Il suo utilizzo è previsto nella ricerca clinica e più in generale nel campo psicoterapeutico.

UN PO’ DI STORIA. E’ possibile trovare traccia di questa tecnica tornando indietro di 3.000 anni: è stata infatti rinvenuta una stele egizia del regno di Ramesse XI in cui si sono rimandi evidenti alla registrazione di una seduta ipnotica.

L’etimologia della parola “ipnosi” deriva dal greco “hypnos” cioè sonno e compare in letteratura dalla prima metà del 1800. All’epoca la scelta del termine fu fatta perché lo stato di trance aveva analogie con quello del sonno.

Prima di tale data, qualsiasi fenomeno inerente a tale stato particolare era considerato una manifestazione divina, diabolica o dovuto a pratiche magiche.

Con il passare dei decenni continuò ad essere considerata in modo altalenante come una buona tecnica o al contrario come un qualcosa di patologico fino a dopo la seconda guerra mondiale.

In quegli anni l’atteggiamento del mondo scientifico verso l’ipnosi migliorò notevolmente ed un autore in particolare, Milton Erickson, si dedicò al suo studio tanto da sviluppare una terapia chiamata “ipnosi ericksoniana”.

L’IPNOSI ERICKSONIANARispetto agli altri metodi di psicoterapia ipnotica, questa tecnica si avvale di procedure più elastiche ed adattabili alle caratteristiche di ciascun individuo.

Secondo l’autore l’ipnosi è “una condizione naturale che si verifica spontaneamente in diversi momenti della vita quotidiana” e che può essere indotta nel pieno rispetto delle esigenze e delle capacità della persona.

È essenziale però che tra terapeuta e paziente si crei una relazione di reciproco rispetto e collaborazione, un concetto innovativo rispetto al metodo ipnotico tradizionale.

I tempi di utilizzo, nel percorso di terapia, sono calibrati dall’ipnotista in base alle necessità e specificità del paziente con l’obiettivo di riattivare le sue risorse interiori.

La buona riuscita è però frutto dell’interazione tra paziente e professionista; a differenza, infatti, di ciò che si pensa comunemente, la trance ipnotica non si realizza unicamente su una persona distesa, rilassata e con gli occhi chiusi ma può essere generata anche attraverso una normale “conversazione” psicoterapeutica.

Rispetto alla psicoterapia classica, che prende in esame l’intera storia del paziente, l’ipnosi ericksoniana si concentra sulla comprensione del problema attuale, sui sintomi che comportano le difficoltà maggiori senza soffermarsi sulle radici più profonde del malessere ma intervenendo sulle manifestazioni immediate.

Nonostante i nostri problemi ci sembrino spesso insormontabili, sono in realtà dovuti solo ad una nostra risposta inadeguata e poco funzionale ad una situazione. Quindi a volte basta anche solo risolvere un singolo aspetto per produrre poi una reazione a catena positiva che favorisce la risoluzione di tutta l’intera condizione.

L’ipnosi strategica, dunque, ha come finalità principale di indirizzare l’altra persona verso un cambiamento spontaneo.

Ciò che caratterizza lo stato ipnotico, comunque, è il fatto di provocare un’esperienza di trance cioè “la perdita dell’orientamento nei confronti della realtà esterna e lo stabilirsi di un nuovo orientamento nei confronti di una realtà concettuale astratta”.

COME E DOVE UTILIZZARLA? Attualmente questa tecnica è utilizzata da molti professionisti, è ormai riconosciuta come una modalità naturale del funzionamento psichico e viene applicata in diversi ambiti clinici.

Il segreto della trance è infatti quello di permettere al paziente di rilassarsi ed abbattere le difese inconsce quindi è utile per aumentare la collaborazione alla terapia, per riacquistare energie dopo unagiornata stressante o raggiungere uno stato di concentrazione tale da riuscire a non sentire il dolore.

Tale tecnica, all’interno di una psicoterapia, consente infatti di ottenere buoni risultati nel controllo delle emozioni quindi è utilizzata nel trattamento dei disturbi d’ansia, di attacchi di panico, nelledipendenze (alcool, fumo, droghe, cibo) e nei disturbi alimentari per ristabilire un corretto rapporto col cibo in situazioni di sovrappeso, obesità, bulimia o anoressia.

Ad esempio, viene utilizzata nella pratica chirurgica per il controllo del dolore, per la preparazione all’intervento e nel post-operatorio; in ostetricia e ginecologia nella preparazione e nella conduzione del parto e nei disturbi ginecologici psicosomatici; in odontoiatria nel controllo delle fobie, delle ansie e del dolore; in oncologia nelle diverse fasi della malattia e come aiuto nella gestione delle emozioni e del dolore fisico.

Dott.ssa Cristina Colantuono

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