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Aver paura d’innamorarsi troppo

non disarmarsi per non sciupare tutto

non dire niente per non tradir la mente

è un leggero dolore che però io non so più sopportare.

Non farsi vivo e non telefonare

parlar di tutto per non parlar d’amore

cercar di farsi un po’ desiderare è proprio un vero dolore

(Lucio Battisti)

 

Proprio di questo cantava Battisti alla fine degli anni ’70, una paura quindi conosciuta e condivisa da molti, vicina a noi e che quindi non necessariamente riguarda solo i pazienti psichiatrici.

La philofobia è proprio la paura di innamorarsi, di lasciarsi andare, soprattutto nei primi mesi di rapporto, a quella meravigliosa sensazione legata ad un’altra persona e che ci spinge ad idealizzarla, a crederla perfetta, a dedicarle tutti i nostri pensieri, a perdere l’appetito, a provare un forte desiderio di passare più tempo possibile con lei.

Oltre a queste sensazioni idilliache, innamorarsi significa anche adattare la nostra vita all’altro, a smussare parte del nostro carattere, a modificare alcuni nostri atteggiamenti e comportamenti per adattamento e anche per quieto vivere.

Un cambiamento che avviene naturalmente e di cui la spinta dell’amore non ci fa rendere conto, tanto che guardiamo increduli gli amici quando ci dicono: “Ma non ti riconosco più! Che ti è successo?!“.

La philofobia non ci permettere di partecipare attivamente a questo “film”: siamo parte del cast ma non impersoniamo a fondo il ruolo, non siamo coinvolti e non siamo pronti a “concederci” profondamente all’altro, non accettiamo di lasciarci andare all’intimità, di condividere in modo autentico e profondo.

 

Quali sono le cause della philofobia?

Un percorso terapeutico con uno psicologo può aiutare a far emergere le cause alla base di questa paura, sempre diverse a seconda di chi racconta, dei suoi vissuti, delle sue esperienze…

Un filo conduttore però accomuna chi ne è affetto: è una modalità per difendersi dalla parte oscura dell’amore, non amiamo per non soffrire.

Se l’amore non entra nella nostra vita… è perché non gli abbiamo permesso di entrare.

Le motivazioni possono essere centinaia: le cicatrici di una precedente delusione sentimentale che impediscono di provare nuovamente a mettersi in gioco, l’incapacità a mostrarsi sinceramente all’altro, nelle proprie debolezze e nei propri difetti, l’abitudine e l’egoismo di non abbandonare lo stile di vita e le libertà dell’esser single…

Spesso le cause nascono dall’infanzia, dall’esser cresciuti in una famiglia in cui non ci hanno insegnato ad amare, nè a riconoscerlo, in cui non si è abituati a lasciarsi andare all’affettività, a dimostrazioni d’affetto, a parlare di sentimenti ed a condividerli oppure a bisogni e richieste di affetto non corrisposte dai genitori, al sentirsi rifiutati da loro, non accettati, non voluti…

Non si trasmette questa paura consciamente ma chi non sa abbandonarsi ai legami profondi, necessariamente crescerà un figlio tramandandogli questo rifiuto.

Queste situazioni, le risposte ottenute e la delusione si sedimentano ed in effetti sono le uniche modalità che si conoscono e che quindi si ripresentano nei rapporti sentimentali successivi. Non ci si dà la possibilità di cercare una disconferma perchè spesso non si sa proprio che esista.

È questo automatismo il più pericoloso: si dà per scontato che dimostrando amore si riceveranno sempre rifiuti o umiliazioni oppure si dà per scontato che i rapporti non possono che essere superficiali.

 

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Chi è il philofobico?

Chi vive questo blocco, è animato da insicurezza, incapacità di tranquillizzarsi ed abbandonarsi al sentimento, ha paura di sperimentare l’amore ed un rapporto di coppia profondo e sincero. Spesso è una paura inconscia, di cui non ci si rende conto, che non si sa spiegare nè ammettere spesso ma che è alla base di tanti atteggiamenti e comportamenti che portano a non far crescere un rapporto.

