Poiché il sonno profondo costituisce il momento fondamentale per il consolidamento dei ricordi, non sarebbe dunque la quantità, bensì la qualità del sonno a incidere sul funzionamento della memoria umana. 

L’OPTOGENETICA. Luis de Lecea H. Craig Heller, coordinatori del team della Stanford University che ha condotto la ricerca, hanno fatto ricorso a una nuova disciplina scientifica, l’optogenetica, che unisce tecniche di rilevazione ottiche a tecniche di rilevazione genetiche e permette di sondare i circuiti neuronali del cervello dei mammiferi. A differenza degli studi condotti finora sulle conseguenze di una cattiva qualità del sonno, l’optogenetica permette di agire sui singoli circuiti neuronali innescando un cosiddetto “potenziale di azione”, un meccanismo che permette lo scambio di informazioni tra cellule nervose, senza causare il risveglio del dormiente.

Gli studiosi di Stanford hanno favorito l’attivazione di canali neuronali sensibili alla luce, inviando direttamente al cervello degli impulsi luminosi, che hanno sì creato disturbo ma non hanno intaccato la quantità complessiva di ore dormite dalle cavie. In questo modo è stato possibile osservare le modifiche nella funzione di alcuni neurotrasmettitori, in particolare dei neuroni che produconoorexina ipocretina, molecole fondamentali per la conservazione di uno stato di veglia normale. Una volta sveglie, le cavie sono state rinchiuse in una scatola contenente due oggetti: uno familiare e uno sconosciuto. Dalla quantità di tempo passata dai roditori ad osservare gli oggetti, gli studiosi hanno concluso che gli animali non erano più in grado di riconoscere l’oggetto familiare proprio a causa dell’interruzione del ciclo circadiano. 

SPIEGATE PATOLOGIE COME L’ALZHEIMER. Lo studio della Stanford University non illustra solamente come una cattiva qualità del nostro sonno possa incidere negativamente sulle nostreperformance mnemoniche, ma dà una spiegazione anche a patologie quali l’Alzheimer e l’apnea del sonno. L’interruzione del sonno influisce su alcune nostre funzioni cerebrali, una tra tante il riconoscimento degli oggetti familiari, perché è proprio nella fase del sonno profondo che il cervello rielabora gli avvenimenti della giornata e seleziona quali elementi trattenere e quali, invece, rimuovere. 

UN’INTUIZIONE DIMOSTRATA. Già da tempo la comunità scientifica aveva percepito la necessità di spostare l’attenzione dall’aspetto quantitativo a quello qualitativo del sonno e la ricerca del team di Stanford ha dimostrato scientificamente questa intuizione.

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