Gli ultimi messaggi di Emily prima di morire: "Merito le botte, è colpa mia"

Lui la picchiava, la prendeva a schiaffi e la minacciava: lei, ancora troppo fragile, ha deciso di farla finita giustificando la violenza del suo ragazzo. Ora, per volontà della madre, le sue parole sono diventate una campagna contro la violenza sulle donne.

“Me lo merito, è colpa mia. L’ho fatto arrabbiare”, questo l’ultimo messaggio di Emily Drouet, una 18enne che si è tolta la vita dopo essere stata picchiata dal suo fidanzato nel marzo 2016. La giovane riteneva di essere in torto, sostenendo persino che le percosse fossero giustificate dal suo comportamento. E, così, ha deciso di farla finita. Ora, grazie ad una campagna di informazione voluta fortemente da sua madre, i pensieri di Emily – quelli che aveva confidato alle amiche sia con sms sia via mail – sono stati affissi all’università di Aberdeen, quella che la ragazza frequentava con grande profitto, e in altre università scozzesi, affinché siano da monito per altre studentesse. Una campagna d’informazione che serva a far capire alle donne che la violenza non è mai giustificabile, che non sono sole, che una via d’uscita c’è”, come ha detto Fiona, la mamma di Emily, le cui parole sono oggi riportate dalla principali testate mondiali.

Emily ha conosciuto il suo ragazzo all’università: si è innamorata subito di lui, del suo modo di fare, del suo essere sportivo, bello e sicuro di sé. Uno studente di psicologica modello, sembrava essere il suo ragazzo ideale e, invece, in poco tempo si è rivelato un uomo violento che la schiaffeggiava e la prendeva a calci.

Strazianti sono gli scambi di messaggi con le amiche. “Tesoro, non te lo meriti, non stare da sola con lui, denuncialo alla polizia” scriveva un’amica. E lei: “Sì, invece, me lo merito”. La famiglia di Emily non si dà pace per la sua morte:

“Emily era una ragazza piena di vita, equilibrata, sempre di buon umore. Che si sia ridotta a credere di essere responsabile delle violenze fisiche e psicologiche mostra l’insidiosa e pericolosissima dinamica di queste relazioni […] Non ci siamo ripresi e non credo che riusciremo mai a superare completamente ciò che è successo”

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Il fidanzato di Emily, che ha ammesso di averla picchiata ma non di averla indotta al suicidio, è stato condannato a 180 ore di servizi comunitari.

La scelta di Fiona è la scelta di una madre che oggi si chiede se la tragedia della figlia avrebbe potuto essere evitata, grazie a una maggiore consapevolezza di sua figlia e delle amiche che non hanno saputo aiutarla o chiedere aiuto per lei:

Come possiamo aiutare le ragazze a capire che si deve chiedere aiuto? Le più giovani spesso non si immaginano come vittime di violenza

Emily, del resto, si era confidata anche con un consulente scolastico, che non aveva però capito la gravità della situazione. Mentre l’ex fidanzato di Emily si è dichiarato colpevole sia di averle inviato messaggi oltraggiosi sia di averla colpita fisicamente. È stato condannato a 180 ore di servizi comunitari, una pena che non allevia il dolore della famiglia di Emily. «Non ci siamo ripresi, non credo che riusciremo mai a superare completamente ciò che è successo», ha commentato Fiona Drouet. «Uno dei miei obiettivi  è che ci sia un minimo di addestramento per questi consulenti, spesso giovani e inesperti quasi quanto gli studenti che dovrebbero aiutare».

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