La lettera di Loris Bertocco: "scelgo la morte e porto con me l'amore"

Come dj Fabo, anche Loris Bertocco ha scelto la morte. In un altro paese. In un altro stato, non nel suo. Loris se n'è andato portando con sé l'amore, e la speranza che le istituzioni vogliano finalmente discutere di testamento biologico e fine vita.

Come dj Fabo, anche Loris Bertocco ha scelto la morte piuttosto che una vita che non era più la sua, in cui non voleva più stare.

La sua storia, conclusasi nella giornata dell’11 ottobre 2017 con la scelta della “dolce morte”, riapre inevitabilmente il dibattito sul testamento biologico e sul fine vita, perché anche Loris, come dj Fabo, è dovuto andare all’estero per morire, non ha potuto farlo a casa sua, fra le mura amiche, in quel letto in cui ha passato gran parte degli ultimi diciassette anni e, in realtà, buona parte della sua vita, da quando, quel terribile 30 marzo del 1977, un incidente ha stravolto la sua esistenza, dando inizio a quel calvario che solo con la morte assistita ha avuto la sua fine.

Loris ha affidato una lettera, riportata integralmente da Repubblica, come fosse una sorta di testamento spirituale, in cui racconta degli ultimi quarant’anni della sua vita, delle continue lotte per riappropriarsi del se stesso precedente all’incidente, delle illusioni portate dagli effimeri miglioramenti fisici e dei baratri profondi in cui la sua condizione puntualmente lo riprecipitava, fino alla decisione estrema, la più drastica, ma l’unica possibile per un uomo che era stanco di avere solo un’apparenza di vita, e che aveva percepito, soprattutto, l’abbandono totale di chiunque potesse dargli una mano, nel mondo delle istituzioni. Quelle stesse, dice, che gli hanno negato l’assistenza domiciliare 24 ore su 24 e che hanno alzato un muro, quelle stesse che ancora oggi nel nostro paese rifiutano l’opportunità, per chi lo desidera, di morire nell’intimità della propria casa, senza il bisogno di venire accompagnati con sotterfugi e stratagemmi all’estero.

Un’automobile mi ha investito mentre ero in ciclomotore – spiega Loris nella lettera – In realtà l’incidente ha avuto delle conseguenze molto gravi e nell’impatto c’è stata una frattura delle vertebre C5 C6 e sono rimasto completamente paralizzato”. Da lì il ricovero all’Ospedale di Padova, nel reparto di neurochirurgia, dove Loris rimane fino al 16 giugno 1977, prima di essere trasferito nell’Ospedale Civile di Vicenza, in cui rimane fino al 29 ottobre dello stesso anno“.

Nel 1980 c’è il ritorno a casa, e il recupero sembra ben avviato, a dispetto delle previsioni iniziali, tanto che, durante il giorno, con l’assistenza di familiari e amici Loris riesce a spostarsi piuttosto bene, a fare i suoi bisogni anche in piedi, nei bagni pubblici, insomma ad avere una vita normale. Fino a quando, nel 1982, una nuova caduta gli causa la frattura dell’omero, per cui c’è bisogno di un nuovo percorso riabilitativo, di altri mesi di terapie che, tuttavia, non sono sufficienti a farlo mollare.
Anzi, Loris in questo periodo continua con la sua attività nelle radio locali, cominciata già nel 1985, aiutato negli spostamenti dagli obiettori di coscienza al servizio di leva affidatigli dal Comune di Fiesso durante la settimana – aiuto toltogli nel 2005, dopo l’abolizione del servizio di leva-.

Questo periodo che ho trascorso in radio mi ha dato moltissime soddisfazioni e mi ha inoltre permesso di avere una vita sociale molto intensa. Frequentavo molte persone, che erano sempre disponibili ad aiutarmi. Spesso intervistavo i musicisti, per poi trasmettere le interviste in radio. Collaboravo inoltre con riviste musicali. Tutto ciò era un grande impegno ma anche una grande soddisfazione per me e per i miei amici. Andavo spesso a vedere dei concerti, sia per aggiornarmi sulle musiche che poi avrei trasmesso in radio che per passare dei momenti gradevoli in compagnia“.

Nonostante i suoi problemi, Loris non ha mai perso neppure la voglia di aiutare gli altri, di impegnarsi nella cause sociali e civili, di buttarsi in politica; era un uomo pieno di interessi, e di empatia verso gli altri, non ha mai avuto l’attitudine di chiudersi in se stesso a pensare ai suoi, di problemi.

