Allora, salve bambini e bambine e ben ritrovati.

So che speravate di esservi liberati di me con il parto, ma a volte la vita riserva sorprese!

Arianna ha un mese e mezzo e io approfitto di una delle brevi pause a mia disposizione per scrivere due righe su com’è la vita dopo l’evoluzione in “mamma”.

Anzitutto, il parto per noi non è stato nè bello nè dolce. È stato difficile, doloroso e stressante per entrambe e quindi non ne parlerò se non per un piccolo particolare: la nostra cicogna, un’ostetrica di nome Simona, si è guadagnata il paradiso. È stata l’ancora di salvezza in quei momenti terribili e spero che il karma le scarichi addosso interi camion di infinite dolcezze per tutta la sua vita. Dovrebbero essere tutte come lei!

Detto ciò (mi sembrava doveroso) partiamo dai primissimi giorni e dalle prime osservazioni:
Fare la mamma è divertente.
Non me lo aspettavo affatto, anzi, mi ero preparata a qualcosa di frustrante e noioso nei primi mesi, invece io e la mia Nina stiamo benissimo insieme e lei mi aiuta a superare ogni difficoltà. È un perfetto rapporto di collaborazione, siamo una vera squadra operativa.
Le difficoltà, inutile negarlo, esistono.
In primo luogo, per me è stato spiazzante guardarmi allo specchio dopo il parto:
gialla come una candela (ma in pura cera d’api, perchè a noi ci piace bio), con i capelli a spaventapasseri, le occhiaie nere e la forma a caciocavallo, sembravo pronta per iniziare la mia carriera nelle serie tv: il cadavere in CSI, ad esempio, mi sarebbe venuto benissimo.

Oltre a questo, nelle prime due settimane, ho pianto in modo quasi continuativo. Ragioni puramente ormonali, intendiamoci, ma ragazzi che spargimento di muco!
La scena era piu o meno questa: io che dormo, Nina che dorme.

Lei si sveglia e piange, io la guardo e piango. Non vi dico come mi guardava quella povera bambina! Sembrava alquanto perplessa sull’opportunità di affidarsi ad una tizia che piangeva quanto lei e, come lei, mangiava ogni tre ore!
Altra cosa che mi ha lasciata stupita è stata l’estrema difficoltà dell’imparare ad allattare al seno.
Ero convinta che fosse istintivo, naturale. Del resto, io ero anche convinta che quando mio padre mi diceva “gli uomini pensano ad una cosa sola” si riferisse al sesso, mentre è notorio che in realtà sia il cibo il pensiero fisso.
Bisogna imparare ad allattare. E lei ha dovuto imparare a prendere il latte dal seno.
Allo stesso modo abbiamo dovuto imparare a capirci, a toccarci nel modo giusto (ad esempio lei odia i baci sul collo), a cambiare il pannolino (io) e a non farsi andare di traverso ogni singola cosa che passa per la bocca (lei).
Molte persone che aspettano o desiderano un figlio mi chiedono:
“È difficile? Come te la cavi? Come fai a fare…?”
La questione è semplice: me lo insegna lei. Ha un fantastico allarme incorporato, un po’ come “l’allegro chirurgo” e quando sbaglio qualcosa…“eeeeeooow! eeeeeoow!” E via così finchè non faccio la cosa giusta.
In compenso, anche lei sta imparando a gestire me. Sta imparando che è meglio avvisarmi con qualche richiamo gentile prima di attivare la sirena antinebbia (onde evitare che io finisca direttamente dal letto al soffitto per la paura) e che quando mi allontano, non mi allontano mai di molto.
Si impara l’una dall’altra e si va avanti. Coccolandosi, sbagliando, perdonandosi, amandosi.
Tutto qui.
Dalla prossima volta poi facciamo due chiacchiere sui consigli dei cosiddetti “esperti”… e sulla tremenda vendetta che ho studiato per tutti quelli che mi raccontavano le storie horror sul parto!
Per ora vado, siamo ad allarme 1 e c’è un pannolino da cambiare!
Ah…-11. Kili. Prima di tornare me stessa.

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