Colpevoli.
Innocenti.
Colpevoli.
Benvenuti in Italia.

Ieri, 30 gennaio, la sentenza della corte d’Appello di Firenze: 28 anni alla Knox, 25 a Sollecito.

La prima cosa che mi venne in mente quando liberarono Amanda Knox e Raffaele Sollecito fu: “ma se loro non sono stati e io di certo non sono stata, (voi neanche suppongo) allora chi?”
“Com’è possibile che li rimettano in libertà dopo averli condannati? Cioè spiegatemi bene, ora dobbiamo anche risarcirli?!?”
Nel frattempo, lei torna in America quasi fosse una povera martire di guerra e scrive una specie di “Le mie prigioni” per raccontare al mondo di come abbia sofferto, un libro ovviamente divenuto milionario, perché alla gente si sà, la spettacolarizzazione piace sempre.

Sentenza omicidio di Perugia: colpevoli!
Lui, l”ingenere”, che sinceramente mi ha sempre messo addosso una certa inquietudine, lo vedi arrivare come sembrasse uscito da un film di Matrix, con l’aria spavalda di chi si sente un vip e pensa che in fondo, meglio di così non gli poteva proprio andare. Ci mancava solo che lo vedevamo fare le ospitate in discoteca e stavamo apposto. Non mi meraviglierei affatto comunque se li vedessimo entrambi nella prossima edizione dell’ Isola dei Famosi.

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Ritorniamo alla sentenza: 28 anni lei, 25 lui, a lei viene aumentata la pena per reato di calunnia, in quanto accusò Patrik Lumumba. Ad Amanda non viene data alcuna limitazione perché non ci sarebbe pericolo di fuga, a Raffaele invece vengono ritirati passaporto e documenti validi per l’espatrio.
La cosa che fa più paura però, é che in tutto questo ciarlare di questi due furbetti con l’aria da santarellini, forse si é perso di vista il motivo per cui stiamo tanto qui gli si é data attenzione: la morte di una ragazza, Meredith, morta di una morte terribile, perché questi due personaggi qui, avevano deciso che fosse arrivato il suo momento e che la sua famiglia non dovesse più rivederla. Qui si parla di una donna come noi, a cui é stato tolto il diritto alla vita, ma che avrebbe diritto di trovare pace, almeno nella mente di chi l’ha amata. I suoi familiari sono rimasti impassibili ieri sera, di fronte alla sentenza. Forse perché sanno bene che del loro dolore se n’è fatto un caso mediatico. Un caso alla D’Urso più che un caso giudiziario, un caso di cui parlare, scrivere, riparlare, permettersi di sbagliare.
Tante volte ci chiediamo davvero soprattutto in questo momento, in che razza di paese viviamo e che fine faremo. Beh, abbiamo un indizio in più: viviamo in un paese, in cui gli assassini escono a prendersi una “boccata d’aria.”

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