Negli ultimi anni molti accaniti tabagisti si sono “convertiti” alla sigaretta elettronica, tanto che alcune stime indicano che è scelta dal 2% di italiani (2 milioni quelli che ne fanno uso occasionale o regolare).

A prediligerla soprattutto i giovani, la cui percentuale di utilizzo come consumatori è salita notevolmente nel giro di pochi anni: secondo i dati raccolti dall’indagine Global Youth Tobacco Survey (GYT), coordinata nel nostro Paese dall’Istituto Superiore della Sanità su richiesta del ministero della Salute, la sigaretta elettronica sarebbe stata scelta dal 17,5% di studenti, contro l’8% nel 2014. La percentuale, insomma, è raddoppiata in cinque anni o poco più.

La sigaretta elettronica (in inglese e-cig) è scelta per praticità e perché molti pensano che sia meno dannosa rispetto a quella tradizionale; ma siamo proprio sicuri che sia così?

Com’è fatta e come funziona la sigaretta elettronica

“Nata” in Cina, e successivamente diffusasi in Occidente a partire dal 2006, ogni singola sigaretta elettronica è composta dall’assemblaggio di più parti, che spesso vengono prodotte da aziende diverse, le quali possono essere vendute sia singolarmente che in appositi kit da montare, accompagnati anche da accessori necessari al funzionamento come il caricabatterie o i ricambi. Una sigaretta elettronica classica è composta da:

  • drip tip;
  • tank (o atomizzatore);
  • resistenza (o coil);
  • batteria;
  • display (nei modelli che la presentano).

Le parti principali di cui si compone sono atomizzatore, batteria e filtro: il primo, noto con il nome di Personal Vaper (PV), è il vero e proprio nucleo della sigaretta elettronica, alimentato dalla batteria e dotato di una resistenza che, scaldandosi, vaporizza l’aroma liquido. È lui, quindi, che trasforma il liquido in vapore.

La batteria al litio garantisce il corretto funzionamento dell’atomizzatore, ed è l’elemento che più di tutti influisce sul design del dispositivo; può essere attivata da un pulsante o, in modo automatico, tramite l’inalazione, cosa che garantisce un’esperienza più simile a quella della normale sigaretta, dato che è più naturale non necessita di interventi manuali.

Infine, il filtro, che ha generalmente forma cilindrica ed è di materiale plastico ipoallergenico, presenta due aperture alle estremità, una collegata all’atomizzatore, l’altra necessaria al fumatore per aspirare. Proprio il filtro contiene l’aroma del liquido “spinto” verso l’atomizzatore, ma è anche dotato di una camera separata laterale che permette al vapore di risalire ed essere inalato.

Per eliminare il filtro si può optare per il drip tip, collegato, come il filtro, all’atomizzatore, e che consente di versare il liquido contenuto direttamente su di esso.

A proposito di liquidi, ovviamente indispensabili per la sigaretta elettronica, si tratta di una soluzione di glicole propilenico, glicerolo e nicotina, che però può essere presente in percentuale variabile (in genere, tra 6 e 24 mg) o assente.

Le prime due sostanze provocano l’effetto fumo, e alla soluzione “base” è possibile aggiungere anche aromi alimentari, sempre in forma liquida e miscelati, in modo da ottenere ogni volta nuovi gusti.

Tipologie di sigaretta elettronica

Ci sono modelli standard di sigaretta elettronica in commercio, ma ognuna può avere delle proprie caratteristiche che consentono di avere prestazioni migliori o peggiori sotto diversi punti di vista: aroma, percezione del vapore attraverso la gola (hit), calore del vapore prodotto e fumosità, ad esempio.

Fra le principali tipologie di sigaretta elettronica abbiamo:

A.I.O. e Pod Mod

Questi modelli permettono di svapare semplicemente premendo il pulsante di erogazione del vapore e presentano solo le funzionalità di base, e possono essere considerati adatti ai principianti della sigaretta elettronica.

Sigaretta elettronica Bottom Feeder e Variwatt per i più esperti

Sono i modelli di sigaretta elettronica adatti per i più esperti e per chi ricerca un’esperienza aromatica più intensa; nella Bottom Feeder i il liquido è conservato direttamente nel serbatoio e viene trasferito all’atomizzatore grazie a un pulsante. Si può svapare fino a quando il cotone della resistenza, impregnato dal liquido, non si secca.
La Variwatt, invece, permette di regolare e controllare il wattaggio personalizzando la svapata.

Si può inoltre scegliere il proprio modello di sigaretta elettronica anche in base all’estetica, preferendola quadrata, rettangolare, a tubo, a scudo, ovale o compatta.

La sigaretta elettronica può essere scelta in base al tipo di tiro (di guancia, più vicino alla sigaretta classica, o di polmone, in cui si aspira direttamente con i polmoni, come suggerisce il nome, ed è quindi decisamente più forte rispetto al primo), ma anche in base alla batteria (con pila interna o esterna) e persino in base al numero di sigarette che si è soliti fumare al giorno.

​​​​​​​Si può poi guardare una sigaretta elettronica in base all’atomizzatore, scegliendolo con carica dal basso, carica dall’alto, possibilità di regolare il flusso d’aria o resistenza.

