Le differenze culturali, di abbigliamento o di colore di pelle spesso tendono ad allontanare le persone. Ci percepiamo distanti da chi è diverso da noi, senza fermarci a pensare che forse l’altro tanto diverso non è. La comprensione dell’altro e delle sue convinzioni è cosa difficile, serve possedere una forte empatia e non sempre ci riusciamo. Ma quando abbiamo successo nella comprensione ci si può aprire un mondo che mai avremmo immaginato.

Hleam vive in un piccolo paese vicino a Betlemme. L’ho incontrata in una calda giornata di luglio durante un viaggio in Palestina. È musulmana, è sposata con due figli maschi e due femmine. La sua casa è cupa e sporca, l’arredamento è pressoché inesistente ma ha un televisore enorme e di ultima generazione. Indossa l’hijab e un lungo vestito nero con le maniche lunghe. Ha un viso molto bello e due occhi neri vivaci. Parla molto velocemente e con voce sicura.

Hleam si è sposata a 16 anni per mezzo di un matrimonio combinato. Un giorno la famiglia le ha mostrato la foto di un uomo, molto più grande di lei, e le ha detto: “Questo sarà tuo marito”. Ha accettato di buon grado perché così vuole la tradizione. All’epoca viveva in Giordania e si è trasferita nei pressi di Betlemme solo il giorno delle nozze.

“Se una donna vuole truccarsi deve coprirsi perché Allah non gradisce che si attirino attenzioni maschili” afferma Hleam. Ama indossare gioielli vistosi e lo fa con particolare piacere perché più sono evidenti e costosi più la gente che la vede penserà che suo marito sia ricco. La dimostrazione di essere benestanti passa anche attraverso il numero di figli: più la famiglia è numerosa, più soldi ha l’uomo che può mantenerla.

Per Hleam è stato un sollievo aver avuto almeno due figli maschi. Partorire figlie femmine è una vergogna. Mentre, se nasce un maschio le famiglie aiutano la madre, le fanno le congratulazioni e molti regali, se nasce una femmina la donna si sente dire: “Meno male che sei in salute”. È impossibile divorziare perché la donna perderebbe il diritto a vedere i suoi figli e verrebbe ripudiata dalla famiglia d’origine. Tra il vivere per strada a mendicare e restare con un uomo che magari sposa un’altra perché lei non riesce ad avere figli maschi, di solito si preferisce la seconda opzione.

Ho chiesto a Hleam se ama suo marito.
Per noi occidentali è molto difficile capire la cultura islamica. Forse non ci riusciremo mai. Noi troviamo inconcepibile sposarsi senza amore, dimenticandoci che fino agli anni ’50 poteva essere comune anche in Italia.
Lei non esita a rispondere:

Io rispetto mio marito. Non mi picchia quasi mai e comunque non lo fa pesantemente, mi dà cibo e protezione e vuole bene ai nostri figli”.

Incasso quel “non mi picchia quasi mai”. Sembra preistoria della civiltà, ma so anche che in molti paesi italiani era routine fino tre generazioni fa.
Hleam se ci sono uomini in casa non parla con loro a meno che non sia interpellata e non risponde mai su questioni di politica o economia. Non ritiene che siano di suo interesse. Quello che stona è la sua sicurezza. Parla come se fosse sottomessa ma ha grinta, sembra determinata, sicura di sé. “È un posto per uomini – dice – ma noi siamo donne forti”.

Ci sono anche donne che decidono di non sposarsi ma questo succede prevalentemente nelle grandi città come Ramallah, dove poi non vengono discriminate per la loro scelta. Nel complesso sono donne forti e intelligenti, accomunate dall’amore per la famiglia e per la loro terra. La maggior parte di loro si trucca e indossa gioielli per sentirsi più bella, anche se le musulmane integraliste poi coprono il volto perché il Corano vieta di indurre in tentazione l’uomo in qualsiasi modo. Lo fanno per sé stesse. Non tutte si sentono sicure ad uscire di casa sole, perciò la maggior parte delle volte escono in gruppo o con il marito. La nuova generazione vuole studiare, acquisire maggiori conoscenze e arrivare a titoli di studio elevati.

Ci sono indubbiamente molte differenze tra noi donne occidentali e la maggior parte delle donne musulmane come Hleam. Ma in fondo tutte lottiamo ogni giorno contro un mondo maschile che fatica a lasciar loro spazio.
Non significa giustificare una cultura arcaica, solo comprendere che non è poi così distante da quella di alcune nostre bisnonne o nonne e che, anche oggi, l’evoluto Occidente inciampa sulla questione femminile.

Chiedetelo per esempio alle donne occidentali che sono arrivate a una posizione di potere e sanno che ci sono uomini e donne che di loro dicono

Chissà con chi è andata a letto per avere il posto, “Non può essere una buona madre se lavora così tanto”, “Sarà fredda e rigida”, “Se guadagna più di un uomo non la vorrà nessuno”…

Per loro gli stipendi normalmente sono più bassi rispetto a quelli degli uomini, a volte devono firmare dimissioni in bianco per quando resteranno incinte, vengono discriminate perché ritenute da alcuni meno brave solo perché donne. Se sono fortunate, a casa hanno un marito che le aiuta con le faccende domestiche e i figli, ma ci sono ancora uomini che pensano che i doveri casalinghi spettino alla donna. Anche nelle espressioni gergali vi è discriminazione: se la donna non si sposa è “zitella”, mentre se non si sposa l’uomo si dice che è “scapolo”; se è nervosa è “mestruata” o deve “scopare di più”. Pure la donna occidentale ama truccarsi, indossare gioielli, vestirsi bene, ma deve fare attenzione a uscire di casa perché una mise troppo provocante potrebbe indurre alcuni “uomini” a pensare di avere il diritto di molestarle.

Perché i processi per stupro e i commenti della gente parlano chiaro:

se eri vestita in un certo modo o hai atteggiamenti provocanti, te la sei andata a cercare.

Dunque, eliminate differenze che possono sembrare enormi, in realtà tutte viviamo in un mondo nel quale il peso maschile è preponderante. Innegabile che in alcune aree del mondo lo scarto sia maggiore, in altre sta semplicemente avvenendo ora quello che da noi, per onestà intellettuale, non è avvenuto secoli fa, al massimo si parla di decenni.

Per il resto, tutte amiamo i nostri famigliari, abbiamo sogni, condividiamo paure e insicurezze, abbiamo bisogno di sentirci protette. Lasciar cadere il velo delle differenze può aprire le porte della nostra mente. Tentiamo di riconoscere i punti in comune e allora potremmo non solo riuscire ad avvicinarci all’altro che prima faceva tanta paura, ma anche prendere coscienza di avere tutte ancora diritti importanti da conquistare.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!