Immaginate di andare in un negozio, di perdervi tra tutti i capi esposti, di riuscire finalmente a trovare quello che vi piace da impazzire, di comprarlo e poi di arrivare a casa e scoprire che è tossico!

Un allarme, quello degli abiti tossici, che Greenpeace ha lanciato nel rapporto Toxic Threads – The Fashion Big Stitch-Up, evidenziando la presenza di alcune sostanze chimiche nei tessuti di certi brand.

Per lanciare questa denuncia, Greenpeace ha analizzato 141 capi, sia per adulti sia per bambini, sia in fibre naturali sia in fibre artificiali, prodotti in prevalenza in Paesi in via di sviluppo, si 20 famosi brand modaioli: Benetton, Jack & Jones, Only, Vero Moda, Blažek, C&A, Diesel, Esprit, Gap, Armani, H&M, Zara, Levi, Victoria ‘s Secret, Mango, Marks & Spencer, Metersbonwe, Calvin Klein, Tommy Hilfiger e Vancl.

A rendere i vestiti tossici sono alcune sostanze chimiche utilizzate negli stabilimenti tessili che in prima battuta inquinano i corsi d’acqua durante la produzione (ma anche durante il lavaggio casalingo) e in seconda battuta sono pericolose per il sistema endocrino umano.

Le sostanze in questione sono NPE (composti nonilfenoloetossilati), che possono rilasciare nonilfenoli, che modificano il funzionamento dei meccanismi ormonali.

La denuncia, lanciata qualche anno fa, ha portato tante marche di quelle citate a ripulire la loro filiera produttiva, per rispettare i propri clienti, preservare la loro salute e inquinare meno l’ambiente; questi marchi sono entrati nel programma Detox di Grennepeace, che appunto promuove una moda senza sostanze tossiche.

Ma serviva Greenpeace per capire che le sostanze tossiche nei vestiti non ci devono stare?!??

Forse era meglio quando i vestiti li facevano le nonne, con la lana “fatta in casa” :)

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