Da quando è scoppiata la guerra molto è stato detto e scritto sulle condizioni delle donne in questo paese. Ma nonostante i soprusi, le violenze e le atrocità siano sotto i riflettori di tutti la situazione delle donne afghane è terribile e in continuo peggioramento secondo l’ultimo rapporto di Human Rights Watch (HRW).

Chi ne paga il prezzo più alto, come spesso succede, sono le donne che vivono nelle aree tribali che vengono ancora lapidate o sono vittime di esecuzioni sommarie o vengono sfigurate con l’acido, tutto questo per presunte accuse d’adulterio o solo per essere stata vittime di stupro.

Ma neanche le donne che vivono nelle città possono stare tranquille.

In Afghanistan le famiglie festeggiano la nascita di un figlio maschio, ma non quello di una femmina. Le donne sono considerate nagis-e-agl, ossia stupide dalla nascita, e per questo non possono andare a scuola; i talebani infatti sostengono che “le donne hanno il cervello più piccolo degli uomini, per cui non ne vale la pena“.

Qui il termine “donna” viene usato dagli uomini come un insulto.

Sono i maschi che intrattengono legami con il mondo esterno, mentre il lavoro delle donne si focalizza all’interno della famiglia, dato che vengono considerate una risorsa economica, alla pari della terra, del bestiame, della casa e per questo appartengono al marito. Le donne vivono in purdah, ossia recluse in casa, ad assistere gli anziani e a curare i figli. E’ inoltre a loro negato il diritto alla proprietà e all’eredità.

E’ un paese fortemente attaccato alla tradizione, infatti ogni volta che un governo “progressista” ha tentato di cambiare le norme della società e a dare un po’ di diritti alle donne ci sono state violente sommosse. Solo per citare un esempio, negli anni ’20 il Re Amanullah ha tentato di modernizzare il paese creando delle scuole elementari per le bambine e autorizzando le ragazze ad andare a studiare nella vicina Turchia, ma è stato esiliato nel 1929.

Tra il 1965 e i primissimi anni ’90, la situazione afghana per donne era un po’ migliorata grazie all’ “Organizzazione Democratica delle Donne Afghane” (DOAW) che portarono a delle riforme radicali, infatti le donne ebbero accesso all’università, si costruirono delle scuole per giovani bambine, e molte furono le donne impiegate negli uffici statali. Con la caduta del governo Najibullah nel 1992 tornò ad essere obbligatorio il burqa, il mantello che copre completamente la figura lasciando a malapena scoperti gli occhi.

La situazione peggiorò notevolmente nel 1994 quando i Talebani conquistarono il 90% del paese. Come prima cosa cancellarono di fatto le donne dalla società, chiusero le scuole e alle bambine l’unica cosa che viene concessa di studiare è il Corano.

Inoltre, sempre i Talebani, hanno introdotto molti divieti eliminando del tutto qualsiasi diritto femminile: le donne non possono lavorare, non possono uscire di casa se non accompagnate da un mehram (un famigliare maschio), non possono studiare, non possono parlare o semplicemente dare la mano a uomini che non siano mehram, non possono apparire in TV o sui giornali e non possono partecipare ad alcun tipo di riunione. E’ assolutamente vietato ridere forte e indossare abiti dai colori vivaci. Le finestre di casa devono essere oscurate in modo che non vengano viste dall’esterno e a loro non è consentito affacciarsi in strada. Per chi si dipinge le unghie è prevista l’amputazione delle dita. Per nessun motivo al mondo una donna può essere visitata da un medico uomo.burqa_spot

Inoltre chi non indossa il burqa, o lascia leggermente scoperte le caviglie, rischia la fustigazione. Un esempio è Layla donna talebana di Kabul, che il 29 maggio 1997, incinta di cinque mesi si stava recando in ospedale, ma nel tragitto, mancandole il respiro, si sollevò il burqa. Vista da una guardia fu frustata in mezzo alla strada e lasciata senza soccorso. Arrivata da sola in ospedale prese il bambino e morì in seguito a una grave emorragia derivante dalle percosse subite.

Da quando i Talebani hanno preso potere in Afghanistan è diventato legale e normale picchiare e maltrattare la donna con la scusa di “insegnarle a comportarsi e a vivere nel modo più corretto“.

Molte sono le donne disperate che scappano da casa, ma per la Corte Suprema di giustizia è reato in quanto è automaticamente associato all’adulterio, per questo oltre 2000 donne ogni anno ricorrono alla self immolation, l’unica via che sembra possibile intraprendere per liberarsi da quella cultura maschilista e oppressiva che le costringe a darsi fuoco.

Come ha detto il comandate Massud (militare e politico afghano del Fronte Unito, combattente contro il regime talebano e con il sogno di vedere un Afghanistan libero, indipendente e democratico) in una delle sue ultime interviste: “Le donne hanno due nemici da sconfiggere: la guerra e la nostra cultura.. Oggi più dell’80% di loro non sanno nè leggere nè scrivere, contro il 54% degli uomini. E’ solo dando loro la possibilità d’avere un’istruzione che avranno le armi necessarie per liberarsi“.

 

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