Tre sono le vittime, tra cui un bambino di 8 anni.

140 i feriti, 19 gravi. 10 le amputazioni. Sono questi gli ultimi numeri della tragedia della maratona di Boston che spaventa ancora l’America con l’incubo del terrorismo.  Sulle tv americane vengono trasmessi in manieri ossessiva i video delle esplosioni a 12 secondi di distanza. Grida, gente in preda al panico, angoscia e shock.

Nessuna pista viene esclusa. Potrebbe essere una matrice esterna, legata al fondamentalismo islamico, oppure interna, legata ad estremisti come quelli che il 19 aprile del ’95 fecero saltare in aria un edificio federale ad Oklahoma City, provocando 168 morti e 680 feriti.  

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Photo CNN

 

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Photo CNN

Mentre si controllano i fotogramma delle telecamere a circuito chiuso della zona, trapela la notizia che ci sarebbero delle immagini di un sospetto vestito di nero, con due zainetti sulle spalle. Si cerca inoltre il furgone preso a noleggio che è stato visto entrare nella strada della corsa appena prima dello scoppio, per poi scappare.

Pare che i due ordigni, artigianali, pieni di cuscinetti a sfera, siano stati posti dentro alcuni cestini della spazzatura lungo il marciapiede e siano stati fatti esplodere con un telecomando a distanza. Si era anche sparsa la notizia del ritrovamento di altri cinque ordigni inesplosi, oltre alle tre bombe che fortunatamente non sono scoppiate e fatte brillare dagli artificieri.

La Polizia sta interrogando un giovane straniero negli States con visto studentesco, rimasto ustionato dall’esplosione, etichettato come “persona d’interesse”, anche se gli inquirenti sottolineano che non si tratta di un sospetto.

Una città che rimane aperta, ma blindata.

Terrorizzata.

E lasciamo perdere ogni idea di complotto. I civili, comunque sia, non han mai colpa.

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