Ci sono vantaggi rispetto alla sigaretta classica?

sigaretta elettronica
fonte: web

Molti la preferiscono perché possono fumarla in alcuni locali, ma anche per questioni di salute, perché ritenuta meno dannosa rispetto alla sigaretta classica;  in effetti la sigaretta elettronica può essere utile per controllare la dipendenza da nicotina dei fumatori, dato che fumandola si evitano il catrame e gli altri gas tossici contenuti nel fumo di pipa, sigari e sigarette, esponendo a rischi più limitati. Restano però dei dubbi riguardo il fatto di rappresentare davvero un valido strumento per smettere del tutto di fumare.

Quel che pare certo è che i non fumatori dovrebbero evitare le sigarette elettroniche, dato che la nicotina favorisce ipertensione e diabete, mentre nei più giovani può addirittura interferire con lo sviluppo neurologico.

Ci sono però anche dubbi sulla non nocività delle altre sostanze contenute nelle e-cig (gli aromi, ad esempio), per questo molti studiosi sono concordi nell’affermare che la sigaretta elettronica faccia comunque male.

Perché la sigaretta elettronica fa male?

Lo chiarisce il chirurgo Ugo Pastorino sul sito dell’AIRC.

Diversi studi hanno segnalato nel vapore prodotto dalle sigarette elettroniche la presenza di sostanze potenzialmente dannose. Il glicole propilenico è usato da tempo, per esempio nei fumogeni impiegati nell’industria del cinema e nei concerti pop, ed è considerato generalmente sicuro, anche se alcuni studi indicano che l’inalazione prolungata può dare origine a irritazione delle vie aeree, tosse e in casi molto rari asma e riniti. Fra l’altro il riscaldamento del glicole propilenico e della glicerina può produrre formaldeide e acetaldeide, che, a dosi più elevate di quelle assunte con la singola e-cig, sono considerati cancerogeni certi inseriti nel gruppo 1 delle sostanze cancerogene dello IARC.

Altri elementi, come il diacetile, aroma utilizzato anche nel burro, sono sicuri in alcune forme ma meno in altre: quello citato, ad esempio, è sicuro se ingerito, ma è associato all’insorgenza di bronchiolite obliterante se inalato per lunghi periodi in alte concentrazioni.

Secondo uno studio pubblicato nell’aprile del 2017 su una rivista della Società americana di fisiologia i test preliminari effettuati sui circa 7.000 diversi composti aromatizzanti contenuti nelle sigarette elettroniche in vendita negli USA hanno permesso di stabilire che ciascuno di questi composti dovrebbe essere esaminato in maniera approfondita per determinare la potenziale tossicità.

Ma tra i pericoli possibili della sigaretta elettronica rientrano anche sia quello legato all’intossicazione per contatto accidentale con il liquido a base di nicotina (che si corre quando si fuma da sdraiati, ad esempio), e quello di intossicazione dei più piccoli.

Il particolare caso americano

Negli Stati Uniti sarebbero stati documentati circa 200 casi di pazienti affetti da una patologia legata potenzialmente all’uso delle sigarette elettroniche, apparentemente misteriosa e sui cui i medici tuttora si interrogano.

Nell’estate del 2019 una sorta di epidemia ha colpito persone tra i 17 e i 38 anni, in 22 Stati concentrati soprattutto tra il centro e il nord-est della nazione. Fra i sintomi manifestati da tutti c’erano mancanza di respiro accompagnata spesso da vomito persistente, febbre e stanchezza. Molti si sono ritrovati in terapia intensiva o attaccati a un respiratore, mentre tanti, meno fortunati, sono morti.

Come riporta un articolo del New York Times del settembre 2019, a un primo esame medico la patologia è apparsa come una polmonite virale o batterica ma le analisi successive hanno evidenziato l’assenza di infezioni. Alcuni casi hanno invece mostrato polmonite lipoidea esogena, patologia dovuta all’inalazione di oli o vaselina.

Responsabili di questa epidemia per molti sono state le cartucce contenenti THC, “fatte in casa” o distribuite da rivenditori non autorizzati, che potrebbero presentare composti nocivi se inalati. A partire da questi casi i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) hanno chiesto ai cittadini di evitare l’uso di questa tipologia di ricarica, ricordando che le e-cig non dovrebbero essere utilizzate da giovani, donne incinte e da adulti che usano abitualmente tabacco.

Nell’agosto dello stesso anno la Food and Drug Administration ha proposto di inserire 19 composti chimici nella lista dei costituenti dannosi e potenzialmente dannosi contenuti nei prodotti del tabacco, comprendendo anche le sigarette elettroniche e i loro liquidi. Fra i composti “indagati” ci sono appunto il diacetile, il glicole etilenico, e il glicidolo.

Già nel giugno del 2019 San Francisco era stata la prima città americana a bandire le sigarette elettroniche, per via dell’altissimo numero di giovani (aumentato di un milione e mezzo nel 2018) che hanno iniziato a usarle; nei mesi successivi anche il Michigan e  New York hanno bandito le e-cig.

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