Nel frattempo, anche la sua vista, già minata da un distacco della retina nel 1969, a soli 11 anni, peggiora: i controlli cui si sottoponeva spesso per tenere sotto osservazione la retinite devono essere sospesi nel 1977, dopo l’incidente, e da quel momento Loris diventa prima ipovedente, poi cieco.

Nella sua vita, costellata da tante difficoltà, un posto importante lo ha però sempre occupato l’amore.

Una parte importante della mia vita riguarda le mie relazioni sentimentali. Ho avuto varie relazioni affettive più o meno lunghe con donne, con le quali ho effettuato anche viaggi in Italia e all’estero. Con nessuna il rapporto è però diventato così forte da immaginare un legame duraturo. Ciò si è verificato effettivamente nel momento in cui ho conosciuto nel 1996 Anamaria, che poi è diventata mia moglie nel giugno del 1999. Anamaria aveva una sensibilità particolare e il rapporto con lei è stato molto arricchente e positivo. Dopo essersi laureata, lei era arrivata in Italia con una borsa di studio sul cinema, essendo cittadina italo-brasiliana. Anamaria aveva frequentato una scuola di regia con Ermanno Olmi e quando l’ho conosciuta era impegnata in vari lavori cinematografici, che ha sempre continuato con grande passione e dedizione, nonostante tutti i problemi che si è trovata ad affrontare nei  periodi successivi.  Insieme a lei ho cominciato ad immaginare una vita in comune ma per potere concretizzare questo nostro desiderio è sorta subito l’idea di ampliare e ristrutturare la mia vecchia casa; questo progetto si è potuto realizzare anche grazie all’aiuto dei  miei genitori. I lavori sono cominciati quando mio padre era ancora in vita (è venuto a mancare pochi mesi prima del mio matrimonio) e sono continuati anche dopo. La casa è stata terminata nel 2003 ed è diventata una bifamiliare: da una parte ci ha abitato e ci abita mia madre, e dall’altra io e Anamaria. Per pagarla abbiamo dovuto fare un mutuo e quindi tutte le nostre risorse economiche sono state indirizzate a far fronte a questo progetto. […] Nel tempo il rapporto con Anamaria si è assestato ed è diventato per me sempre più importante. Nonostante tutte le difficoltà che abbiamo avuto e che  abbiamo sempre cercato di affrontare insieme,  posso affermare con certezza che questo progetto di vita in comune è stato molto positivo e costruttivo. Lei ha comunque  continuato  tutte le sue attività e  cercato di mantenere  i suoi impegni di lavoro, che talvolta la tenevano lontana da casa. Più di qualche volta ha dovuto rinunciare ai suoi impegni, perché non è sempre riuscita a trovare una persona che mi assistesse (ad esempio ha rinunciato a partecipare al film ‘Il vento fa il suo giro’ di Giorgio Diritti).  Compatibilmente con tutto ciò non ha mai trascurato gli impegni di assistenza nei miei confronti“.

Una svolta significativa, in negativo, avviene il 6 novembre del 2000, quando, a causa di una manovra errata, l’ennesima frattura costringe Loris a rinunciare ai suoi esercizi riabilitativi, e compromette gravemente la sua mobilità. Da adesso in poi Loris ha bisogno di tre persone per salire le scale, poi non riesce più neppure così; un periodo di inattività di un anno e mezzo circa hanno completamente bloccato la sua muscolatura, obbligandolo a usare un cuscino antidecubito e quasi esclusivamente la carrozzina. Come se non bastasse, il complessivo peggioramento delle sue condizioni fisiche hanno spaventato Anamaria, che nel 2011 non è più stata in grado di affrontare la situazione, dato che l’assistenza al marito dipendeva totalmente da lei, e ha chiesto la separazione.

Questa scelta di Anamaria, che ha aggiunto sofferenza a sofferenza, è stata difficile da metabolizzare e ha avuto su di me delle forti ripercussioni negative. Oltre alla sofferenza emotiva  dell’abbandono, si faceva sempre più urgente il problema della mia assistenza, che non poteva non essere affrontata con urgenza. Devo a questo proposito aggiungere che la mia situazione familiare non mi permette di avere dei possibili sostegni: mia sorella ha una grave sclerosi multipla ed è invalida al 75% e non mi può essere sicuramente di aiuto e mia madre ha appena compiuto 80 anni e quindi non posso in questo momento contare per ovvi motivi sul loro aiuto“.

