"Non sarò mai una signora", Loredana Bertè, la ribelle con un grande dolore dentro di sé

73 anni, da oltre quaranta sulla scena musicale, Loredana Bertè è una delle artiste più amate per la sua veracità. Fra ribellioni e il grande dolore per la morte della sorella Mimì, ripercorriamo la vita e la carriera di questa grande artista.

Non sono mai stata una signora e mai lo sarò. Anche a distanza di quattro decenni questa canzone continua a essere il mio manifesto. E se devo dire una cosa, la dico“.

Non ha mai avuto peli sulla lingua, Loredana Bertè, e di certo non vuol cominciare adesso, a 73 e con una carriera pluriquarantennale alle spalle.

Su uno dei suoi pezzi simbolo, fatto proprio anche dal femminismo, non nasconde una certa punta di orgoglio.

Non sono stata una vera e propria militante [del movimento femminista, ndr.] ma con la mia musica e con il look ho sempre cercato di abbracciare le idee del movimento, offrendo l’immagine di una donna libera, indipendente, combattiva, selvaggia.

Ha dichiarato nell’agosto 2022 al Messaggero.

Eppure, “signora”, nel senso canonico – e fortunatamente superato – del termine, Bertè lo è stata per due volte: la prima con Roberto Berger, figlio di un magnate, e poi con Björn Borg, tennista. La loro relazione, in particolare, fu oggetto di tantissime pagine di gossip, poiché osteggiata dalla famiglia di lui e complice la possessività dello sportivo che, stando alle dichiarazioni di Loredana Bertè, le avrebbe fatto annullare contratti miliardari.

Nel 1989 Borg tentò il suicidio e lei lo salvò: si sposarono poco più di sei mesi più tardi e lo furono dal 1989 al 1992. Nel periodo del suo matrimonio riuscì a riallacciare i rapporti interrotti con la sorella Mia Martini, a seguito di un ricovero per collasso: Mimì fu in Svezia per l’Eurovision, e di riflesso la stampa svedese si interessò moltissimo a quella che tutti vedevano come la cognata di Borg.

Durante la relazione con il tennista, Loredana Bertè tentò il suicidio nel 1991. Oggi, di quella storia travagliata la cantante dice:

Ho provato a essere una compagna di vita per Björn e una madre per suo figlio Robin. Ce l’ho messa davvero tutta per costruire una famiglia con l’uomo che amavo. Per lui lasciai tutto e mi trasferii in Svezia, prima di capire che l’amore è sopravvalutato: ti invade e ti finisce. Dopo l’ennesima lite furibonda fuggii a prendere aria sul molo. Era l’alba. Rimasi come ipnotizzata dal paesaggio del Mar Baltico. In spiaggia scrissi Da queste parti stanotte, che suonava come un addio: fu la colonna sonora della fine di quel matrimonio.

Schietta e verace, anche quando, in tempi recenti, ha attaccato duramente la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, Bertè ha convissuto per anni con un dolore lancinante, quello per la scomparsa della sorella Mia Martini, con cui ebbe, come abbiamo detto, un rapporto a fasi alterne, poi ricucito proprio negli ultimi anni di vita di quest’ultima.

“Provo una sofferenza continua e mi sento in colpa – ha dichiarato in un’occasione – Se le fossi stata più vicino magari le cose sarebbero potute andare diversamente. Non mi perdono di non aver usato il telefonino che lei mi aveva dato perché restassimo in contatto“.

Nonostante la carriera luminosissima di Loredana Bertè sia andata avanti e lei si sia saputa reinventare, rendendosi artefice di hit di successo come Cosa ti aspetti da me, canzone portata sul palco dell’Ariston dopo sei anni dall’ultima apparizione a Sanremo, o Tequila e San Miguel, prodotto da Takagi & Ketra e scritto da Calcutta e Tommaso Paradiso, non ha ovviamente mai smesso di pensare a Mimì, parlandone in varie occasioni televisive, come nel salotto di Verissimo, nel 2019.

La sogno che vuole una sigaretta – ha raccontato – Per questo ogni anno, per il suo compleanno, metto due sigarette davanti a una foto che ci ritrae insieme e le dico ‘questa è la tua sigaretta per quest’anno!’.

E poi ancora

Con Mimì è morta una parte di me. Quando sono sul palco la sento dentro e do tutto, anche se sono terrorizzata e ho gli attacchi di panico prima di uscire. Non respiro, ma penso a lei e poi esco. Dopo aver finito il concerto però, mi sento una persona migliore, sento di aver dato più di quello che potevo. Penso che Mimì oggi sarebbe orgogliosa di me.

Nara il 20 settembre 1950 a Bagnara Calabra, la sua famiglia è composta da quattro sorelle, Leda, Olivia e Domenica, che tutti conosciamo con il nome di Mia Martini. I genitori sono due insegnanti particolarmente severi, tanto che da grande Loredana Bertè racconterà i problemi dell’infanzia in un memoriale pubblicato su un periodico.

La svolta della sua vita avviene nel 1965, a seguito della separazione dei genitori: Bertè si trasferisce a Roma con la mamma e le sorelle. È nella Capitale che Loredana Bertè si avvicina al mondo dello spettacolo, dapprima come ballerina, poi come corista (anche per il primo disco di sua sorella Mimì) e infine come soubrette. Ma dobbiamo attendere il 1974 per il suo esordio come protagonista della musica italiana. In quell’anno esce Streaking, un disco a forte contenuto sessuale, che viene censurato anche per via delle immagini contenute al suo interno: lì Loredana Bertè è completamente nuda, fotografata da Mauro Balletti che poco tempo prima l’aveva immortalata per Playboy. Il disco dovette essere ristampato con una copertina diversa.

Non fu solo quella la censura cui Loredana Bertè e la sua opera sono sottoposte. Anche la canzone che l’anno dopo la portò al successo, Sei bellissima, suscitò numerose critiche, tanto che ne esiste una versione senza il verso

a letto mi diceva sempre non vali che un po’ più di niente.

Nella foto, Loredana con Renato Zero negli anni ’70.Nel 1976, dopo una relazione con il tennista Adriano Panatta e una simpatia con Red Canzian dei Pooh, Loredana inizia un sodalizio con Mario Lavezzi, sentimentale e musicale di lunga durata.

Ha sempre amato far parlare di sé e rompere gli schemi, Loredana Bertè: come quando, a Sanremo 1986, si esibì cantando Re, su una coreografia di Franco Miseria che prevedeva un costume col pancione. Dopo un quarto di secolo, Lady Gaga la citerà in una sua performance nel 2011, con lo stesso abito. Oppure quando, al Festivalbar 1982, comparve sul palco vestita da sposa.

Volevo fare un inno all’emancipazione femminile, al superamento dei cliché e dei luoghi comuni – ha spiegato al Messaggero quarant’anni dopo – Come il fatto di chiamare signore le donne sposate e catalogare le altre come signorine a vita. Non avviene la stessa cosa con gli uomini: nessuno chiamerebbe uno scapolo attempato signorino. Iniziai la mia esibizione con i capelli raccolti, il velo e il bouquet, prima di sciogliermi i capelli e liberarmi di tutto: era il mio grido di ribellione.

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