L’anno scorso Oliviero Biancato, un elettricista 52enne di Marcon (Venezia), nonostante convivesse da ben 7 anni con una grave malattia, si tuffò per salvare una 42enne di Spinea che aveva deciso di farla finita gettandosi nel Marzenego dal cavalcavia di San Giuliano.

L’uomo riuscì a salvarla.

“Mio marito è stato la sola persona a muoversi, e ce n’erano sul cavalcavia. Non so in che Paese viviamo”, commentò la moglie.

Avevamo già parlato di lui e dell’assurda situazione che lo costringeva alle ferie per curarsi dal tumore, per non rischiare di perdere il lavoro. Pochi giorni fa però la famiglia ha ricevuto una lettera di licenziamento dell’uomo per la ditta mestrina per la quale lavorava. Il motivo ha lasciato tutti senza parole: “Ha esaurito i giorni di malattia concessi in tre anni (sono 274, ndr) per potersi curare. È  stato operato a giugno scorso, poi ha cominciato una prima fase “.

Disoccupato per troppi giorni di malattia a causa della chemioterapia. 

““Tra novembre e dicembre siamo stati nel limbo perché non si capiva che terapie effettuare. A metà febbraio c’è stato un nuovo ricovero, perché la malattia è ripresa. Il 24 maggio mio marito dovrà sottoporsi al sesto ciclo di chemio. Se la tac fosse andata bene lui aveva tutta l’intenzione di tornare al lavoro” Invece, per “colpa” dell’articolo 19 del contratto collettivo dell’industria Biancato è stato licenziato.

 

“Non è una questione economica, ma di avere almeno il diritto di ammalarsi. Pensi che mio marito voleva rientrare al lavoro e lasciar perdere le terapie. Se per curarsi si perde il posto, allora uno per che cosa lotta a fare”. Racconta la donna.
Un’Italia in crisi dove la dignità umana è all’ultimo posto. 

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