Spesso pensiamo, erroneamente, che solo le donne finiscano con l’essere irretite dai predatori sessuali, o comunque siano le vittime più facili per chi tenta di approfittare della propria posizione di potere per molestare o fare avances sgradite. In fondo, il caso Weinstein ha portato a galla una verità davvero allarmante che, come abbiamo visto, non risparmia nessun ramo lavorativo, e che ha imposto una riflessione dolorosa e profonda su quello che può avvenire, quando ci si trova di fronte a una persona che ha il comando, e a un’altra che è in cerca di un’opportunità lavorativa, o tenta di mantenere il proprio posto di lavoro.

Ma sbagliamo se pensiamo che il problema degli approcci fastidiosi e al limite dell’abuso sessuale riguardi esclusivamente il sesso femminile; evidentemente sulla scia delle confessioni stimolate proprio dalla scoperta dello scandalo che, partito da Hollywood, sta travolgendo mezzo mondo, Italia compresa, sono diversi anche gli uomini che denunciano episodi in cui sono stati coinvolti come vittime, adescati o molestati spesso da donne, altre volte da altri uomini.

Un’esperienza del genere l’ha raccontata, ad esempio, Fabio Volo, che è intervenuto nel programma radiofonico Un giorno da pecora, condotto da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro su Radio1. Lo scrittore e attore, che ha pubblicato l’ultimo libro, Quando tutto inizia, il 10 novembre 2017, ha spiegato che si tratta di un episodio appartenente alla sua gioventù, agli anni in cui tentava di esordire come cantante, “Anche perché – dice – le avances te le fanno solo quando non sei famoso“.

Andai ad esibirmi in un festival – racconta Volo – Uno degli organizzatori, che era gay, bussò alla porta della mia camera. Stavo quasi per farmi la doccia e gli aprii la porta con l’asciugamano legato in vita. Lui mi salutò e io gli chiesi se aveva bisogno di qualcosa. Mi chiese se avessi bisogno di compagnia. Io gli risposi di no, aggiungendo che mi stavo per andare a fare la doccia. Lui mi disse: ‘se vuoi ti lavo la schiena’“.

Come ha reagito Fabio a quel punto? “Ero un ragazzotto di Brescia e gli dissi: facciamo che conto fino a cinque. Se al cinque sei ancora qui ti stacco la testa!“.

Insomma, ha saputo reagire, però non nega che, sotto questo punto di vista, le cose potrebbero essere diverse nel caso in cui una ragazza si trovi di fronte a una situazione del genere. “Se fossi stato una ragazzina magari avrei avuto paura a dirlo“. Insomma, Fabio Volo non nega che, spesso, la paura di denunciare sia concreta, per motivi diversi, e che non tutte le persone che si trovano coinvolte in un episodio del genere abbiano la medesima forza per reagire e allontanarsi da quella situazione. Certo, sottolinea, nessuno si sogna di “provarci” clamorosamente con delle attrici famose, ma solo con chi è alle prime armi e cerca faticosamente di ritagliarsi un proprio posto nel mondo di cui sogna di fare parte. “A meno che non si chiami Weinstein“, dice ironicamente, riferendosi ai nomi noti che sono comparsi nell’elenco delle vittime dell’ex numero uno Miramax. In fondo, è cosa nota purtroppo che, spesso, le persone con cattive intenzioni approfittino proprio delle aspirazioni dei giovani, illudendoli per irretirli in situazioni da cui poi, non tutti, riescono a fuggire.

Fabio Volo ce l’ha fatta, ma la sua testimonianza è importante perché ricorda che l’uomo non ha solo il volto del carnefice: a volte può anche essere vittima.

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