Un commento poco elegante ad una foto caricata su Facebook può costare un risarcimento di 15mila euro. Proprio così: il Tribunale di Monza ha già inflitto questa condanna ad un utente del social network per una condotta diffamante nei confronti della ex fidanzata. 

 

Il giudice ha ritenuto che le parole postate sul social network erano un insulto al decoro, all’onore e alla reputazione della donna, determinandone un danno morale.

Il reato di diffamazione ricorre in presenza dell’inserimento di frasi offensive, divulgazione di notizie riservate che possono provocare pregiudizi, foto denigratorie e ogni cosa per la quale la pubblicazione può avere ripercussioni negative sulla persona.

Esempi di diffamazione possono essere:

– creare il gruppo “Quelli che odiano il proprio professore di matematica”;

– rivelare sulla propria o altrui bacheca una relazione extraconiugale del proprio collega di lavoro con la segretaria;

– inserire la foto della propria ex fidanzata nuda o in atteggiamenti piccanti.

 Per parlare di diffamazione, l’offesa deve essere rivolta a un soggetto determinato o determinabile (cioè ad esempio menzionando nome e cognome). Se si parla male di una persona senza far capire di chi si tratta non c’è reato. Il reato invece sussiste se si inseriscono riferimenti che consentano di risalire alla persona offesa. Le pene previste per la diffamazione a mezzo internet sono la reclusione da sei mesi a tre anni o la multa non inferiore ad euro 516.

È responsabile anche ci non cancella la pubblicazione una volta venuto a conoscenza del problema recato all’altra persona. Il vero problema però non è rappresentato dalla pena ma dai costi connessi al procedimento penale, ovvero: il legale della parte civile, il proprio legale e il risarcimento danni provocati alla parte lesa.  Lasciate correre quindi malumori e invidie. Fatelo per il vostro portafoglio. 

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