voler essere madre.

E, in linea con la sua persona, si è aperta sinceramente anche in uno degli ultimi post pubblicati su Instagram, dove ha parlato degli effetti benefici per la sua salute mentale del ricorso allo psicologo, cui si è affidata per superare le incertezze e le insicurezze che la attanagliavano negli ultimi tempi. Salvo poi scoprire…

Qualche anno fa, per un po’ – si legge nel post – sono andata da uno psicologo: sono fan della psicoterapia. Non che possa risolvere tutto – a volte una spalla, un amico, del vino, un pianto, un paio di stivali o una sana trombata fanno altrettanto – ma ci sono ferite di cui non ci accorgiamo che a volte la psicoterapia aiuta ad individuare, e così, semplicemente, si smette di sanguinare in quel punto nascosto. Ero insicura, spaventata: mi sanguinava l’incertezza.

E mi ero scelta il peggior percorso possibile: voglio dire, se sei insicura, non è che ti vai ad infilare nel ginepraio della recitazione e della regia, che ti danno meno garanzie di un governo tecnico, no? E invece io, sprezzante del pericolo, ero pronta a sfidare la sorte, il culo, il sistema, me stessa. Ma restavo piena di incertezze, che avrei voluto strappare via con la psicoterapia. Che fa anche rima.

E invece, incredibilmente, l’unica cosa che la terapia mi ha aiutato a capire è che potevo rimanere incerta. Vivere nell’incertezza, sguazzarci, guardarla e sorriderle come una amica scomoda ma fedele.
Ancora oggi vive accanto a me.
Ne è valsa la pena, se oggi posso fare quello che amo, che nella vita è il vero privilegio, indipendentemente dal successo. Che poi non si vince niente tranne che se stessi.

Ed eccomi qui, reggissa sul set, sotto la pioggia improvvisa, un attore in ritardo, mia madre che chiama, una copertura provvisoria per una location all’aperto. Eccomi qui a scervellarmi per non perdere la giornata, convincere una attrice, restare calma.
Eccomi qui, con un cappello da pescatore, l’impermeabile di un assistente, il reggiseno sportivo sotto a tutto ed un cerotto per il mal di schiena.
Eccomi qui, più essere umano che femmina, a gridare qualcosa a qualcuno, ridicola e grata, dentro un paio di galosce rosa. Il film esce il 10 ottobre, chi non va al cinema puzza, come me nella foto

Il film di cui Michela parla è Brave ragazze, in uscita il 10 ottobre, in cui Michela ha diretto un cast di tutto rispetto composto da Ambra Angiolini, Ilenia Pastorelli, Serena Rossi, Luca Argentero, Stefania Sandrelli e Max Tortora.

Attrice e regista, Michela è però prima di tutto una donna che rivendica la libertà delle proprie scelte, su tutta la linea. Che non si sente “meno donna” perché non avverte dentro di sé il desiderio di diventare madre, e che non ha paura di rivelare le proprie fragilità, riuscendo anzi a farne punti di forza e di orgoglio.

Del resto, le “brave ragazze” di cui parla nella sua seconda prova da regista dopo Nove lune e mezzo sono proprio l’allegoria di una femminilità capace di incarnare allo stesso tempo la visione “puritana” tanto amata dalla tradizione e la ribellione ideologica e morale figlia della cultura femminista. Sono donne desiderose di strappare i legami con quella mentalità maschilista che le tiene relegate al semplice ruolo di madri, mogli e donne devote, per regalarsi l’autonomia delle proprie scelte, anche sbagliate.

Sono, in sostanza, l’alter ego cinematografico di Michela e di tutte quelle donne che non si sentono “meno” perché non rispondono alle aspettative di una società ancorata a vecchi retaggi e concezioni.

Sfogliate la gallery per scoprire qualcosa in più su Michela.

Michela Andreozzi: "Ero insicura, spaventata, mi sanguinava l'incertezza"
Fonte: instagram @la_andreozzi_official
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