Lo aveva detto, Marieke Vervoort, atleta paralimpica belga, sprinter su sedia a rotelle: avrebbe deciso lei quando porre fine alla sua vita, avrebbe scelto quando morire.

Il suo annuncio aveva scioccato il mondo sportivo già da quando Marieke aveva confessato la sua decisione poco prima delle Olimpiadi di Rio 2016

La mia carriera finirà con Rio – aveva dichiarato la quarantenne oro Olimpico a Londra 2012 – dopo vedrò quello che la vita ha ancora in serbo per me, ma sto seriamente iniziando a pensare all’eutanasia.

E oggi, quella decisione è diventata realtà: Marieke ha deciso di togliersi la vita il 22 ottobre, facendo ricorso proprio all’eutanasia nella sua Diest, la città natale in Belgio, in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Vincitrice di un oro e di un argento rispettivamente nei 100 e nei 200 metri nella categoria T52, oltre che di ben 5 titoli mondiali, Marieke soffriva di una grave malattia neurodegenerativa dall’età di appena 14 anni, e nel 2008 è stata costretta sulla sedia a rotelle. Un tempo triatleta, sapeva che il male da cui era affetta l’avrebbe condotta lentamente allo stato vegetativo, e questo era esattamente ciò che lei era ben determinata a evitare.

Sono davvero spaventata – diceva – ma quei documenti (quelli per scegliere l’eutanasia) mi danno molta tranquillità, perché so che quando sarà abbastanza per me, posso firmarli. Se non avessi quei documenti, penso che mi sarei già suicidata. Penso che ci saranno meno suicidi quando ogni Paese avrà la sua legge sull’eutanasia.

La Vervoort, atleta di punta della nazionale belga di atletica in carrozzina, si era aperta proprio durante le Paralimpiadi brasiliane, raccontando di come fosse difficile la vita per lei in quelle condizioni.

Tutti mi vedono felice e sorridente con le mie medaglie, ma non conoscono l’altro lato di me. Ci sono giorni in cui i dolori sono insopportabili e riesco a dormire appena 10 minuti.

Aveva promesso di voler combattere un’ultima volta a Rio, disputando i 100 e i 400 nella categoria T52, prima del ritiro, e lo ha fatto. Poi si è presa il giusto tempo per pensare a sé, alla propria vita, ai suoi affetti, e per scegliere ciò che ha reputato essere il meglio.

Stella della nazionale paralimpica del Belgio, in patria Marieke era talmente famosa che la TV pubblica Eén le aveva dedicato, nel 2016, uno speciale in prima serata, in cui “Wielemie“, questo il suo soprannome (che è anche il nome del suo sito ufficiale), documentava la sua routine giornaliera, fra allenamenti e ripercussioni inevitabili della malattia, mostrando contemporaneamente la gioia dello sport e il dolore di ciò che la affliggeva. Che è quello che ha iniziato a farle pensare seriamente a questa drastica svolta.

In Belgio l’eutanasia è legale, e Marieke aveva le idee chiare sull’uso che voleva farne. Il dibattito sulla morte assistita, o eutanasia, è sempre molto acceso, ed è inutile dire che la divisione tra quanti sostengono il diritto di ogni persona di scegliere quando e come morire, di fronte alla consapevolezza di una malattia incurabile, e chi invece sostiene che la vita debba proseguire nel suo corso naturale, peggioramenti della patologia compresi, è ancora decisamente ampio, e probabilmente così resterà.

Noi sospendiamo ogni giudizio di fronte alla scelta di Marieke Vervoort, che è stata solo sua e perciò merita di essere rispettata a prescindere dal pensiero che si ha in merito. Però ci piacerebbe chiudere con le sue parole, che in fondo, secondo noi, rappresentano un vero e proprio inno alla tenacia e alla forza di volontà, in grado di far superare tutto, persino la sofferenza fisica:

Non ho mai pensato che sarei arrivata a Rio. [.] Nonostante la malattia, sono stata in grado di fare esperienze che altre persone possono solamente sognare. […] Il segreto è tutto qui, nella testa: quando salgo sulla carrozzina e mi preparo a gareggiare, tutte le mie ansie, timori, paure e dolori sembrano scomparire.

Ha chiesto di essere ricordata come la signora che “rideva sempre” e ha parlato della morte spiegando:

Ho un pensiero diverso sulla morte ora rispetto ad anni fa. Penso che la morte sia qualcosa che fanno su di te, vai a dormire e non ti svegli mai più. Per me è qualcosa di pacifico.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!