Tante persone provano una sorta di stupore o disagio quando vedono un maschietto che gioca con una bambola. Nella nostra cultura, ancora oggi si parla di giochi ‘da maschi’ e ‘da femmina’, e molti adulti (genitori, nonni, zii, educatori) insegnano ai bambini piccolissimi che alcuni colori, vestiti, sport e attività sono più adatti al genere maschile, altri al genere femminile.

Quello che queste persone ignorano è l’importanza del gioco per la costruzione della personalità infantile.

Quando un bambino gioca con una bambola, sta vivendo nell’universo ludico l’esperienza di prendersi cura degli altri. Sta acquisendo importanti competenze cognitive ed emotive che gli permettono di sviluppare la sua empatia e sensibilità verso il mondo e le altre persone. Limitare un bambino nel suo gioco gli impedisce di esplorare tutte le sue potenzialità.

Quando educhiamo un bambino, stiamo costruendo il futuro dell’umanità. Ciò che insegniamo ai nostri piccoli oggi avrà un grande impatto nelle loro azioni nel mondo domani.

Viviamo in una società in cui tante donne si lamentano di aver a che fare con uomini insensibili, con padri assenti, con compagni poco coinvolti con le faccende domestiche e con le cure dei propri figli.

Tuttavia molte volte queste donne sono le stesse che poi prendono in giro un bambino come mio figlio, che porta felice la sua bambola in giro nel suo passeggino rosa senza provare alcun imbarazzo.

Educare una società alla sensibilità e alla parità di opportunità (e responsabilità) per maschi e femmine comincia a casa nostra, nel modo in cui educhiamo i nostri figli. Lasciamo che i maschietti giochino con le bambole. Forse così diventeranno migliori padri, zii, fratelli, medici, infermieri, maestri… Esseri umani più amorevoli verso le persone con cui si relazionano“.

È, del resto, quello che cerchiamo di far capire da tanto tempo, attraverso articoli, testimonianze, interviste: perché qualcuno sente ancora la necessità di associare il gioco al sesso, di distinguere le attività ludiche, i colori, persino la letteratura, in “cose da maschi e da femmine”?

Lo ribadisce Cyntia, mamma del piccolo Lucas e fondatrice della pagina di educazione parentale Vola, uccellino: chiudendoci in questi ormai datati stereotipi di genere non riusciamo a comprendere che l’educazione dei futuri uomini e donne passa anche, e soprattutto, dalle opportunità che noi adulti concediamo loro di sentirsi liberi di esplorare, e di esprimersi, pure attraverso il gioco.

Che il male non sta nei bambini che giocano con le bambole o nelle femmine che amano le macchinine, ma nelle implicazioni che il nostro cervello da adulti, incanalato in anni di troppi tabù e cliché sessuali, vede in attività di questo tipo.

E che se vogliamo contribuire a crescere generazioni in cui le donne non si sentano più sminuite professionalmente, abbandonate nelle faccende domestiche, o, peggio, parte di una società che non le tutela e anzi le mette in pericolo con la sola scelta di doversi difendere, il punto di partenza è proprio questo.

Insegnare ai maschietti che non c’è nulla di vergognoso nel saper cucinare o riordinare la casa, che le femmine hanno ugual valore e uguali possibilità sotto ogni punto di vista, che le persone vanno rispettate in quanto tali e non per ciò che rappresentano o solo se rispondono alle aspettative che la società riserva loro.

Queste sarebbero ottime basi per liberarci dal sessismo, ma anche dall’omofobia, e dalle discriminazioni in generale. Se solo noi adulti smettessimo di considerare la cucina “roba da donne”, il rosa “roba da gay” e ci limitassimo a volere figli semplicemente felici.

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