Nessun aiuto dalla Regione

L’aspetto, se possibile, più grave della vicenda di Loris è stato il graduale abbandono da parte delle istituzioni regionali; fino al 2005 l’uomo ha infatti ricevuto un contributo di 1000 euro dalla Regione Veneto, per poter coprire almeno in parte le spese necessarie per un’assistenza domiciliare; dopo il 2011, in seguito alla separazione dalla moglie e quindi alla mancanza della sua assistenza, Loris tenta di accedere a ulteriori contributi straordinari regionali, elargiti nei casi di particolare gravità. Dopo una lotta di quasi due anni, nessun risultato è stato raggiunto, nonostante Loris necessiti di assistenza h 24. 

Ho avuto per un periodo due assistenti, pagandole grazie all’aiuto di amici e a una festa per raccogliere i fondi necessari. Questa situazione non poteva durare a lungo e quindi, finiti i fondi, mi sono trovato nella condizione di pagare una sola assistente. Alcuni amici mi hanno sostenuto nelle giornate festive e nelle situazioni di emergenza o di malattia dell’assistente. Mi sono trovato comunque varie volte senza assistenza da solo a letto, senza potermi lavare o andare in bagno e rischiando di essere ricoverato in istituto. Ho cambiato varie assistenti, che duravano molto poco, data la notevole difficoltà e le energie anche fisiche necessarie nella mia assistenza“.

Solo l’incontro, nel 2013, con Mirela, è riuscito a ovviare ai problemi assistenziali di Loris: lei si occupa di lui tutto il giorno, anche nei giorni festivi, e l’uomo ha parole di profonda gratitudine per colei, dice, che l’ha salvato dal ricovero in qualche istituto. Ciononostante, le difficoltà a trovare un suo sostituto nei periodi di ferie è particolarmente complicato, soprattutto per la difficoltà nell’apprendere le tecniche per alzarlo, metterlo seduto e per quanto riguarda i brevi spostamenti che ancora è in grado di fare. Inoltre, dopo quattro anni anche la donna, dallo scorso giugno, non è più riuscita a seguirlo quotidianamente, e Loris ha dovuto cercare assistenza mettendo degli avvisi su siti di annunci in rete.

Non è facile, però, trovare personale adeguato alla mia situazione. Dev’essere in grado di aiutarmi nelle incombenze quotidiane, alzarmi, vestirmi, lavarmi, sostenermi, prendersi cura anche della casa. Deve avere la patente, per accompagnarmi. Deve saper usare il computer, che, essendo cieco e non potendo utilizzare le mani, non riesco ad usare autonomamente. Deve essere disponibile 24 ore al giorno. Non è stato tuttavia possibile sostituire Mirella. Le persone disponibili e adeguate, di fronte al carico di lavoro, di fronte alla mancanza di giorni liberi, hanno rinunciato. Ho così trovato soltanto personale improvvisato, che provava a fare il lavoro di cura senza preparazione e dedizione adeguate, pensando che potesse ridursi a piazzare il paziente davanti a un televisore o a metterlo a letto dandogli un’occhiata ogni tanto. Per non dire di peggio, di chi pensava di approfittarsene credendo di poter giocare con sentimenti, desideri, bisogni della persona“.

Negli anni, purtroppo, la situazione di Loris è peggiorata ulteriormente, in un lento degradare verso l’immobilità quasi totale. Deve essere imboccato, e ha perso l’autonomia per le funzioni corporali. L’aggravarsi della sua condizione lo hanno spinto, elaborando il pensiero nel tempo, alla scelta di fare ricorso alla morte assistita, soluzione a cui Loris è giunto dopo molte riflessioni e considerazioni:

Questo mio progressivo peggioramento fisico mi rende comunque difficile immaginare il resto della mia vita in modo minimamente soddisfacente, essendo la sofferenza fisica e il dolore diventati per me insostenibili e la non autosufficienza diventata per me insopportabile. Sono arrivato quindi ad immaginare questa scelta, cioè la richiesta di accompagnamento alla morte volontaria, che è il frutto di una lunghissima riflessione.  È infatti una scelta che sto meditando da molto tempo e alla quale sono giunto progressivamente ma in modo irreversibile.