È una fobia a tutti gli effetti quindi si provano esattamente gli stessi “sintomi” che si possono presentare davanti ad un cane, per chi ha paura dei cani, o davanti ad un viaggio in aereo per chi ha paura di volare: una paura marcata, persistente, eccessiva o irragionevole, una risposta ansiosa di fronte allo stimolo fobico, attacchi di panico, crisi d’ansia, disturbi del sonno, forme depressive….

Questi stati d’animo portano quindi il philofobico ad evitare la situazione fobica, a provare ansia anticipatoria o disagio se la si sta vivendo…. il risultato è che non si riesce ad instaurare un rapporto di coppia empatico e profondo e ci si priva di una delle gioie della vita: amare ed essere amati.

Sono le classiche persone single a vita che si buttano a capofitto nel lavoro, nello sport, nei viaggi e che quindi hanno una vita piena… e che si nascondono dietro a tutti questi impegni per poter dire che è troppo piena per “pianificare una storia”, troppo piena per trovar spazio per un partner.

Con gli anni spesso si rendono anche conto di aver perso un’occasione, di essersi costruiti attorno una gabbia d’oro, una gabbia che li ha difesi senza dubbio ma che non ha permesso di uscire neanche a loro.

Tiziano Ferro canta infatti: Ho passato tanti anni in una gabbia d’oro, sì forse bellissimo, ma sempre in gabbia ero….

Altre volte invece possono anche vivere rapporti di coppia, anche duraturi che sfociano in un matrimonio con figli e che vanno avanti anni ed anni… ma comunque sono unioni caratterizzate da un rapporto superficiale: il philofobico non si espone sentimentalmente, non si fa coinvolgere, non si apre nel profondo, è chiaramente in grado di dire “ti amo” ma poi non sa dimostrarlo con l’anima, non è in grado di mettersi nei panni dell’altro, di esser presente ed anche di appoggiarsi a lui se necessario, di confidarsi….

Ed ancora, spesso per alcuni il sinonimo di intimità è il sesso, il contatto fisico illude di arrivare ad una intimità immediata, che scavalca le fasi della conoscenza reciproca, del dialogo, delle confidenze…

 

Come guarire dalla philofobia?

Il primo passo è sempre l’ammetterlo a sè stessi, il rendersi conto che alla base delle nostre scelte di vita, dietro a frasi come “non sono tagliato per i rapporti” forse c’è proprio questa paura anche se ben nascosta e sotterrata…

Una bella chiacchierata con uno psicologo può aiutare a comprenderne le motivazioni ed il percorso più idoneo a superare questo blocco, anche con un percorso di poche sedute.

E’ bene poi ricordare che la vita ci pone in continuazione davanti al rischio di scegliere, uscire dal nido per gli uccellini è sempre un rischio ma sulla bilancia c’è anche la possibilità di ritrovarsi nell’immensità del cielo a volare felici…

Quindi è bene ripetersi alcune cose:

– non rifiutiamo completamente la possibilità di innamorarci e di vivere un legame stabile e duraturo;

– non abbiamo la sfera di cristallo, non possiamo sapere come andrà a finire una storia quindi non ha senso dare per scontato che l’esito sarà negativo… soprattutto perchè, proprio per il meccanismo della profezia che si auto-avvera, poi siamo predisposti a far sì che ciò avvenga;

– evitiamo i paragoni con gli amori passati, ognuna storia è diversa perchè ogni coppia è diversa;

– se condividiamo un forte sentimento, parlare e confrontarci con il nostro partner può dimostrarci che è possibile anche condividere con lui fiducia, capacità di ascolto, disponibilità ed empatia.

 

Non aspettiamoci dalla vita un rapporto perfetto… perchè la perfezione non esiste.

Ed anche le storie finite, seppur dolorose, ci hanno lasciato qualcosa, ci insegnano qualcosa e ci hanno fatto diventare quello che siamo ora.

Vale sempre la pena di rischiare se in palio c’è l’amore….

 

Abbandonarsi senza più timori senza fede nei falliti amori

e non studiarsi ubriacarsi di fiducia

per uscirne finalmente fuori

(Lucio Battisti)

Dott.ssa Cristina Colantuono

Cristinacolantuono@gmail.com

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