… E come tutte le più belle cose, vivesti solo un giorno, come le rose…

Non ha vissuto un giorno, Dolores O’Riordan, ma 47 anni, prima di decidere che la vita, per lei, non aveva più in serbo altro; che il dolore, il tormento e la sofferenza vincessero per sempre sulla bellezza, la sua, quella della ragazza arrivata da Limerick, parte sud occidentale della Repubblica d’Irlanda, per conquistarsi il mondo, e per raccontare, dotata di una voce incredibile e della sua chitarra, del sangue versato nella sua terra, delle donne, dell’amore e della morte.

Il 15 gennaio 2018 Dolores muore, sconvolgendo il mondo della musica, sua casa per quasi trent’anni; 28, per l’esattezza, ne erano passati da quando, nel 1990, la ragazza con lo sguardo timido e i capelli rasati, quasi una copia della ribelle Sinead O’Connor (irlandese come lei) sostituisce il cantante Niall Quinn, che un anno prima aveva fondato i Cranberries. Una bella rivincita, una donna come voce di un gruppo costituito da soli uomini, che negli anni sarà in grado di portare quella band nata nei sobborghi di Limerick ai vertici del mercato musicale mondiale, con oltre 40 milioni di copie vendute.

Eppure, nonostante il successo, la fama internazionale, i riconoscimenti e i soldi (tanti) guadagnati con la sua musica, in tutti questi anni Dolores ha sempre mantenuto quell’aria quasi smarrita, alienata; e quel sorriso, così significativo, capace di parlare senza che lei avesse bisogno di dire una parola. Quel sorriso appena abbozzato, quasi serrato, malinconico, nostalgico, che in fondo hanno sempre fatto emergere la sua fragilità di fondo, a dispetto della grinta da rocker, del trucco pesante e dell’immenso talento nello stare in scena.

Dolores viene trovata senza vita in un bagno di un hotel di Londra, dove si trovava per una breve sessione di registrazione. L’ultimo tweet, pochi giorni prima, la ritraeva con il suo gattone tra le braccia, il cappuccio sulla testa, pronta a partire.

Bye bye Gio. Ce ne andiamo dall’Irlanda.

Poche parole che, solo qualche giorno più tardi, sarebbero suonate tanto profetiche. L’ultimo album, invece, Something else, Dolores lo descriveva così:

Non è un titolo causale. Non dice per forza che ci sarà qualcos’altro e non dice nemmeno che questo sia un gran finale.

Le indagini dapprima hanno parlato di overdose di Fentanyl, ma dopo mesi si è capito come in realtà sia stata una dose massiccia di alcol a esserle fatale. Non si tratterebbe dunque di un suicidio, ma di un incidente, anche se è chiaro come la quantità di alcol (4 volte maggiore rispetto ai limiti) fosse sintomo di un malessere interiore. In fondo però non è tanto importante sapere come sia morta, ma il perché?

A un anno dalla sua morte i componenti dei Cranberries e la madre, Ellen, hanno ricordato i momenti più belli vissuti con lei e anche quegli ultimi passati insieme, prima che la cantante morisse.

Alle 2 del mattino di quel tragico 15 gennaio, Dolores ha chiamato proprio la mamma, come da lei stessa raccontato a Rolling Stones.

Mi ha parlato di tutte le cose che avrebbe fatto in quel periodo, era piena di vita. Ma qualcosa nella sua voce l’ha tradita, sapevo che stava bevendo, mi ha detto ‘Beh, mi rilassa e mi rende felice’’ Non ricordo cosa le ho detto, ho cercato di convincerla a smettere e pensavo che l’’avrebbe fatto.

Per la band, uscita con l’ultimo album, In the end, il 26 aprile del 2019 (l’ultimo lavoro per celebrare Dolores, hanno detto), è stato davvero difficile accettare la sua scomparsa, anche se il suo cambiamento era così evidente che sarebbe stato impossibile non notarlo.

“Quella Dolores e la Dolores di un anno prima erano due persone diverse – ha detto il chitarrista Noel Hogan – sembrava come se la nebbia si fosse sollevata e lei stesse uscendo da un periodo buio della sua vita. Lo aveva superato e poi è successo questo”.

Sembrava stare bene – gli ha fatto eco il batterista Fergal Lawler – chi lo poteva sapere? A essere sinceri, aveva degli alti e bassi. In alcuni giorni sembrava stare meglio, in altri sembrava stare male. Ma non mi aspettavo potesse accadere una cosa simile. Stava lavorando sui suoi problemi, si stava curando. Penso che quello che è successo sia stato solo un incidente”.

Perché una stella della musica, lei come Chester Bennington, come Chris Cornell, una persona che, agli occhi degli altri, di chi non conosce i meccanismi di un mondo che tanto sa essere gentile quanto impietoso, aveva tutto, aveva un malessere così grande da doverlo annegare nell’alcol?

Dolores, come forse Chris, Chester, non sopportava l’idea di restare “schiacciata” da una gabbia che, da dorata, poteva davvero trasformarsi in una prigione di ferro. Soffocante, opprimente, capace di levarti quella libertà di pensiero, o la voglia di semplicità, di normalità, cose che nessun sold out del mondo possono ridarti.

L’anima fragile di Dolores, che a Elisa, come la cantante friulana ha raccontato, aveva detto

Camminiamo e ci prendiamo per mano, la vita è prendersi per mano, non è una competizione…

Alla fine, forse, non ha più trovato mani che la accompagnassero; o le ha volute rifuggire, per lasciare che fossero i suoi mostri a guidarla, spingendola verso quell’ombra dove tutte le sue sensibilità, i suoi timori, hanno avuto la meglio.

A tre anni dalla sua scomparsa, di lei in noi restano il suo sguardo da bambina sperduta, costantemente sbarrato sul mondo come se fosse sorpreso dall’amore della gente, come se non ritenesse possibile che la gente si fosse accorta del suo immenso talento. La sua voce, talvolta rotta da quel velo di nostalgica tristezza tra un acuto e l’altro. E quel sorriso, quello accennato a malapena, di chi dei soldi, del successo, della fama, in fondo se ne frega. Perché la libertà, la semplicità e la normalità, in fondo, erano le uniche cose che chiedeva alla vita.

L'ultimo tweet di Dolores O'Riordan. Cosa lentamente uccide la bellezza
Fonte: web
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