Per Massimo Troisi che sapeva di dover morire e l'ha fatto nel modo più irriverente

Per Massimo Troisi che sapeva di dover morire e l'ha fatto nel modo più irriverente
Fonte: web
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Le riprese del Il postino, l’ultimo film interpretato da Massimo Troisi, iniziarono nel 1993. Un anno dopo, appena finito di girare l’ultima scena, uno dei più grandi protagonisti del cinema e dello spettacolo italiano se ne andava, poco più che quarantenne. Fatale fu un problema alla valvola mitrale con cui aveva combattuto fin da piccolo. Michael Ratford, che lo diresse nella pellicola, diversi anni dopo ha raccontato in un’intervista alla Stampa quanto fosse stato difficile continuare a lavorare, mentre la sua salute precipitava.

Dopo tre giorni di riprese Massimo crollò e dovette andare via, però continuavamo a sentirci e lui mi chiedeva sempre qual era la mia impressione su quel poco che avevamo girato. Da quelle domande ho capito che voleva continuare a lavorare, così ci siamo messi d’accordo, Massimo avrebbe fatto il film girando un’ora al giorno, concentrandosi sui primi piani, mentre per il resto avremmo usato controfigure.

E, in effetti, per girare i campi lunghi e le scene in bicicletta, che Troisi non riusciva a sostenere, Ratford ingaggiò Gerardo Ferrara, che somigliava moltissimo a Massimo.

Le sette settimane di riprese previste, tra la Sicilia e l’isola di Procida, diventarono quindici. Troisi non stava bene, ma mostrava un coraggio e una forza di volontà senza fine. Tutti, intorno a lui, vedevano quello che stava accadendo, ma continuavano a sperare.

Massimo voleva davvero fare questo film nonostante la sua malattia. Sul set avevamo bombole di ossigeno, c’era perfino un elicottero pronto a trasportarlo in ospedale se fosse successo qualcosa. Lui era molto debole, dopo aver mangiato aveva bisogno di dormire quattro ore perché il suo processo di digestione era molto lento. Un giorno a Roma ho registrato la sua voce e realizzato diversi primi piani. Una serie di immagini che abbiamo realizzato nel caso la sua malattia fosse peggiorata.

Il regista ha ricordato con dolore quel periodo difficile, rischiarato solo dal ricordo dello spirito con cui Massimo Troisi affrontava la sua situazione. La sua nuova speranza era un trapianto a Londra, anche se si domandava cosa sarebbe stato della sua vita da attore, visto che viveva e lavorava con le sue emozioni. Emozioni che appartenevano al suo cuore, sebbene malato e fragile. Mai, però, scelse di abbandonarsi alla disperazione.

In certi momenti ero triste, anche disperato. Lo confessai a Massimo, e fu lui a consolarmi dicendomi che io avevo umanità, e che quella è uguale dappertutto e che a tutto il resto avremmo pensato noi, insieme.

Proprio Ferrara, invece, l’uomò che si prestò a fare la sua controfigura nell’ultimo grande film della sua vita, in una recente intervista, a 25 anni dalla scomparsa dell’attore napoletano, ha detto:

Mentre andava via, lanciò a tutti noi un saluto strano: ‘Vi amo tutti, non dimenticatevi di me’. Il giorno dopo morì.

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