Io sono stato e sono ancora convinto che la vita sia bella e sia giusto goderla in tutti i suoi vari aspetti, sia quelli positivi che quelli negativi. Questo è esattamente quello che ho fatto sempre nonostante l’incidente che ho avuto e le difficoltà di tutti i tipi che questo mi ha creato. Non ho mai rinunciato a niente di tutto quello che potevo fare, nonostante gli ostacoli che ho trovato e che spesso grazie alla mia forza di volontà e all’aiuto delle persone che mi sono state vicine e mi hanno voluto bene sono riuscito ad affrontare. Credo in questo momento che la qualità della mia vita sia scesa sotto la soglia dell’accettabilità e penso che non valga più la pena di essere vissuta.

Credo che sia giusto fare questa scelta prima di trovarmi nel giro di poco tempo a vivere in un istituto e come un vegetale, non potendo nemmeno vedere, cosa che sarebbe per me intollerabile. Proprio perché amo la vita credo che adesso sia giusto rinunciare ad essa vista la sofferenza gratuita sia fisica che spirituale che stanno progressivamente crescendo senza possibilità di revisione o di risoluzione positiva.

Fonte: web

Impegnato nel movimento per la “Vita Indipendente”, che chiede per le persone con grave disabilità il diritto a un’assistenza completa e autogestita, finanziata con un fondo apposito dalla Regione, Loris si è di nuovo rivolto agli uffici competenti, ai servizi sociali e al sindaco di Fiesso d’Artico, in provincia di Venezia, sollecitando direttamente l’assessore regionale preposto a queste problematiche. Ancora niente, la Commissione di valutazione regionale cui il suo caso è stato sottoposto ha risposto picche, per ben due volte, al progetto presentato dal suo comune a suo sostegno. E Loris si chiede come mai sia così dannatamente difficile essere ascoltati dagli enti istituzionali.

Perché è così difficile capire i bisogni di tante persone in situazione di gravità, perché questa diffidenza degli amministratori, questo nascondersi sempre dietro l’alibi delle ristrettezze finanziarie, anche quando basterebbe poco, in fondo, per dare più respiro, lenimento, dignità? 

Loris ha lottato per quarant’anni, praticamente tutta una vita, considerando che ne ha cinquantanove, ma di risultati ne ha visti pochi; per questo, quello che auspica nella sua lettera è almeno che le istituzioni decidano finalmente e seriamente di occuparsi di quella legge sul testamento biologico e sul fine vita che ancora è lacunosa, in modo che anche l’Italia si equiparai ad altri paesi dove da tempo è già in vigore e perfettamente legale.

Questa mia volontà, e questa mia scelta, non sono in contraddizione con la lotta per una vita indipendente da garantire comunque, anzi. Vi sono situazioni che, infine, evolvono inesorabilmente verso l’insostenibilità. Sono convinto che, se avessi potuto usufruire di assistenza adeguata, come ho già detto, avrei vissuto meglio la mia vita, soprattutto questi ultimi anni, e forse avrei magari rinviato di un po’ la scelta di mettere volontariamente fine alle mie sofferenze.

Ma questa scelta l’avrei compiuta comunque, data la mia condizione fisica che continua progressivamente a peggiorare e le sue prospettive. Avrei però voluto che fosse il mio Paese, l’Italia, a garantirmi la possibilità di morire dignitosamente, senza dolore, accompagnato con serenità per quanto possibile. Invece devo cercare altrove questa ultima possibilità. Non lo trovo giusto. 

Il mio appello è che si approvi al più presto una buona legge sull’accompagnamento alla morte volontaria (ad esempio, come accade in Svizzera), perché fino all’ultimo la vita va rispettata e garantita nella sua dignità“. 

Loris conclude la sua lettera con la serena consapevolezza di essere giunto alla fine, che il momento è arrivato.

Ora è arrivato il momento. Porto con me l’amore che ho ricevuto e lascio questo scritto augurandomi che possa scuotere un po’ di coscienze ed essere di aiuto alle tante persone che stanno affrontando ogni giorno un vero e proprio calvario. Ringrazio tutti coloro che mi sono stati vicini e che proseguiranno la battaglia per il diritto ad una vita degna di essere vissuta e per un mondo più sano, pulito e giusto.

Buon viaggio, Loris.

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