La Sindrome di Münchhausen per procura è anche chiamata “Sindrome di Polle” ed è lo stesso nome del figlio neonato del barone di Münchhausen, la cui morte è ancora avvolta nel mistero. Questo disturbo mentale è infatti tipico delle donne che causano sintomi fisici nei figli per il bisogno inconscio di attrarre stima e affetto su di sé attraverso l’attenzione che inevitabilmente le malattie del figlio ottengono da medici, familiari, amici e conoscenti.

Parliamo di un disagio psichico che però è un vero e proprio abuso!

L’amore per un figlio supera qualunque altra cosa e soprattutto non esistono termini per spiegare quanto possa essere grande questo amore. La protezione dei “cuccioli” è insita in ogni donna (chi più, chi meno): sarà per la prosecuzione della specie (come direbbe Darwin), sarà perché si investono su di loro molte aspettative e si desidera che un giorno queste siano confermate. Ma alcune mamme, per un eccesso di apprensione verso i loro figli, appaiono spesso anche apprensive, ansiose e talvolta eccedono nelle attenzioni e nelle cure rivolte ad essi.

Ma quando si parla di cure “eccessive”?

Qual è la linea di confine che separa una mamma apprensiva e preoccupata, forse un po’ più del dovuto, da una mamma che può far male al proprio bambino?

Analizziamo insieme i casi in cui un eccesso di cure corrisponde a un abuso nei confronti di un minore.

La sindrome di Münchhausen per procura è una forma di “ipercura” patologica che consiste in una vera e propria forma di abuso fisico e psichico. Per quanto sia rara, è anche piuttosto inquietante e allarmante, soprattutto se si pensa che questo abuso è messo in atto per la maggior parte dei casi dalla madre, proprio da colei che per prima instaura un rapporto di attaccamento con il bambino e dalla quale ci si aspetta che sia in grado di offrire, attraverso le sue interazioni con il piccolo, cibo, consolazione al pianto, scambio attivo di sguardi, abbracci e protezione.

La sindrome di Münchhausen consiste nella produzione deliberata o nella simulazione di segni e sintomi fisici o psichici in un’altra persona che è affidata alle cure del soggetto. Tipicamente la vittima è il bambino piccolo e il responsabile è la madre del bambino.

Ma cosa spinge una madre a comportarsi in questo modo?

Di solito la motivazione è da ricercarsi nel bisogno psicologico di assumere, per interposta persona, il ruolo di malato. Solitamente sono assenti incentivi esterni per il comportamento, come ad esempio vantaggi economici. Le persone affette da questa sindrome in realtà sono affette da una pluralità di sindromi psicopatologiche (vanno dalla psicosi al disturbo borderline o narcisistico di personalità) e che hanno come fattore comune la vittimizzazione del figlio attraverso l’ipercura.

Le caratteristiche del perpetratore vanno dall’eccessiva calma verso esami diagnostici anche invasivi e dolorosi, richieste eccessive al medico, una conoscenza approfondita della malattia del bambino e da un grande lavoro di selezione di contatti sociali del figlio. Spesso poi si sostituisce a lui parlando in sua vece. È tipico anche un continuo cambiamento dei referti medici in modo da evitare che possa venire ricostruita una storia clinica coerente del bambino.

Spesso le madri vengono viste all’esterno come delle vere e proprie eroine e così, preoccupandosi della salute del proprio figlio, godono della stima e dell’affetto delle altre persone.

E il padre, in questi casi assolve un ruolo marginale poiché è descritto come una figura passiva, indifferente e assente dalla vita familiare.

Un simile comportamento appare incomprensibile per il fatto stesso che si è portati a vedere le cure mediche come qualcosa che possa aiutare i nostri bambini e non come qualcosa che possa arrecare loro un danno, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Ma allora cosa spinge queste madri a perpetuare nei loro abusi?

Per quanto assurdo ci possa sembrare un simile comportamento, le sue origini si riferiscono di solito a perdite e lutti precoci e traumatici, esperienze di abuso e maltrattamento nella vita di queste madri. Fondamentalmente soffrono di una relazione interna con la propria madre di tipo traumatico e cercano di usare il figlio nel rapporto con il medico per compensare un’intensa angoscia di separazione.

È importante saper riconoscere questa sindrome, di cui non si parla poi molto, ma che agendo in sordina può essere ancora più pericolosa di qualunque altra violenza più manifesta, in modo tale da avviare il prima possibile una rete di protezione per il bambino in questione  ed evitargli qualunque genere di danno sia fisico che psicologico.

Purtroppo Jean Paul Sartre si sbagliava quando scrisse: “Più un figlio è costato lacrime agli occhi della madre, più caro è al suo cuore”.

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