Ribellarsi alla violenza purtroppo non è così semplice: "finchè morte non ci separi"

In molti, troppi casi, le violenze domestiche non vengono neanche denunciate. Si va avanti e il tempo passa, nell'attesa e nell'illusione che sia stato solo un episodio. O forse due. O tre. Del resto, "una giornata storta capita a tutti no?"

La settimana scorsa c’è stato “il caso” Di Cataldo, messo in evidenza rispetto agli altri perché trattandosi di “gente famosa”, gente che se viene picchiata, malmenata o ferita, sembra soffrire di più.

Tra i vari post sull’argomento, commenti etc. mi saltano all’occhio quelli di alcune femmine, definibili tali solo perché dotate di ovaie, che probabilmente non avevano nulla di meglio da fare mentre si asciugava lo smalto sui piedi, se non aprire la bocca e dargli fiato.
“Se l’è voluta lei”, “Se l’è cercata, se dopo tanti anni che la picchiava ancora non l’aveva lasciato”. Cose simili insomma, da pelle d’oca e brividi lungo la schiena.
Ora, mi dici come ti salta in mente cervello di gallina, senza offendere la gallina che ha comunque una sua utilità, di dire, pensare e poi addirittura scrivere una cosa del genere?
Questo è il tipo di “solidarietà” femminile che nonostante tutto rende noi donne ancora deboli rispetto agli uomini. Ma su questo argomento si potrebbe scrivere un articolo a parte.
Dietro ogni sorriso di una donna che anche solo una volta è stata picchiata, si nasconde un dolore intimo e privato che nessuno capirà mai, quella sensazione di aver perso un pezzo di sé, quel fallimento che non vorresti dover ammettere neanche a te stessa.
Chi te la ridarà la tua dignità? Nessuno.
Nessun kit di sopravvivenza, ne manuale d’uso che t’insegni a raccogliere da quel pavimento la tua anima e il tuo amor proprio. Dovrai farlo da sola.
Questo significa violenza. Significa violentare se stesse ogni volta, darsi delle spiegazioni che ci convincano che il problema non sei tu e che davanti a te hai un bambino intrappolato nel corpo di un uomo, troppo vigliacco per prendersela con se stesso o con chi davvero l’ha ferito, troppo debole e insicuro da doversi mettere una maschera d’odio per rivalutarsi, svalutando te.
Non ci sarà nessuna vendetta che ti restituirà quella dignità, calpestata e presa a calci più volte su quel pavimento, ne dovrai costruire una tutta nuova, fatta di piccole conquiste e tante cadute, di fragilità e debolezze che verranno fuori ogni volta che il pensiero torna lì, a quando lui ti ripeteva: è colpa tua, sei tu che mi hai esasperato.

Prendete ciò che rimane di voi e portartelo in salvo, fate forza sui vostri tacchi e risollevatevi, mettete tutto quello che di buono vi è rimasto, trucchi e vestiti, sogni e speranze, nella vostra borsa preferita.
Chiudete porte, aprite portoni, finestre, cancelli, tutto quello che trovate.
Siate forti, grandi Donne.

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