Il suo nome è sconosciuto ai più, anche se Gerda Taro è stata non solo la prima fotografa donna di guerra, ma anche la prima a morire sul campo. Sebbene sia stata a lungo ricordata solo come la compagna del grande Robert Capa, co-fondatore della celebre agenzia Magnum, la sua breve vita merita di essere raccontata. E non solo per l’ultima sua foto, pubblicata dal Guardian, che la ritrae a letto e ferita, poco prima di morire.

A salvarla dall’oblio ci ha pensato, in Italia, Helena Janeczek con il romanzo-ricostruzione storica della sua vita, La ragazza con la Leica, edito da Guanda e vincitore del Premio Strega 2018.

Gerda Taro, vero nome Gerta Pohorylle, nacque nel 1910 a Stoccarda da una famiglia di ebrei polacchi. Nonostante le sue origini borghesi, fin da giovanissima entrò a far parte del Partito Comunista tedesco per lottare contro le disuguaglianze del suo paese adottivo. Dopo essere stata arrestata per la sua militanza, decise di fuggire a Parigi. E proprio nella capitale francese conobbe Endre Friedman, anch’egli ebreo e comunista, che le insegnò tutto quello che sapeva sulla fotografia.

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Si innamorarono subito e decisero di creare un personaggio fittizio, che potesse valorizzare il loro lavoro come fotografi. Fu così che, insieme, crearono la leggenda di Robert Capa. Endre abbandonò la sua identità ungherese per calarsi nei panni di un fotografo americano arrivato a Parigi per lavorare in Europa. E funzionò, visto che le offerte di lavoro cominciarono a moltiplicarsi.

Nel 1936 decisero di andare in Spagna per fotografare la guerra civile. Si rivelò una scelta fondamentale per la loro carriera, che li portò a realizzare molti reportage pubblicati in periodici come Regards o Vu. Gerda Taro, in particolare, si fece notare per la sua bravura e per il suo coraggio, che la portava a rischiare costantemente la vita per trovare lo scatto perfetto.

Solo un anno dopo, mentre Robert Capa si trovava momentaneamente a Parigi, la vita di Gerda fu spezzata tragicamente. Era l’estate del 1937, in Spagna, e Gerda stava tornando dal fronte di Brunete, aggrappata alla vettura del generale polacco Walter Swierckinsky, quando uno stormo di aeroplani tedeschi iniziò a mitragliare il convoglio. L’auto sbandò e lei cadde, finendo sotto i cingoli di un carrarmato. Ferita gravemente, morì all’alba del 26 luglio in un ospedale di Madrid.

La sua morte fu particolarmente atroce:

Gerda non perse conoscenza e durante il penoso trasferimento, che durò ore, all’ospedale di Madrid ‘El Geloso’ (zona dell’Escorial) si mantenne le viscere in sede con la pressione delle proprie mani; i testimoni ricordano un’incredibile freddezza e coraggio nella ragazza. Alcuni tra i migliori medici delle Brigate Internazionali le trasfusero plasma e tentarono di operarla senza anestetici e senza antibiotici (di cui non vi era disponibilità), di suturare la devastante ferita ma si resero subito conto che ogni tentativo non l’avrebbe mai salvata; il suo organismo non poteva più svolgere alcuna funzione vitale che si protraesse oltre le poche ore.

All’infermiera che dovette vegliarla fu indicato di somministrarle tutta la morfina possibile per non farla soffrire in quanto il decesso era inevitabile. La ragazza si preoccupava comunque delle proprie macchine fotografiche chiedendo “se si erano rotte”. Restò in vita e vigile sino all’alba del 26 luglio 1937; morì intorno alle ore 5 semplicemente “chiudendo gli occhi”. Gerda aveva 26 anni.

– Fonte Wikipedia.it

L’immagine che la ritrae durante i suoi ultimi istanti di vita è stata svelata dopo ottant’anni dallo storico ed ex militare britannico John Kiszely, figlio di Janos, il medico che è ritratto con lei nella foto.
In quelle sue ultime parole – “I rullini sono intatti?” – c’è tutto il coraggio di una donna coerente con i suoi ideali.
Endre, alias Robert Capa, non si riprese mai veramente dalla morte della donna che aveva amato. Continuò a inseguire la guerra e la morte fino al 1954, anno in cui morì in Vietnam per colpa di una mina.

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Diversi libri e biografie hanno cercato di raccontare la vita di Gerda Taro, autrice di molti scatti che a lungo sono stati considerati solo opera di Robert Capa. Tra le tante opere, il già citato La ragazza con la Leica, che ha ricevuto, oltre al Premio Strega 2018, il Premio Bagutta 2018, ripercorre i giorni di questa donna speciale.

Ho capito che Gerda è un personaggio così forte perché passa come una stella cometa nelle vite degli amici e degli amanti -, ha raccontato la Janeczek alla rivista Il Libraio. – E sono gli sguardi degli altri che ne restituiscono tutto la luminescenza, tutta l’energia inafferrabile. Questa donna sapeva tirare fuori il meglio dagli altri, come accade quando ti innamori e provi energie nuove, ti senti potenziato.

La ragazza con la Leica
Gerda Taro, la "ragazza con la Leica" e quella foto che la ritrae mentre muore
Fonte: International Center of Photography e John Kiszely
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